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Tredici

Author: Jay Asher

13,0016,00

DA QUESTO ROMANZO LA SERIE ORIGINALE NETFLIX
“Ciao a tutti. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette è perché voi siete una delle ragioni. Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori… Ve lo prometto.”
Quando Clay Jensen ascolta il primo dei nastri che qualcuno ha lasciato per lui davanti alla porta di casa non può credere alle sue orecchie. La voce che gli sta parlando appartiene a Hannah, la ragazza di cui è innamorato dalla prima liceo, la stessa che si è suicidata soltanto un paio di settimane prima. Clay è scolvolto, da un lato non vorrebbe avere nulla a che fare con quei nastri. Hannah è morta, e i suoi segreti dovrebbero essere sepolti con lei. Ma dall’altro il desiderio di scoprire quale ruolo ha avuto lui nella vicenda è troppo forte. Per tutta la notte, quindi, guidato dalla voce della ragazza, Clay ripercorre gli episodi che hanno segnato la sua vita e determinato, in un drammatico effetto valanga, la scelta di privarsene. Tredici motivi, tredici storie che coinvolgono Clay e alcuni dei suoi compagni di scuola e che, una volta ascoltati, sconvolgeranno per sempre le loro esistenze.
Con più di due milioni e mezzo di copie vendute soltanto negli Stati Uniti, Tredici, romanzo d’esordio di Jay Asher, è da dieci anni uno dei libri più letti dai ragazzi americani.

Informazioni aggiuntive

Editore

Data di pubblicazione

3 aprile 2018

ISBN-13

978-8804686460

Lingua

Italiano

Formato

Copertina flessibile, Copertina rigida

COD: 9078 Categoria: Tag: Product ID: 21218

Descrizione

Tredici

 

«Scusi?» ripete lei. «Quando vuole che sia recapitato?»

Mi passo due dita sul sopracciglio sinistro, premendo. Ho la testa che mi scoppia. «Fa lo stesso» rispondo.

La commessa prende il pacco. La stessa scatola da scarpe che giaceva sulla veranda di casa mia meno di ventiquattr’ore fa; avvolta in un sacchetto di carta marrone, sigillata con scotch trasparente, uguale identica a come l’avevo ricevuta. Ma indirizzata, ora, a un altro destinatario. Il prossimo sulla lista di Hannah Baker.

«Quant’è?»

La tizia posiziona la scatola su un tappetino di gomma, poi digita una serie di cifre sulla tastiera. Appoggio sul bancone il mio bicchierone di caffè da autogrill e controllo il display. Tiro fuori dal portafoglio qualche biglietto da un dollaro, pesco nelle tasche un po’ di moneta, e piazzo i soldi davanti a lei.

«Temo che il caffè non abbia ancora fatto effetto» osserva. «Manca un dollaro.»

Le do il dollaro e mi stropiccio gli occhi assonnati. Il caffè ora è quasi freddo, tanto che devo sforzarmi per trangugiarlo. Ma ho assolutamente bisogno di svegliarmi.

O forse no. Forse è meglio passare la giornata mezzo addormentato. Forse è l’unico modo per arrivare fino a sera.

«Dovrebbero recapitarlo domani» aggiunge lei. «O al massimo dopodomani» e lascia cadere il pacco in un carrello alle sue spalle.

Avrei dovuto spedirlo dopo la scuola. Avrei dovuto concedere a Jenny un giorno in più di pace.

Anche se non se lo merita.

Rientrando domani, o dopodomani, troverà sulla porta di casa un pacco. Oppure, se la madre, il padre o qualcun altro rincaserà prima di lei, se lo ritroverà magari sul letto. E sarà tutta emozionata. È successo pure a me. Un pacco senza mittente? Si sono dimenticati o l’hanno fatto apposta? Sarà mica un’ammiratrice segreta?

«Vuole la ricevuta?» Faccio segno di no.

Un piccolo registratore di cassa la stampa lo stesso. Io sto a guardare, mentre la commessa strappa il foglietto lungo i dentini di plastica e lo butta in un cestino.

C’è un unico ufficio postale in città. Chissà se è la stessa impiegata che ha servito anche gli altri della lista, quelli che hanno ricevuto il pacco prima di me. Si saranno tenuti la ricevuta per ricordo? L’avranno infilata in fondo al cassetto della biancheria? Oppure infilzata su una bacheca di sughero?

Faccio quasi per richiedergliela. Sono sul punto di dire: “Mi scusi, ci ho ripensato. Posso avere la ricevuta?”. Così, per ricordo.

Ma se avessi voluto un souvenir, avrei potuto copiare i nastri o tenermi la mappa. In realtà, non desidero sentirne parlare mai più. Anche se la sua voce resterà per sempre con me. E le case, le strade, la scuola continueranno a ricordarmela.

Non è più un problema mio. Il pacco è già partito. Esco dall’ufficio postale senza ricevuta.

Vicino al sopracciglio sinistro, la testa continua a martellarmi. Ogni volta che deglutisco avverto in bocca un sapore amaro, e più mi avvicino a scuola, più mi sento sul punto di crollare.

Voglio collassare. Voglio spalmarmi all’istante sul marciapiede e trascinarmi in mezzo all’edera. Perché, oltrepassata quella, il marciapiede fa una curva lungo il perimetro esterno del parcheggio della scuola. Poi, taglia dritto in mezzo al prato, fino all’ingresso dell’edificio principale. Attraversa il portone e diventa un corridoio che si snoda tra file di aule e armadietti su entrambi i lati, fino a varcare la soglia sempre aperta della classe, alla prima ora.

Lì davanti, rivolta verso gli studenti, ci sarà la cattedra del prof Porter. Lui sarà l’ultimo a ricevere un pacco senza mittente. E in mezzo, a sinistra, ci sarà il banco di Hannah Baker.

Vuoto.

Ieri

Un’ora dopo la scuola

 

Un pacco grande quanto una scatola da scarpe è appoggiato contro la porta di casa mia. La porta ha una piccola buca in cui infilare la posta, ma tutto quello che è più spesso di una saponetta viene lasciato fuori. Uno scarabocchio sull’involucro indirizza il pacco a Clay Jensen, così lo raccolgo ed entro in casa.

Lo porto in cucina e lo appoggio sul bancone. Apro il cassetto delle cianfrusaglie e pesco un paio di forbici. Passo la lama attorno al coperchio e lo sollevo. Dentro c’è una specie di tubo fatto di plastica con le bolle. Lo srotolo e trovo sette audiocassette sfuse.

Ogni cassetta ha un numero blu in alto a sinistra, scritto forse con dello smalto per unghie. Ogni lato ha un suo numero.

Uno e due sulla prima cassetta, tre e quattro sulla seconda, cinque e sei sulla terza, e così via. L’ultima ha un tredici scritto su un lato e niente sull’altro.

A chi verrebbe mai in mente di spedire una scatola piena di cassette? Nessuno le ascolta più. Non so nemmeno se abbiamo ancora un mangianastri.

In garage! Lo stereo sul tavolo da lavoro. Papà l’ha comprato a una svendita. Glielo tiravano dietro. È di quelli vecchi, non importa se si copre di segatura o di schizzi di vernice. Ma la cosa fondamentale è che ha un mangianastri incorporato.

Trascino uno sgabello davanti al tavolo, butto lo zaino per terra, e mi siedo. Schiaccio EJECT. Lo sportellino di plastica si apre e c’infilo dentro la prima cassetta.

 

Cassetta 1: lato A

>>

Ciao a tutti, ragazze e ragazzi. Qui è Hannah Baker. Dal vivo e in stereofonia.

Non ci posso credere.

Niente rimpatriate. Niente bis. E stavolta, neppure una richiesta.

No, non è possibile. Hannah Baker si è uccisa.

Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette, è perché voi siete una delle ragioni.

Cosa?! No!

Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori… Ve lo prometto.

Cos’è, una specie di macabro biglietto d’addio?

Prima di suicidarsi, ha registrato una serie di cassette. Ma perché?

Le regole sono semplicissime. Sono solo due. Regola numero uno: ascoltare. Regola numero due: consegnare il pacco agli altri. Mi auguro solo che nessuna delle due sia troppo facile per voi.

«Cosa ascolti di bello?»

«Mamma!»

Mi butto sullo stereo, schiacciando più tasti contemporaneamente.

>>

«Ehi, mi hai fatto venire un colpo!» dico. «Niente. Solo una ricerca per la scuola.»

È la mia risposta fissa. Torno a casa tardi? Una ricerca per la scuola. Ho bisogno di qualche soldo in più? Una ricerca per la scuola. E ora, i nastri di una ragazza. Una ragazza che due settimane fa ha ingerito una manciata di pillole.

Una ricerca per la scuola.

«Posso sentire?» chiede.

«Non è roba mia» rispondo, sfregando la punta della scarpa contro il pavimento di cemento. «Sto aiutando un amico. È per Storia. Una noia…»

«Bravo, è molto carino da parte tua.» Poi si sporge oltre la mia spalla e solleva un panno impolverato, uno dei miei vecchi pannolini di stoffa, per prendere un metro da sarta nascosto lì sotto. Mi dà un bacio in fronte. «Allora ti lascio in pace.»

Aspetto finché la porta non si richiude, poi piazzo un dito su PLAY. Ho le dita, le mani, le braccia e il collo molli come quelli di un burattino. Mi sento completamente svuotato. Non ho nemmeno la forza di premere il tasto di uno stereo.

Afferro la pezza e la butto sopra la scatola da scarpe, tanto per cancellarne la vista.

Vorrei non aver mai posato gli occhi su quel pacco o sulle sette cassette che contiene. Premere PLAY la prima volta è stato facile. Un gioco da ragazzi. Non avevo idea di cosa ci fosse registrato.

Ma adesso, è una delle sensazioni più terrificanti che abbia mai provato.

Abbasso il volume e schiaccio PLAY. …

>>

…uno: ascoltare. Regola numero due: consegnare il pacco agli altri. Mi auguro solo che nessuna delle due sia troppo facile per voi.

Una volta che avete finito di ascoltare tutti e tredici i lati – perché ogni storia ha tredici lati – dovete riavvolgere le cassette, rimetterle nella scatola e consegnarle alla persona che viene dopo di voi nel racconto. E tu, fortunato numero tredici, sei liberissimo di portartele con te all’inferno. Chissà, magari ci rivedremo laggiù, sempre se ci credi.

Qualora foste tentati di infrangere le regole, sappiate che ho provveduto a fare una copia di ogni nastro. Se il pacco non dovesse raggiungere tutti i diretti interessati, tali copie diventeranno subito di dominio pubblico.

Il mio non è stato un gesto avventato.

Non datemi per scontata… una seconda volta.

No. Non può pensarlo sul serio.

Vi tengo d’occhio.

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