Descrizione
CAPITOLO 1
Dicembre
Aforisma del giorno: Non importa cosa trovi sotto l’albero, ma chi trovi intorno. (Stephen Littleword)
Non appena misi piede sul vialetto di casa dei miei, sentii una spiacevole sensazione di nausea invadermi lo stomaco.
Odiavo quel posto e tutto ciò che rappresentava, quella vita e quelle insicurezze che stavo cercando di lasciarmi alle spalle un passetto alla volta. Per questo motivo non tornavo quasi mai a casa.
Eppure, quando tua madre invita te e il tuo ragazzo a trascorrere il Natale insieme, come una famiglia, la lista delle scuse plausibili per declinare l’invito si svuota e a te non resta che fare un respiro profondo e fingere entusiasmo.
Per una fortuita – o forse no – serie di coincidenze, poi, Joel era libero dagli impegni di lavoro per almeno due settimane, perciò, ecco, era stato proprio impossibile rifiutare di passare qualche giorno a Roseburg.
Il fatto era che non riuscivo ancora a prendere di petto i miei genitori e dire loro che non volevo più mettere piede in quella città. Che poi, non era la città il problema. Erano mia madre e mio padre.
Sentii la mano calda e grande di Joel infilarsi nella mia e stringerla. Ecco, mi bastava quello per sentirmi più forte, per sciogliere un po’ del gelo che mi aveva invaso il petto.
«Piccola, sembra che tu stia guardando l’ingresso di una casa infestata o roba simile.»
Sollevai lo sguardo sul mio uomo e sospirai. A volte ancora non mi sembrava vero che lui, Joel Evans, batterista degli ScreamDreams e superstar internazionale, potesse essersi innamorato di me. In fondo, ero una ragazza comune, anche abbastanza impacciata e con la fastidiosa tendenza a straparlare in situazioni di imbarazzo.
«Lo preferirei» ammisi sconfitta, muovendo un passo verso l’ingresso di casa dei miei.
«Ci sono io con te, okay? Dai, andrà bene.»
Sì, come no. Joel aveva visto i miei genitori al massimo un paio di volte in tre anni e in entrambe le occasioni gli incontri erano stati rapidi e pieni di inutili convenevoli. Quando lui se ne andava, poi, a me toccava la sfilza di considerazioni di mia madre, che non mancava mai di rimarcare quanto fosse assurdo che un tipo come lui potesse provare interesse per una ragazza comune come me. Grazie mamma, ti amo anche io.
In verità, se Joel non fosse stato ricco e famoso, di sicuro i miei lo avrebbero odiato. Un tizio pieno di tatuaggi e piercing, con il sorriso da ragazzaccio e l’atteggiamento sbruffone da padrone del mondo. Lo avrebbero etichettato come un drogato e un criminale e avrebbero sottolineato la mia scarsa capacità di giudizio quando si trattava di uomini. Del resto, con il primo che avevo avuto, le cose erano finite di merda. Perché non avrebbe dovuto essere lo stesso anche con il secondo?
Per fortuna, Joel era famoso e ricco da fare schifo, perciò, almeno nei suoi confronti, i miei genitori non erano sgradevoli.
«Harp?»
«Sì. Okay, andiamo.» Feci un nuovo passo avanti, mentre Joel si girava verso la macchina a noleggio che avevamo preso all’aeroporto, per controllare di averla chiusa.
Mi strinsi nello spesso cappotto verde e, mano nella mano con il mio ragazzo, mi avviai lungo il vialetto che portava all’ingresso di casa Scott.
Fu Joel a bussare, sotto il mio sguardo allarmato.
«Scusa, Harp, ma non ho voglia di restare qui fuori altri venti minuti. Mi si sta ghiacciando il culo» si giustificò con un sorrisetto.
Gli avrei perdonato tutto con quel sorriso furbo. Non era giusto che una persona avesse un sorriso così fantastico.
La porta di casa si aprì e il viso tondo di mio padre spuntò dall’interno, mostrando un’inaspettata espressione di gioia quando ci vide.
«Siete arrivati in anticipo! Entrate, coraggio!»
Sparì dentro casa, chiamando a gran voce mia madre che doveva essere al piano di sopra. «Questo entusiasmo è sospetto» commentai, lanciando un’occhiata a Joel. «Forse dovresti scappare.»
Lui scoppiò a ridere e mi circondò le spalle con un braccio, sospingendomi con delicatezza all’interno.
Non era cambiato niente dall’ultima volta che ero stata lì, ed erano passati circa due anni. Joel non aveva mai messo piede in casa dei miei, perciò si guardava intorno interessato, mentre io sprofondavo sempre più in spiacevoli ricordi legati alla mia adolescenza.
«Harper, Joel! Ben arrivati» esordì mia madre, scendendo la scalinata che portava al piano di sopra. Anche se si trattava di una comune scala addossata alla parete, l’eleganza con cui la mamma era in grado di scivolare sui gradini la faceva sembrare una star che percorre la gradinata alla notte degli Oscar.
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