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Game of Titans: Ascesa al Paradiso (Game of Gods Vol. 2))

17,00

CINQUE FRATELLI PIÙ POPOLARI DI YALE UNA FAMIGLIA CHE NASCONDE SEGRETI INCONFESSABILI

LA SFIDA PER CONQUISTARE L’OLIMPO SEMBRA IMPOSSIBILE DA VINCERE

Siete pronti a entrare nel Labirinto?
Da quando Haven ha incontrato la pazza famiglia Lively, la sua vita è cambiata. Dopo avervi rinunciato all’incontro con Hades e ai soldi, la ragazza ha un’ultima opportunità per saldare i debiti del padre: cedere ai giochi dei Titani Crono e Rea, sull’Olimpo. Entrare nel Labirinto del Minotauro potrebbe essere infatti l’occasione per chiudere ogni conto in sospeso.
Nessuno può rivelarle cosa si nasconde dentro quel luogo misterioso, ma Haven è determinata a vincere. Come Teseo sconfisse il Minotauro alleandosi con Arianna, però, anche lei deve capire di chi fidarsi.
L’altra parte della famiglia, che conosce gli orrori di cui Crono è capace, vuole aiutarla. Ma mentre trapelano nuovi segreti e antiche figure del passato tornano a perseguitarla, il filo rosso che rappresenta la sua unica via d’uscita si rivela essere più fragile di quanto sperasse.
I suoi ricordi sono stati manipolati, e la verità è nascosta dalle bugie che il Titano ha abilmente costruito fin da quando lei era piccola. Haven e Hades dovranno lottare per la loro ascesa al Paradiso, ma con i giochi dei Lively, spesso per vincere la partita bisogna essere disposti a perdere qualcosa.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

16 aprile 2024

ISBN

978-8820077723

Lingua

Formato

Copertina flessibile

COD: 10283 Categoria: Tag: Product ID: 22051

Descrizione

0

I FRATELLI

In principio c’era il Caos: il buio, il vuoto, l’assenza di qualsiasi direzione, la confusione. Nel Caos primordiale della mitologia greca tutto già esisteva, ma senza alcun ordine, senza nome né forma.

ESISTONO due tipi di persone al mondo: quelle che vedono il bicchiere mezzo pieno e quelle che lo vedono mezzo vuoto. Io avevo scelto di vederlo come un semplice bicchiere con dell’acqua dentro, a prescindere dalla quantità.

Mi ero sempre fatta bastare ciò che la vita mi dava, con la rassegnata consapevolezza che fosse, in effetti, poco. Avevo chiuso in un angolo della mia testa la vocina che sussurrava: «Il tuo bicchiere è mezzo vuoto, Haven. Hai un dito d’acqua e devi dissetarti con quello».

Finché non è arrivato Hades Malakai Lively, con la sua famiglia di pazzi e amanti dei giochi, a mostrarmi che, in fondo, non c’è nulla di male nell’ammettere di volere di più.

Ho avuto l’occasione di ottenere il mio bicchiere pieno fino all’orlo, al punto da vedere l’acqua straripare. Tredici milioni di dollari per colpire Hades, in ginocchio davanti a me e senza alcuna intenzione di difendersi, fino a mandarlo al tappeto.

E non l’ho fatto.

«Voi sareste la parte sana della famiglia? Sul serio?» esclama Crono, con una botta improvvisa d’ilarità.

Riporto la mia attenzione su Ares. Su quello che ho sempre conosciuto come Percy. Ha le braccia incrociate al petto.

«Hai sentito bene» risponde con tranquillità. «Alla fine, la vecchiaia ci sta andando piano con te, eh? Quanti anni hai, zietto?» Se gli sguardi potessero uccidere, Ares sarebbe già morto venti volte. Crono fa un passo avanti. «Mi ripeto e ti faccio scegliere, Ares: scendo io a prenderti a pugni e ti trascino fuori da qui, oppure chiamo uno dei miei uomini e mi godo lo spettacolo senza alzare un dito.»

Ares sembra divertito dalla minaccia. «E ce la fai, a picchiarmi, Vecchio Sarcofago?»

Devo mordermi l’interno della guancia per non scoppiare a ridere.

Mentre i due competono in una gara di sguardi, punto la mia attenzione oltre Ares. Incrocio il viso di Lizzie, cioè Hera, e vado oltre. Al suo fianco c’è un ragazzo dalla folta chioma celeste. I capelli sono spettinati e gli ricadono sulla fronte, andando a coprire anche buona parte degli occhi; ogni tanto li sposta con la mano, per liberare la visuale. Ha il viso da bambino, ma il corpo di un uomo. La canotta nera lascia libere le braccia toniche ed è abbastanza scollata da mostrare il petto ampio. Quando i suoi occhi incrociano i miei, le labbra si distendono in uno dei sorrisi più belli che abbia mai visto. Ampio e luminoso, come il mare. Poseidon.

E, di conseguenza, lì accanto c’è Zeus. Sembra più grande dei fratelli e della sorella, eppure credo sia solo apparenza. Ciocche color grano incorniciano il suo viso adulto, in un disordine studiato, e sono della stessa tonalità della rada barba che gli punteggia il viso. I suoi lineamenti sono rigidi, squadrati e di una bellezza letale. La sua espressione non tradisce alcuna emozione. È il più alto, dalle ampie spalle e dalla stazza che incute soggezione solo a guardarla.

«Voi sapevate di… loro?» indago. I miei occhi si fermano su Hades, nonostante la domanda sia rivolta a tutti.

Hades annuisce e, per un secondo, mi sento mancare la terra da sotto i piedi. «Sì, ma non sapevamo che faccia avessero» precisa.

«Ciò di cui eravamo a conoscenza era che i nostri zii hanno seguito le orme dei nostri genitori» si aggiunge Apollo. «Adozioni numerose, con figli chiamati come dèi greci.»

«E che loro studiano all’università di Stanford, in California» interviene Athena. Ha il corpo rivolto verso i nuovi arrivati, in una posizione rigida e innaturale, quasi da combattimento. Come se i suoi cugini potessero far partire un duello all’ultimo sangue.

Sto per porre una seconda domanda, quando le porte si spalancano di nuovo. Un’altra figura si aggiunge ai fratelli, ma non c’entra assolutamente nulla con loro.

«Oh» dice il nuovo arrivato, guardandosi attorno con aria stupita.

Crono aggrotta la fronte e lo indica. «E lui chi diamine è?»

Hades alza gli occhi al cielo. «Che cazzo ci fai tu qui?»

Liam solleva una mano in aria, in segno di saluto. «Buongiorno a tutti, come va?» I suoi occhi scivolano di persona in persona e si fermano su una. «Ciao, Athena. Sei sempre la più bella.»

Ares sghignazza e gli circonda le spalle con il braccio, attirandolo a sé. «L’abbiamo portato noi» ci informa. «Pensavamo fosse una buona idea.»

«Ora ho i miei dubbi anche io sul fatto che siate la parte sana della famiglia» ammetto.

Ares cattura il mio sguardo e un lampo gli attraversa le pupille nere come la pece. «Perché non passi un po’ di tempo con me e lo scopri da sola, Haven?»

Un ringhio animalesco di Hades riempie la sala. «Perché non passi tu un po’ di tempo con me e scopriamo, invece, quante ossa riesco a romperti?»

Ares fa per rispondere, ma Crono solleva le mani in aria e richiama l’attenzione su di sé. «Ares è un provocatore nato, Hades. Si nutre del conflitto. Gli piace litigare. E se gli dessi un pugno, ti riderebbe in faccia. Lascialo stare, sa che il tuo punto debole è Artemis.»

«Io non mi chiamo “Artemis”» sibilo.

«Sì, infatti, lei si chiama “Haven”» interviene Liam in tono serissimo, come se Crono non conoscesse il mio nome.

Ares gli dà una pacca sulla schiena e lo spinge indietro, dritto da Hera.

Crono rivolge un cenno del capo a qualcuno alle mie spalle. Non ho il tempo di pormi domande, perché gli invitati si alzano dai tavoli e cominciano a sgomberare la sala in file ordinate, senza emettere un fiato.

«Scusate» irrompe la voce di Liam, che preme l’indice con insistenza sulla spalla di Zeus. «Anche voi avete un frutto che vi piace molto? Tipo, che ne so, le pere?»

Qualcuno attorno a me grugnisce, qualcun altro borbotta delle proteste. Zeus fissa Liam dall’alto dei suoi quasi due metri, e inarca un sopracciglio. Il suo silenzio dice tutto. «Sai chi sono io?» domanda, alla fine.

Riceve una scrollata di spalle in risposta.

«Zeus.»

Liam sgrana gli occhi e ritrae la mano, poi retrocede, allontanandosi da lui. «Accidenti, è uno grosso. Mi scusi, signor Zeus.»

Hera, alla sua sinistra, gli poggia una mano sulla spalla e adotta un’espressione cupa, opposta all’aria gentile che aveva quando l’ho conosciuta. «Basta.»

«Ora che siamo da soli: parliamo.» Crono alza le braccia al cielo, in una finta resa nei confronti di Ares. «Cosa sei venuto a fare a casa mia?»

Ares mi indica. «Voglio riportare Haven a Yale, dalla sua vera famiglia.»

«Non ho finito con lei» risponde di getto. «Se ne andrà quando avremo…»

«Se ne andrà ora» lo interrompe Ares. Mi fa un cenno con la mano. «Vieni, Haven.»

Hades ha la mascella serrata. In questo momento, non so se ce l’abbia di più con suo padre o con Ares.

La mia testa scatta da Hades ad Ares, senza trovare risposta. È chiaro che mi fido del primo. Così come è chiaro che, a prescindere, il posto in cui voglio stare è con Hades e nessun altro. Ma il fatto che suo padre mi chiami «Artemis» e abbia questo desiderio inquietante di adottarmi comincia a farmi rivalutare le mie scelte. Ares vuole solo che torniamo a Yale. Non è logico che debba andare da lui?

«Haven?» mi richiama Hades.

Mi muovo in avanti verso di lui, ma la voce di Ares mi manda nel pallone e finisco per fermarmi a metà strada. «D’accordo» sbotto. «Io non ci sto capendo nulla qui. So solo che c’è un uomo che vuole adottarmi e cambiarmi nome, e non una, ma ben due famiglie matte che prendono la mitologia greca troppo sul serio. Sapete cosa? Sono stufa di tutti quanti. Voglio sapere ogni cosa, partendo da chi siete e arrivando a perché un tipo di nome Crono vuole diventare mio padre.»

Nessuno fiata. Poi Ares si volta verso Poseidon. «Che ti avevo detto?»

Poseidon sorride e annuisce. «Ha la lingua lunga, la ragazza. Mi piace.»

Alle mie spalle, Crono sospira, dando un primo segno di arrendevolezza. O, almeno, così mi illudo. «I miei genitori si chiamano Urano e Gea. Adottarono due bambini da un orfanotrofio: me e mio fratello Iperione. Io ho sposato Rea. E mio fratello ha sposato una donna di nome Teia.»

So che Urano e Gea sono altre figure della mitologia, l’ho studiato in un corso di Storia greca. Rappresentavano il cielo e la terra, la creazione del mondo. Così come riconosco il nome «Iperione», che è quello di un altro Titano. Suppongo che anche «Teia» lo sia.

«Iperione e Teia sono i genitori di Ares, Zeus, Hera, Poseidon» conclude. Nella sua voce c’è una nota sinistra, suona quasi come… rancore.

Una mano si solleva per aria. Liam sta chiedendo la parola. Con mia sorpresa, Crono alza gli occhi al cielo e gli dà il permesso. «Voi non avete seguito alla perfezione i legami di parentela dei Titani e degli Olimpi. Se non sbaglio, Zeus, Hades e Poseidon erano fratelli. Insieme a Hera. Eppure, nella vostra famiglia, sono separati.»

Assottiglio gli occhi, la domanda di Liam mi sembra intelligente.

Crono si gratta il mento, con l’aria di uno che, tra tutte le domande esistenti al mondo, si è sentito porre l’ultima a cui vorrebbe rispondere. «Noi non adottiamo bambini a caso. Li scegliamo. Abbiamo sempre tenuto d’occhio diversi orfanotrofi sparsi per i diversi Stati. I più intelligenti, particolari, dotati di una migliore attività cerebrale erano i nostri prescelti.» Espira con forza.

«Allora perché Hades non è lì, con Zeus, Poseidon ed Hera?» chiedo.

Sentire la domanda una seconda volta deve far scattare qualcosa in lui. Perché il viso gli si distorce e diventa paonazzo. «Me li hanno rubati!» sbraita, con una forza tale da farmi indietreggiare per lo spavento.

Crono ha le mani strette a pugno lungo i fianchi e gli occhi che divampano.

«Rubati? Da tuo fratello e la moglie?»

Annuisce. «Si sono presi Zeus, Poseidon ed Hera. Anche se li avevamo trovati prima io e mia moglie. Sono scappati con i miei figli.» Si calma appena. «Perciò abbiamo deciso di continuare la famiglia senza seguire i legami originali.»

Le sue parole mi riempiono la testa. Le metto da parte, ricostruendo mentalmente ciò che ricordo dell’albero genealogico dei Titani e degli

Olimpi. Zeus, Poseidone, Ade ed Era non erano gli unici figli di Crono e Rea. C’erano anche Demetra e un’altra di cui mi sfugge il nome. Ma non è quello l’importante. Il punto è un altro. E, quando arrivo alla conclusione, mi viene la nausea.

«State ancora cercando di completare la famiglia, non è vero?» sussurro.

Tutti gli occhi si puntano su di me, ma lo sguardo di Crono è l’unico che ricambio. Sorride, soddisfatto, come se avessi appena superato un altro test. «Ci hai messo un po’ più di quanto mi aspettassi, ma sono lieto che tu ci sia arrivata.»

Crono comincia a camminare, avanti e indietro, e giocherella con l’anello che ha al dito. «Urano e Gea volevano dei figli che mandassero avanti l’albero genealogico, seguendo i legami che insegna la mitologia. All’inizio, a me e mio fratello non hanno dato un nome. Dovevano ancora scegliere chi, tra noi due, meritasse di essere Crono. Il prescelto avrebbe adottato i tredici Olimpi, e li avrebbe distribuiti qui, nelle sale gioco, aiutandolo a espandere il suo impero e facendolo arricchire. Purtroppo, quando Urano scelse me, Iperione non ne fu contento. E quando scoprì del labirinto e della sua pericolosità, iniziò a metterci i bastoni tra le ruote. Le adozioni spettavano a me, ma lui e la moglie si sono messi in mezzo e hanno rubato Poseidon, Zeus ed Hera.»

«Certo, perché tu e Urano siete dei pazzi!» sbotta Ares, senza pietà. «Spedite bambini dentro quel labirinto e li abbandonate al loro destino!»

Io mi estranio e, con l’aiuto delle dita della mano, conto. «State cercando…» mormoro, abbastanza forte perché Crono mi senta.

«Artemis» prosegue lui, calcando sul nome per alludere, ancora una volta, al fatto che mi appartenga.

«E Dionysus» esclamo, folgorata dall’idea. Il dio del vino.

«E poi Demeter ed Hestia» prosegue Liam.

Quando pronuncia i due nomi, la mia attenzione viene calamitata da Zeus. È una presenza così grande, ma anche silenziosa, che mi accorgo subito del cambio di posizione del suo corpo. Così come della mascella serrata. Apre bocca una seconda volta da quando è arrivato.

«Demeter ed Hestia le avevano già trovate. Ma sono morte.»

Spalanco la bocca. Così anche Liam. Cerco una conferma in Hades, che abbassa lievemente il capo per dirmi di sì.

Con la coda dell’occhio mi accorgo che Rea è ancora seduta a tavola, con il bicchiere di vino in mano, come se stesse assistendo a una puntata della sua serie TV preferita. «Sono morte dentro il Labirinto del Minotauro» risponde.

Sia Ares sia gli altri fratelli non hanno più l’espressione di sfida con la quale hanno varcato l’ingresso di questa sala. Il dolore più puro attraversa i loro volti così belli e perfetti. E quando guardo l’altra parte della famiglia Lively, gli altri fratelli, mi accorgo che sembrano provare la stessa sofferenza.

Crono batte le mani. Il rancore è scomparso ed è tornata la strafottenza mista all’arroganza. «Dunque, Haven, hai perso l’incontro e i tredici milioni. Ma io sono un uomo generoso e voglio offrirteli comunque.»

Ares mi viene incontro. «Scendi dal ring e andiamocene. Subito.»

«Puoi dirmi di sì.» La voce di Crono sovrasta quella di Ares, senza dargli alcuna via di scampo. «Ti basta una sillaba. Dilla, ora, e io farò arrivare a tuo padre tredici milioni di dollari, all’istante. Anzi, farò di più. Salderò io tutti i vostri debiti e gli farò avere ciò che avanza. La vostra vita tornerà normale. Starete bene. Newt e tuo papà ti saranno per sempre grati. Non è meraviglioso poter aiutare la propria famiglia?»

L’ultima frase è detta in tono sarcastico e non ne capisco il motivo.

«Haven» mormora Hades. Deglutisce a vista. È in difficoltà. «Vai via con Ares.»

Aggrotto la fronte. «Pensavo che noi due…» Saremmo rimasti sempre insieme, nonostante tutto.

«Ci rivediamo a Yale, dopo le vacanze. Te lo prometto» mi rassicura, senza staccarmi gli occhi di dosso. «Ma, ti prego, non restare qui un secondo in più.»

Se persino Hades mi sta implorando di fidarmi di Ares, forse dovrei dargli ascolto per una volta da quando ci conosciamo. E io lo vorrei davvero, ma cosa ne sanno loro dei debiti della mia famiglia e di come abbiamo vissuto? È così terribile diventare una di loro? Insomma, Crono non potrebbe adottarmi legalmente, è ovvio. Dovrei firmare un contratto, però, se è un uomo sveglio come dice di essere. E, allora, quale pericolo ci sarebbe?

Posso chiedergli di farmi leggere i termini e, se dovesse esserci qualcosa di strano, rifiuterei. Può essere così semplice?

Non credo. Ma ho alternative? Come aiuto la mia famiglia, altrimenti?

«Haven, no» sentenzia Hades. Ha capito che sto valutando la proposta di suo padre. Dio, mi conosce così bene. Una mano mi afferra il gomito, alla mia destra. Apollo ha infilato il braccio tra le corde laterali del ring e sta cercando di tirarmi giù, sempre con la gentilezza che lo contraddistingue. È d’accordo con Hades. E, con una rapida occhiata oltre di lui, mi rendo conto che anche Hermes sembra preoccupato e approva le azioni del fratello.

Crono non è contento del modo in cui i suoi stessi figli gli stanno mettendo i bastoni tra le ruote. «Perché non ti prendi qualche giorno per pensarci, Haven?» propone con dolcezza. «Idea ancora migliore: siete tutti invitati a passare il giorno di Natale qui. Facciamo una bella cena di famiglia, mostriamo ad Haven quanto potrebbe divertirsi con i suoi nuovi fratelli e cugini acquisiti e ricordiamo i bei tempi dei Lively.»

Ares ha un sopracciglio inarcato. «Bei tempi? Non mi pare, Vecchio Sarcofago.»

«Chiamami così un’altra volta e…»

«E cosa?» Ares ridacchia, ma alle sue spalle i fratelli si scambiano delle occhiate d’allarme. «Cambi un attimo il pannolino e vieni a sputarmi addosso la dentiera?»

Accadono due cose. A una velocità che mi fa persino dubitare che queste persone siano davvero umane, Crono balza in avanti e, con un salto e l’ausilio delle mani, scavalca le corde elastiche del ring. Atterra sul pavimento come un felino, e quell’attimo di ripresa serve ai nuovi Lively per mettersi in guardia, vicini ad Ares, e prepararsi a bloccarlo.

Crono non è debole, ma nemmeno stupido. Sebbene in uno scontro singolo batterebbe tutti, non può vincere contro quattro di loro. Si inumidisce con la lingua il labbro superiore e sorride. «Chissà come te la caveresti senza i tuoi fratelli.»

Ares lo ignora e allunga il braccio verso di me, senza interrompere il contatto visivo con Crono. «Cohen, andiamo?» Crono sbuffa, ma è un modo per nascondere una risata. «Ancora non lo avete capito che le cose vanno sempre come voglio io?» domanda.


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