Descrizione
Capitolo 1
Un affare andato a monte
<<Ecco. Il posto è questo>> disse Guillermo, indicando verso valle. Il messicano, in sella ad un cavallo nero e dalla folta e corvina criniera, aveva cavalcato a lungo fino alle prime pendici di Hard Hook, in compagnia di due suoi fidati seguaci. Alvaro e Felipe diedero nuovamente un colpo di briglia e tutte tre le cavalcature imboccarono l’ultimo tratto di pendio, che portava al luogo dell’incontro. Un vecchio carro era seminascosto da un anello di roccia che gli girava tutto intorno, coperto da un telone logoro e male assicurato. Aveva appena smesso di piovere e le quattro ruote avevano tracciato i loro segni nonostante il suolo fosse molto duro, per via del carico pesante. Il terriccio veniva costellato dalle gocce stillanti degli aghi dei pini, che si specchiavano ai margini di una grossa pozza d’acqua, formatasi naturalmente dopo gli ultimi giorni di intemperie. Lì due uomini se ne stavano seduti su una pietra a fumare, coppia di sagome in attesa alle prime luci dell’alba.
<<Le tue sigarette fanno veramente schifo, Logan. Riesci a farti sempre infinocchiare da quello stronzo di un rigattiere. La prossima volta compra del tabacco Belminton, invece che farti rifilare della segatura.>>
Ad Earl piaceva strapazzare il giovane Logan e nonostante le sue lamentele in merito al tabacco scadente se ne stava a soffiare con gusto il fumo prodotto dalle paglie che il fratello aveva rollato con cura.
<<La prossima volta la segatura la compri tu, visto che non fai altro che lamentarti da quando siamo partiti. Non dai molto l’impressione di quello che non riesce a fumarsele, le mie schifose sigarette. In mezzora te ne sei succhiate quattro. Mi sapresti spiegare il motivo di questa bizzarra contraddizione?>>
domandò Logan, che metteva sul podio tutto quello che il fratello maggiore gli diceva, interessante o superficiale che fosse.
Earl si gustò l’ennesimo tiro, espirò lentamente e con prontezza diede la sua scusante.
<<Sai benissimo che quando si tratta di faccende come quella di oggi il nervoso mi obbliga a prenderci la mano. Semplicemente mi accontento della segatura, in mancanza di altro. C’è un detto che dice di mangiare la minestra. Se proprio non ti va di mangiarla ti tocca saltare dalla finestra.>>
Logan arrotolò la cartina intorno ad una abbondante dose di tabacco, ben pressato, e tirò fuori dal taschino una scatola di cerini Cushy Fire. Si portò la fiamma alla bocca, quando i tre messicani arrivarono al carro
<< Buenos días! Avete fatto le ore piccole, señores?>>
Fu Guillermo Magallanes il primo a prendere la parola, con la disinvoltura tipica di chi è del mestiere da parecchio tempo.
<<Siamo qui dalle quattro e mezza. Diciamo che la frescura mattutina, il panorama e le sigarette ci hanno dato una mano ad ammazzare la noia>>
disse Earl, sempre con quella spavalderia che lo distingueva dal fratello come il sale dal pepe. Guillermo gli regalò un sorriso sufficiente, che si troncò in un istante; era un uomo a cui piacevano i fatti e smontò da cavallo subito, seguito a ruota dalle due spalle.
<<Io direi di passare subito agli affari, senza preamboli. Dica al suo hermanito di farci vedere la merce. Siamo in viaggio da parecchio e vorremmo concludere l’affare alla svelta, se non vi dispiace.>>
Logan si alzò, con la sigaretta ancora spenta in bocca, e dopo aver gettato uno sguardo fugace al fratello maggiore si diresse verso il carro con calma. Tolse ad uno ad uno flemmaticamente i legacci assicurati ai ganci del cassone. Quando infine fu la volta di sollevare il telone si girò verso Earl, per cercare una conferma. Quest’ultimo, con un cenno secco, gli indicò di fermarsi.
<<Aspetta, Logan. Prima di mostrare la merce è giusto che si parli di soldi.>>
Gettò la cicca in terra dopo aver espulso l’ultima boccata di fumo.
<<Le armi sono qui, sotto questo telone, e ben conservate. Trattasi di trentasei casse, contenenti quattro fucili ciascuna. Prima di mostrarvele esigo vedere e contare i soldi. Sapete benissimo qual è la cifra che ci spetta, signor Magallanes.>>
<<Mi rammarica dover constatare che nonostante le nostre faccende si siano protratte per diversi mesi non abbiate ancora acquisito la dovuta fiducia nei nostri confronti. I contanti sono nelle borse, come sempre. C’è stata una sola volta in cui il denaro non sia passato nelle vostre mani, signor Earl Perckins?>>
Guillermo volse i palmi delle mani verso l’alto, arricchendo il tutto con un’espressività molto persuasiva. Earl rispose:
<<Il fatto è che la volta scorsa avete imbrigliato i cavalli e vi siete portati via un carro ricco di merce di prima qualità e noi siamo stati così gentili da non scomodarvi nell’assistere al conteggio. Non siete stati onesti nei nostri confronti; l’ammontare della cifra è risultata essere solo il settanta per cento di ciò che ci prometteste per iscritto tramite telegramma. Ora datemi una buona motivazione perché io non possa ritenermi in pieno diritto di seguire lo scambio arma in mano.>>
<<Perché noi siamo in tre, Perckins, mentre voi siete solo in due. Alvaro e Felipe sono veloci e le loro pistole vi toglierebbero la vita prima che voi abbiate il tempo di estrarre dalla fondina. Felipe, vai a controllare le casse, per favore.>>
Felipe non esitò un secondo.
<<Si, señor Magallanes>>
Andò subito dietro al carro e con una spinta scansò Logan dal retro del cassone. Dopo aver scalzato la cassa più vicina servendosi di un palanchino constatò che all’interno di essa non vi erano i fucili della tipologia concordata, bensì dei vecchi modelli d’arma, che nemmeno il più ignorante e scalzacane fra gli indiani si sarebbe voluto far rifilare. Bastò uno sguardo perché Guillermo capisse di essere stato preso in castagna. Sfoderò il suo revolver e lo puntò immediatamente addosso ad Earl.
<<A quanto pare non siamo noi i disonesti, in questo infelice scambio. Vero signor Perckins?>>
<<Figlio di un…>>
Logan, tanto giovane quanto impulsivo, si lasciò sopraffare da uno stato di improvviso risentimento, il quale lo portò ad attivare un gesto che gli fu fatale. Non ebbe il tempo di estrarre per intero la sua colt. L’arma di Alvaro detonò colpendo il giovane ragazzo in pieno petto e questo, dopo aver urtato l’assito del cassone con violenza, dato che l’impatto del proiettile esploso a distanza ravvicinata era stato brutale, si accasciò in un rantolo pietoso, strisciando la schiena lentamente contro la ruota posteriore e cercando senza alcuna utilità di tamponare la fuoriuscita del sangue, che sgorgava in zampilli copiosi e ripetuti ad ogni pompaggio del cuore. Earl lanciò un grido disperato e si gettò con le braccia intorno al fratello.
Tentò di risollevarlo da terra ripetutamente, ma Logan si lasciò andare altrettante volte, le gambe cedevoli e le braccia a peso morto, come un fantoccio di pezza. Lo adagiò che assunse una posizione goffa, un attimo dopo che gli era morto con il capo a penzoloni e all’indietro, senza più un filo di fluido che gli fuoriuscisse dalla ferita e con la camicia fradicia di sangue e sfilata dai calzoni.
<<Sono profondamente rammaricato, signor Perckins. Se suo fratello non avesse avuto la strampalata idea di estrarre l’arma tutto questo non avrebbe avuto inizio.>>
Magallanes prese dal taschino della sua camicia un sigaro di prima scelta e se lo portò alla bocca.
<<Direi che l’affare è andato a monte. In quanto alla ricompensa… Beh, quella se la può scordare. Questi fucili non sono per niente competitivi e non saprei come inserirli nel mercato.>>
Osservò il suo cilindro in foglie di tabacco con compiacenza, e dopo aver morso e sputato la testa per terra, continuò dicendo:
<<Se solo non le fosse passato per la testa di farmi questo antipatico scherzetto avremmo potuto fare affari per non so quanti altri mesi. O anni, se preferite. Dato che mi ha fatto perdere parecchio, anzi troppo tempo per i miei gusti non voglio tornarmene in Messico a mani vuote. Come pegno mi prenderò il cavallo di suo fratello, il che dovrebbe far quadrare pressappoco i conti.>>
Earl se ne stava seduto sui talloni, esausto. Nel giro di pochi minuti si era sentito crollare tutto il mondo addosso e non aveva nemmeno la forza di reggersi in piedi. La rabbia che provava era di quella che portava a raspare la terra con le unghie, l’unica cosa alla quale ormai si potesse appigliare. Aveva perso l’unico membro della sua famiglia; Logan, l’inseparabile fratello minore che per più di vent’anni era stato vittima delle sue continue e affettuose prese in giro. Il compagno di avventure. La sua incontestabile spalla se si trattava di tirarsi fuori dai guai. Il suo migliore amico.
<<Ci aspetta una lunga cavalcata. In sella, hombres!>>
I due messicani seguirono l’ordine del loro capo e montarono a cavallo, dopo aver assicurato il legaccio del quadrupede di Logan al pomello.
<<Maledetto!>>
gridò in preda alla disperazione Earl. Da terra si avvinghiò alla gamba di Guillermo, che aveva già portato l’altro piede nella staffa. Quest’ultimo, senza scomporsi, sfilò il revolver dalla fondina e premette il grilletto. Il percussore scattò e un nuovo sparo echeggiò ad Hard Hook. Earl venne colpito alla scapola destra e si accasciò in posizione fetale sul terreno umido, in preda ad un rantolo di dolore.
I tre messicani diedero di sprone ai loro cavalli, come se niente fosse, e si diressero lungo la strada per Calvington. La ferita faceva un male cane così che l’uomo a terra si dovette trascinare con notevole fatica verso il corpo senza vita del fratello. Una volta raggiuntolo, ormai stremato, svenne.
2.
La promessa
I due rangers, prima che il sole nascesse ad est e cominciasse a mostrare i suoi bagliori oltre le cime più alte di Hard Hook, stavano già scendendo il passo in sella ai loro cavalli, dei bellissimi e giovani Cutting Canadesi.
<<Avrei proprio bisogno di un bel bagno>>
disse John, lisciandosi i folti mustacchi.
<<E, perché no, mi mangerei volentieri una succulenta bistecca, con sopra una montagna di fagioli.>>
<<Tra poche ore saremo a Calvington, così ci potremo riposare e abbuffare come meglio ci pare.>>
Harrison, il ranger più giovane, aveva un portamento fiero e il suo sguardo sicuro, già dal primo istante, avrebbe dato a chiunque l’impressione che si trattasse di un uomo saggio e dalla tempra coriacea. Di cognome faceva Cooper. Insieme al suo compagno di viaggio John Price si era conquistato la fama dell’impavido uomo di legge, intransigente sì, quando si trattava di seguire le regole dettate dalla giustizia, ma anche dall’animo gentile e sempre guidato dal buonsenso. I due pistoleri ne avevano passate assieme di cotte e di crude e non era mancata l’occasione che l’uno avesse potuto salvare la pellaccia all’altro, o viceversa, nelle situazioni di pericolo più strampalate. Erano praticamente dei fratelli.
Poco prima di varcare il valico decisero di fermarsi un paio di minuti, giusto il tempo di fumarsi una sigaretta. John prese dal fianco della sua sella la borraccia e dopo una vigorosa sorsata d’acqua si asciugò il pizzetto con il polsino della camicia ed espresse la sua soddisfazione con un pittoresco e gutturale verso. L’acqua era fresca e dissetante; nonostante la pioggia notturna avesse fatto del suo meglio per rinfrescare l’ambiente, il caldo si faceva sentire anche nelle prime ore del mattino, soprattutto lungo quel versante poco ventilato dove l’umidità aleggiava ancora ad altezza d’uomo, appiccicandosi alla pelle.
<<Vuoi un goccio, Harry?>>
Cooper non rispose. Anzi. Si era un attimo messo a fissare il vuoto, accigliato e pareva che il suo amico nemmeno fosse lì a fianco.
<<Harry…>>
<<Un attimo.>>
Cooper fece un cenno a Price.
<<Ho sentito un rumore e credo che si tratti di un colpo di pistola. Viene dalla Calvington Valley, o forse dalle prime alture oltre la sella.>>
Smorzò alla veloce la cima della sigaretta, della quale aveva sfruttato solo una boccata, poi diede di sprone al cavallo dicendo:
<<È ora di mettersi la strada fra le gambe sul serio, compagno. Credo che la tua lauta colazione a base di bistecca dovrà aspettare un po’ più del previsto.>>
John diede anche lui un comando deciso alla sua cavalcatura e i due si misero all’istante al trotto lungo gli snodi del tortuoso sentiero. Varcarono il punto più alto e il terreno permise di accentuare l’andatura una volta che lo spazio aperto si sostituì al pietrame. Si trovarono dinnanzi a degli scoscesi pascoli d’altura, che diedero loro più sicurezza; sapendo che la possibilità di azzoppare gli animali sull’erba era ridotta Harry e John si cimentarono in una cavalcata molto sostenuta, lungo il presentarsi di tutto il manto erboso. Ad un tratto ecco l’echeggiare di un secondo sparo, questa volta molto ben udibile. Avevano preso la direzione giusta; il rumore doveva essere a circa due ore di galoppo. Con i cavalli messi sotto sforzo scesero il tratto di pendio, tra i serpeggiamenti continui dei sentieri e le deviazioni, quest’ultime prese solo quando il terreno dava la possibilità di passarvici senza perdita di tempo. Videro il carro da una distanza di soli cinquanta metri. I due uomini distesi di fianco alla ruota posteriore sembravano senza vita, ma secondo l’esperienza di Harry e John nulla era da dare per scontato, anche nelle situazioni dall’apparenza più ingannevole. Erano abbracciati.
<<Quello giovane è morto, Harry.>>
John adagiò il corpo di Logan in una posizione più composta e rimosse le mosche che si erano posate sulla ferita e ai margini delle labbra, perché un rivolo di sangue era fluito dalla bocca. Cooper sapendo che il secondo uomo aveva perso parecchio sangue non si mise a tastare la vena sul collo, bensì si accertò che dalla bocca ne scaturisse ancora un flebile respiro. Gli versò sul viso dell’acqua e poi gli diede dei leggeri schiaffi perché si riprendesse dal torpore.
<<Questo è ancora vivo, invece.>>
Earl si sveglio e biascicò lentamente. <<Non… non ci vedo…>>
<<Vuoi un sorso d’acqua?>>
domandò Harrison, notando quanto il viso del sofferente fosse scavato per la spossatezza. <<Si…>>
L’uomo tossì e un fiotto di liquido rosso gli uscì dalla bocca.
<<Sai dirmi chi vi ha sparato?>>
chiese nuovamente Harry. <<E sai dove si è diretto?>> Earl non ebbe nemmeno la forza di indicare con un piccolo gesto la direzione, ma riuscì a dire che i tre messicani, capeggiati da un certo Magallanes, erano diretti a Calvington City in sella a due mustang grigi e ad un crollo nero.
<<Giuro che giustizia sarà fatta. Non ci fermeremo fino a che Magallanes e i suoi compagni non saranno assicurati alla legge.>>
Harry strinse la mano di Earl, che era tanto inerte da non riuscire nemmeno a tremare di quel freddo che il colpo d’arma da fuoco gli aveva fatto provare in quegli ultimi istanti di agonia. Ormai, completamente dissanguato e senza un filo di energia in corpo, morì pregando, al cospetto di Dio e dei due ranger. Vennero seppelliti da buoni cristiani; ora potevano riposare per sempre sotto la frescura di un grosso pino strobo, dalle estese e ombrose fronde che si protendevano dal basso fino ai venti metri di altezza. Ai margini di esso, a mezz’ombra, un cespuglio di jalapa bianchi emanava il suo intenso profumo, circondato dalle falene diurne.
3.
City
Dopo due ore di cavalcata molto rapida Harry e John giunsero a Calvington che le strade della cittadina erano già attraversate dagli abitanti, affaccendati ognuno nella sua monotonia giornaliera. Una carrozza stazionava davanti ad un albergo di tre piani sulla cui insegna bronzea, scolpita in rilievo e con la scritta in caratteri molto vistosi che indicava “The Pioneer’s Stay”, svettava una gigantesca ruota di carro della miglior fattura. A quanto pareva quest’ultima era stata issata sulla balaustra della balconata del primo piano da poco, visto che il legno non presentava un minimo cenno di scalfittura, né degrado, dove il maltempo soleva presentarsi puntuale in quella zona usurando e marcendo le assi. Due passeggeri stavano scendendo da una Concord Stagecoach rossa fiammante dopo che il cocchiere, balzato dal cassero con un gesto atletico, gli aveva aperto la porta sul lato dell’edificio.
<<Prego, signori! Siamo arrivati all’albergo!>>
Quest’ultimo si protrasse in avanti sfoggiando un vistoso inchino, cosa che però in quanto a buone impressioni sugli ospiti andava in cospicua discordia con la presentabilità dei suoi indumenti da battaglia, impolverati e madidi di sudore. Eccoci a “The Pioneer’s Stay”.
<< I vostri alloggi sono all’ultimo piano e, nel qual caso lo desideraste, il personale sarebbe lieto di servirvi in poco tempo una generosa colazione. Nel frattempo il sottoscritto si occuperà dei bagagli, che saranno trasportati fino all’uscio di ciascuna camera. Se desiderate farvi un bagno chiedete alla reception; la nostra Laurell vi riempirà la vasca di acqua calda in un batter d’occhio.>>
Dopo soli tre secondi una ragazza uscì dall’ingresso principale per poi trattenersi a due passi dall’uscio.
<<Desiderate porgermi il cappello, gentili ospiti?>>
Prese in custodia Stetson e bombetta e quando i due giunti ebbero ormai varcato la soglia si diresse a passo spedito verso il cocchiere.
<<Bryson. Spiegami un attimo quel che stai combinando, perchè proprio non riesco a capire.>>
Laurell era un poco piccata; attese dal collega una corretta giustificazione e contenne il suo disappunto non volendo smentire quello che doveva essere il suo solito atteggiamento, rigorosamente posato e professionale.
<<Che cosa starei combinando, scusa?>>
Bryson controdomandò senza dare troppa attenzione alla donna, nonostante lei si distinguesse per anzianità lavorativa di parecchi anni. Anzi. Adesso, con tutto il tempo che ebbe per togliere i bagagli dal tetto della carrozza, non si prese nemmeno il disturbo di voltarsi verso di lei, che rincalzò la dose di rimprovero con fare più pacato.
<<Saresti pregato di attenerti alle tue mansioni, per cortesia. Prova ad immaginare cosa succederebbe se il signor Rittercott venisse a sapere che durante la ricezione dei clienti ti concedi certe licenze. Vedi di essere professionale e di rispettare le gerarchie dell’albergo.>>
Mentre i due stavano a discutere i rangers smontarono da cavallo per un istante e si portarono al fianco della Stagecoach.
<<Buongiorno signora. Mi scusi, buonuomo,>>
si inserì cortesemente John rivolgendosi al cocchiere.
<<Sono desolato di dover irrompere nella vostra animata discussione, ma siamo dei rangers in cerca di tre messicani a cavallo di due mustani grigi e di un criollo nero. Li stiamo seguendo da diverse ore. Sapreste per favore dirci se li avete visti passare e più precisamente dove si sono diretti? Devono essere arrivati in città circa tre ore fa.>>
Il cocchiere, che lavorava solo lungo la tratta che andava dalla stazione ferroviaria all’albergo e viceversa, fece una smorfia e si grattò la vertigine ai capelli.
<<Sono spiacente. Faccio la strada principale da stamattina presto, ma i tre messicani di cui mi parlate non li ho proprio visti. In ogni caso vorrei farvi presente che si può accedere da est anche da Patriot’s Street, che si unisce a questa strada dalla biforcazione che c’è subito dopo l’incrocio laggiù, dove vedete quella grossa fontana di pietra. Può darsi che siano passati da lì.>>
<<Grazie.>>
Harry e John dopo essersi congedati ripresero al passo per la main street, costeggiarono la fontana per poi raggiungere la biforcazione sul lato destro. Eccoli così in Patriot’s Street. Pur per estensione secondaria alla principale, la via era molto più frequentata di quanto ci si potesse aspettare. Tre ragazzini stavano facendo a gara e guidavano delle latte di fagioli servendosi di tre bastoni. Più in là un cane se ne stava in attesa che dalla macelleria, sulla cui vetrata spiccava la scritta “Meat Coburn. The coolest and most valuable”, venisse ogni tanto lanciato qualche scarto di carne, che il gestore cercava di tenere comunque da parte, considerando anche il sovrappeso dell’animale. Superarono anche il negozio del barbiere, a sinistra, per poi trovarsi davanti ad una bottega di generi alimentari. Entrarono.
<<Buongiorno, Signori. Come posso servirvi?>>
chiese il commerciante ai rangers in modo molto gentile, sfoggiando un sorriso tanto enfatizzato da mostrare una vistosa sfilza di denti marci.
<<Ci scusi per il disturbo,>>
disse Harrison.
<<Non siamo qui per far compere, bensì per cercare tre uomini, messicani.>>
<<Allora non vedo come potrei esservi d’aiuto. Sto tutto il giorno chiuso in questo negozio da quando mia moglie si è vista costretta a restare a casa. Si è presa una bella influenza e il dottor Iggins ha detto che ne avrà ancora per quattro giorni buoni almeno. Non metto mai il naso fuori dalla porta, purtroppo.>>
<<La capisco. In ogni caso ci potrebbe indicare dove si trova l’ufficio dello sceriffo? Si tratta di una questione importante; siamo due rangers, e stiamo inseguendo dei pericolosi malfattori.>>
<<Per questo almeno posso aiutarvi. Andate in direzione della main street, girate a sinistra e percorretela per circa cinquanta metri; Vi troverete davanti ad una grossa fontana in pietra; A questo punto prendete a destra per “Kingdom Safe Road”. L’ufficio dello sceriffo è sulla sinistra, poco dopo una piccola curva. È uno stabile in legno e mattoni; lo troverete in un batter d’occhio.>>
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