Descrizione
Capitolo 1
Ghost town
Il sole ardeva con una tenacia inaudita, il cavallo era sfinito e la mia gola era tanto secca che avrei venduto l’anima al diavolo per un sorso d’acqua. Ancora mezza giornata in sella senza potermi abbeverare e credo che sarei impazzito.
Rosko schiumava copiosamente dalla bocca. Le mie labbra screpolate e la pelle ustionata avrebbero dato l’impressione al primo sconosciuto, Dio solo sa quanto l’avrei voluto incontrare a porgermi una ghirba d’acqua, che fossi più morto che vivo.
L’avvallamento che segnava il confine tra terra e aria subiva l’effetto di esalazioni di calore che davano l’immagine di una croce sfuocata la quale ondeggiava minuscola a poca distanza. Lo stordimento era tale che inizialmente non mi resi conto di ciò che vidi. Cercai di sgranare gli occhi per capire se fossi in preda ad un miraggio o meno. Ma non era un abbaglio ciò che avevo appena scorto, bensì la sommità di un piccolo campanile. Mi feci forza digrignando i denti e sussurrando parole di conforto al mio Rosko, che arrancava faticosamente portando avanti e indietro il collo e boccheggiando, come se fosse in salita ripida, fino a varcare l’imbocco della via principale.
Il villaggio era letteralmente deserto; Il silenzio dell’abbandono era sovrastato solamente dallo sbattere delle imposte e dallo scalpiccio del cavallo innervosito. <<Calma Rosko, stai calmo.>> Non ebbi nemmeno il tempo di ammansirlo che un colpo di arma da fuoco fece il pelo al garretto destro dell’animale, facendolo impennare all’istante. Venni sbalzato dalla sella con l’impeto di un bufalo in corsa.
La botta alla schiena mi annebbiò ulteriormente la vista e l’unica idea che mi venne in mente fu quella di portarmi a schiena bassa verso il più vicino riparo, qualsiasi che fosse. Annaspai correndo disordinatamente ottenendo come risultato uno sperone sbeccato e una sbucciatura al polso.
<<Fai un solo passo e ti riempio di piombo, giuro su Dio!>> Una voce suonò aspra, ma non capii esattamente da dove provenisse. Rosko, bocca serrata e orecchie all’indietro, non era l’unico a essere in preda al panico. I battiti accelerati non mi aiutavano di sicuro a comprendere in fretta la situazione senza farmi opprimere dall’ansia.
Quando il nervosismo mi saliva alle stelle iniziavano a tremarmi le mani; nel caso in cui avessi cercato di stringere la colt una morsa mi avrebbe stretto i polsi impedendomi di estrarre. Nonostante non fossi un tiratore eccellente mi sapevo però discretamente difendere.
Mio padre prima di morire mi aveva dato in successione una vecchia Smith & Wesson acquistata da Benson il rigattiere per una manciata di dollari. Todd Montgomery, questo era il nome di chi mi aveva messo al mondo, era un uomo onesto, ma soprattutto un gran lavoratore, dall’immensa umiltà e dalla ferrea tenacia. Mi aveva insegnato giusto i primi rudimenti quali impugnare, estrarre il revolver e centrare una latta da dieci metri di distanza. Non finiva mai di ripetermi la solita frase ogni volta che mi portava alla vecchia sequoia per due tiri, dopo il lavoro nei campi. <<Ricordati, figlio mio. Due sono le cose dalle quali non ti devi separare, in special modo quando il respiro ti morde il petto. Il cavallo e la pistola.>>
Feci un respiro profondo, premetti con cautela il cane a cresta dell’arma e feci schioccare il palato. <<Dai bello, altri due passi e ci siamo.>> Appena Rosko fu ad una accettabile distanza mi ci gettai in groppa e con stretta decisa mi feci scudo col suo ventre, tenendomi ancorato sul lato coperto e reggendomi con due giri di briglia intorno alla mano destra. Un altro proiettile mi fischiò sopra la testa. Me la filai a spron battuto infilandoni in un vicoletto laterale dopo aver scaricato tutti i sei colpi del tamburo alla cieca.
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