Descrizione
Z
6 gennaio 1926
Bacino del fiume Xingu, Amazzonia
-Corri papà! Corri! -Non fermarti, Jack!
–gridò sparando due colpi in direzione della boscaglia da cui provenivano i ruggiti- Vai avanti e non voltarti!
-No! –lo supplicò il figlio tirandolo per un braccio-. Non me ne andrò da qui senza di te! Un’ombra indefinita si mosse rapidamente a pochissima distanza da loro.
Si facevano sempre più vicino; ancora una volta quell’odore nauseabondo di carne in decomposizione gli inondò le narici.
-Devo fermarli! –rispose.
Jack Fawcett, che qualche mese prima aveva intrapreso con entusiasmo adolescenziale quell’avventura nella foresta amazzonica insieme a suo padre, il colonnello Percy Harrison Fawcett, adesso era ridotto a un rottame: emaciato, ferito, con gli abiti a brandelli e gli occhi fuori dalle orbite per la paura.
-Santo cielo! –esclamò terrorizzato-. Ma… cosa sono quei demoni?
In risposta, un urlo raccapricciante rimbombò nella notte, facendogli rizzare i peli sulla nuca.
-Venite qui e fatevi sotto, dannati mostri! –gridò il colonnello Fawcett con il volto deformato dall’ira. Mirò verso l’impenetrabile giungla e sparò ancora con il suo vecchio Springfield.
-Ti prego, papà! Andiamocene da qui! –lo implorò di nuovo Jack-. Ci raggiungeranno! Il colonnello si voltò, trovandosi davanti non un agguerrito soldato, come quelli al fianco dei quali aveva combattuto anni addietro nelle trincee del Fronte Occidentale durante la Grande Guerra, ma uno sbarbatello, suo figlio, terrorizzato dall’imminenza di una morte orribile.
-Maledizione! –esclamò, rendendosi conto che quella era una battaglia che non poteva vincere-. Lascia qui l’attrezzatura, Jack! Lascia tutto quanto! –Indicò la direzione opposta e gridò-: Seguimi! Verso il fiume!
Abbandonarono le borse nelle quali trasportavano cibo e munizioni e si lanciarono in una corsa sfrenata attraverso la vegetazione. La pelle gli si lacerava sotto il groviglio di liane e rami spinosi che scansavano a manate, in una fuga disperata nella quale Jack si trascinava la gamba ferita mentre suo padre ricaricava il fucile e sparava le ultime cartucce senza nemmeno prendersi la briga di mirare.
Due giorni prima avevano trovato il cadavere di Raleigh –o meglio, ciò che ne restava-, coperto di mosche e vermi. Gli erano stati brutalmente strappati gli arti, mentre il ventre e la cassa toracica, aperti come una lattina, rivelavano una sanguinolenta cavità vuota dalla quale erano stati estirpati gli organi interni.
Il sospetto di essere osservati era stato confermato nel peggiore dei modi, e da quel momento non avevano fatto altro che scappare per salvarsi la pelle.
Jack si faceva strada sbracciandosi tra la vegetazione, mordendo, strappando, afferrandosi alle poche speranze che aveva di sopravvivere, spinto dalle grida di incoraggiamento di suo padre che lo spronava a non fermarsi, ad andare più veloce, a vivere per fare ritorno, prima o poi, nella sua amata Inghilterra.
A quel punto, all’improvviso, il fiume apparve dietro un’ultima cortina di liane, e capì, desolato, che le sue speranze di sopravvivere finivano lì.
Quello che aveva davanti a sé, illuminato dalla fredda luce della luna piena, era un possente fiume di acque torbide che si infrangevano sulle rocce e sugli alberi con una violenza tale da sovrastare perfino le urla dei loro inseguitori.
-Cristo santo… –mormorò il ragazzo. L’altra riva si trovava a più di cento metri di distanza, sebbene, in quella situazione, cento, mille o centomila, non facevano alcuna differenza. Sopravvivere a quella voragine d’acqua e fango era improbabile quanto risalire a nuoto le cascate Vittoria.
In quel momento, il colonnello Fawcett spuntò dalla boscaglia con il suo piccolo zaino di pelle in spalla e, dopo aver sparato un’ultima cartuccia alle tenebre, lasciò cadere il fucile e si piazzò di fronte al figlio.
-Ma si può sapere che diavolo stai aspettando? –lo riprese-. Buttati in acqua!
-Non riusciremo ad attraversarlo! –obiettò Jack indicando il fiume con le pupille dilatate per il panico-. È un suicidio!
-E allora che Dio ci perdoni –rispose il colonnello-, ma non abbiamo altra scelta.
E senza dargli il tempo di reagire, lo spinse, facendolo cadere in mezzo alla corrente, tuffandosi subito dietro di lui in quel tumulto di spuma, rocce e fango.
Travolti dall’incontenibile impeto del fiume, padre e figlio tentavano di tenersi a galla e, con i piedi in avanti per proteggersi, fare il possibile per non schiantarsi contro una roccia o finire trafitti dai tronchi che solcavano il fiume come proiettili affilati.
A ogni boccata, la tanto bramata aria si mischiava all’acqua fangosa che entrava nei polmoni. Il semplice respirare comportava uno sforzo titanico che non sarebbero stati in grado di sopportare a lungo.
Il colonnello riuscì a radunare le forze sufficienti per chiamare suo figlio, ma il fragore delle rapide affogava qualsiasi suono che non fosse quello della sua stessa furia e, dopo qualche secondo, la testa di Jack scomparve definitivamente nell’impetuosità della corrente.
Col poco fiato che gli restava gridò tutta la sua disperazione mentre lottava inutilmente contro quel fiume assassino. Poi, finalmente, scoprì con orrore ciò che era realmente accaduto.
Davanti a sé, l’orizzonte terminava come se avesse raggiunto la fine del mondo; a Percy Harrison Fawcett bastò un istante per capire che, in un certo senso, lo era davvero.
Stava per precipitare giù da una gigantesca cascata.
In quell’ultimo istante di vita, mentre sperimentava un breve momento di assenza di gravità prima di cadere nel vuoto, pregò Dio che un giorno il mondo scoprisse l’inaudito segreto che gli era stato rivelato in quella foresta infernale.
Pregò affinché le loro morti non fossero vane, e che lui e i due giovani che l’avevano accompagnato fino a quel tragico epilogo venissero un giorno riconosciuti come i responsabili di quella che, senza alcun dubbio, era la scoperta più straordinaria e importante di tutta la storia dell’uomo sulla faccia della Terra.
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