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Milano Natale 1847

1,99

Nessuno sapeva ancora che il 1848 sarebbe stato un anno denso di avvenimenti politici che avrebbero capovolto il mondo conosciuto, anche se di avvisaglie ce n’erano molte.
Ma Dante Frigerio, sua moglie Giuseppina e la sua figliola Clotilde stavano vivendo quel Natale del 1847 come tutti gli altri prima di quello.
In questo racconto lungo romanzato, le ansie, i desideri, le passioni di un Natale che alla luce dei fatti seguenti rimarrà nella memoria dei protagonisti come un Natale degno da ricordare…

Informazioni aggiuntive

Editore

Data di pubblicazione

2 Dicembre 2015

ISBN

9788899531126

Lingua

Italiano

Formato

Kindle

Kindle

€ 1,99

COD: 3269 Categoria: Tag: Product ID: 21958

Descrizione


Capitolo 1

La neve aveva cominciato a cadere alle prime luci dell’alba di quel lunedì 20 dicembre e la città aveva già quel magico aspetto che solo un manto bianco può dare. Coperti i marciapiedi usualmente sporchi di fango e di carbone, coperte le strade percorse da carrozze, carretti e cavalli e coperta la grande piazza del Duomo che, attraverso la fitta cortina di neve, sembrava ancora più grande ed irreale.

Dante Frigerio, sveglio da ore, non si decideva ad alzarsi. Non che un po’ di neve gli facesse paura, ma il calore delle coperte  e il respiro tranquillo di sua moglie lo portavano ad una certa placida pigrizia.  In quel lunedì che  iniziava la settimana precedente il Natale, con la mente in riposo, ripassava le tappe della sua vita, gli avvenimenti che lo avevano portato ad essere, alla soglia dei quarantacinque anni, soddisfatto e quasi felice.  Gli occhi socchiusi che lanciavano occhiate possessive e vagamente adoranti alla sua stanza da letto, ai finestroni coperti da pesanti tende di broccato rosso scuro, al caminetto dove ardevano ancora le ultime braci.

Certo ne aveva fatta, di strada, da quel piccolo locale a Porta Vigentina dove era nato e vissuto con i suoi fratelli e la sorella. Ora a volte si chiedeva come avevano fatto a vivere tutti assieme in due stanze, ma allora non si era mai posto il problema. Il palazzone era uno di quelli giganti con la fila di terrazzini stretti che correvano lungo tutto il perimetro interno, così da far diventare un piano come una strada in cui si aprivano le porte degli alloggi. Luogo magico, meraviglioso, quando lui era stato bambino. Al  mattino suo padre si alzava all’alba e usciva, faceva il vetturino e doveva andare a prendere il cavallo, attaccarlo alla carrozza e poi andare a prendere il suo posto in Piazza Duomo, aspettando clienti, per tutto il giorno. Sua madre si alzava poco dopo, buttava giù dal letto tutti i figli e, dura come un generale, li preparava, chi per la scuola, chi per il lavoro e poi usciva, lasciando i tre più piccoli a casa, tanto lì non c’erano pericoli e andava a lavorare come operaia in una fabbrica di medicinali poco lontana.

Dante era il penultimo, dopo di lui era nata solo Margherita, una bimba gracilina e piagnucolosa che lui e Gaspare si portavano appresso come una bambola, posandola di qua e di là quando dovevano giocare. E che giochi! Per le nove gli alloggi erano pieni solo di donne incinte, vecchi e bambini, tutti gli altri al lavoro e così il grande fabbricato risuonava di grida, di pianti, di urla, mentre orde di ragazzini correvano da un piano all’altro lungo i terrazzini, scendevano in cortile, si picchiavano, piangevano, si sporcavano, il tutto senza che nessuno badasse veramente a loro e nello stesso tempo sempre tenuti d’occhio da qualcuno. Al punto tale che il rientro serale dei rispettivi genitori era un altro genere di urla, di pianti. Dante e Gaspare finivano regolarmente in castigo, c’era sempre qualcuno che raccontava a sua madre, che era la prima a rientrare, che cosa avevano fatto durante la giornata appena trascorsa e in generale erano marachelle. Poi, quasi sempre, si perdevano Margherita da qualche parte e sua madre doveva fare il giro dei terrazzini, chiedendo se qualcuno si ritrovava in casa un figlio in più e riportare a casa la bambina, sporca e piangente.


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