Descrizione
Prologo
«Ehi, ciao.»
Mmm, non mi piace la nota allegra nella sua voce.
Quel sorrisetto sulle labbra. La sovrabbondanza del suo soffocante profumo che mi assale alla gola.
«Ciao, Angela» rispondo, sospettosa e in ansia, mentre mi siedo davanti alla sua scrivania.
Angela si scuote i lucenti capelli biondi dalla spalla, unisce i palmi e, mostrando interesse, si protende in avanti per chiedermi: «Come stai?».
Mi liscio la gonna rossa e dritta con entrambe le mani e rispondo: «Bene. Grazie».
«Grandioso.» Si butta all’indietro poi mi sorride, senza aggiungere altro.
D’accoooordo, che cavolo succede?
Getto un’occhiata alla fila di uomini in completo alle mie spalle, dritti sulle sedie, una cartellina sulle gambe, intenti a osservare la nostra interazione. Conosco Angela dalle medie. La nostra è una di quelle amicizie tira e molla, con me nei panni della vittima del suo incostante cameratismo. Un giorno sono la sua prediletta, quello dopo lo è Blair – del reparto contabilità, o Lauren, delle vendite – dopodiché di nuovo io. Regolarmente intercambiabili. Sempre a chiedermi chi sarà la preferita della settimana e a commuovermi, in modo stupido e malato, ogni volta che la sua scelta ricade su di me. Perché perdersi in un’amicizia tanto tossica, vi chiederete. La risposta è triplice.
Uno: ero giovane, quando ho conosciuto Angela. Non avevo idea di cosa diamine fare durante un giro così intenso sulle montagne russe. Mi sono semplicemente retta forte e ho stretto i denti, perché, francamente, uscire con Angela era elettrizzante. Diverso. Audace, a volte.
Due: ho passato dei bei momenti con lei, quando era carina con me ed eravamo unite. Essere povera e crescere a Beverly Hills non comportava molte avventure, ma con l’amica ricca che non badava al tuo portafoglio vuoto e ti accoglieva nel suo mondo, sì, era divertente. Datemi pure della superficiale, però me la sono spassata alle superiori, nonostante gli alti e i bassi.
Tre: sono una smidollata. Detesto lo scontro e lo evito a tutti i costi, di conseguenza – mano alzata – eccomi qui, uno zerbino al vostro servizio.
«Angela?» mormoro.
«Mmm?» Mi sorride.
«Posso chiederti perché mi hai chiamato nel tuo ufficio e hai schierato l’FBI alle mie spalle?»
Angela butta la testa all’indietro e scoppia in una sonora risata, prima di posare la mano sulla mia. «Oh, Lottie. Quanto mi mancherà il tuo umorismo.»
«Ti mancherà?» chiedo, irrigidendomi. «Che vuol dire che ti mancherà? Vai in ferie?»
Ti prego, fa’ che sia così. Fa’ che sia così. Non posso permettermi di perdere questo lavoro.
«Sì.»
Oh, grazie a Dio.
«Ken e io andiamo a Bora Bora. Ho una lampada tra dieci minuti, perciò dobbiamo sbrigarci con questa cosa.»
Aspetta. Eh?
«Sbrigarci con cosa?» indago.
Il suo volto gioviale si fa serio, cosa che non capita spesso di vedere in Angela. Sarà pure il capo del suo blog di lifestyle, però non è lei a svolgere il lavoro – sono tutti gli altri a farlo. Perciò non ha mai motivo di essere seria.
Si drizza sulla sedia, serra la mascella e, attraverso le spesse ciglia finte, proclama: «Lottie, sei una vera pioniera di Angeloop. La tua abilità alla tastiera è ineguagliabile qui dentro, e l’umorismo che trasmetti su questo blog prospero e redditizio ha reso possibile il mio viaggio a Bora Bora».
Ho sentito bene? Grazie a me, può andarsene in vacanza?
«Ma, purtroppo, dovremo fare a meno di te.»
Un momento… cosa? Fare a meno di me?
Vale a dire, non ho più un lavoro?
Neanche fossero dei fulmini, tre degli uomini si portano alle mie spalle, due ai miei fianchi, e mi accerchiano come degli addetti alla sicurezza. Mi bloccano sul posto con le loro spalle larghe e uno mi posa davanti una cartellina, che poi apre a rivelare un foglio. Ho la vista troppo annebbiata anche solo per prendere in considerazione l’idea di leggere quello che c’è scritto sopra, ma, provando a indovinare, credo si tratti di una lettera di licenziamento.
«Firmi qui.» L’uomo mi porge una penna.
«Un attimo, come?» Scosto la mano dell’uomo anche se questa rimbalza subito indietro per rimettersi dove stava prima. «Mi stai licenziando?»
Angela fa una smorfia. «Lottie, ti prego non farne una tragedia. Sai quanto è difficile per me.» Schiocca le dita e compare magicamente un’assistente. Angela si sfrega la gola e continua: «Questa conversazione mi distrugge veramente. Acqua, per favore. Temperatura ambiente. Limone e lime, però toglili prima di servirmela». Dopodiché l’assistente se ne va. Quando Angela si volta di nuovo verso di me, mi scruta e si posa una mano sul cuore. «Oh, sei ancora qui.»
Uhmm… Sì. Sbatto un paio di volte le palpebre e chiedo: «Angela, che succede? Hai appena affermato che ti faccio fare un mucchio di soldi…».
«Ah, sì? Non ricordo di averlo detto. Ragazzi, ho detto una cosa del genere?»
Scuotono tutti la testa.
«Visto? Non l’ho detto.»
Rifletto… già, ah-ah, lo sentite? È il mio cervello che fuma, che fa gli straordinari, cercando di non PERDERE LE STAFFE!
Con calma, e intendo… davvero con calma, le domando: «Angela, puoi spiegarmi cortesemente perché mi stai mandando via?».
«Oh.» Ride. «Sei sempre stata una curiosona.» L’assistente le porta l’acqua e scappa via. Succhiando da un’inutile cannuccia, Angela prende una lunga sorsata e prosegue: «Venerdì sarà un anno che lavori qui da noi».
«Sì. Esatto.»
«Be’, sul contratto c’è scritto che dopo un anno hai diritto a un aumento di stipendio.» Fa spallucce. «Ma perché pagarti di più quando posso trovare qualcuno per fare il tuo stesso lavoro a meno? La sostanza è questa. Immagino comprenderai.»
«No, invece.» Alzo la voce e due grandi mani si posano minacciosamente sulle mie spalle. Oh, per l’amor del Cielo.
«Angela, questo lavoro è tutta la mia vita, non un gioco. Quando mi hai implorato di lavorare per te, mi hai detto che questo impiego mi avrebbe cambiato l’esistenza.»
«Non è stato così?» Allunga in avanti le braccia. «Angeloop cambia l’esistenza a tutti.» Dà un’occhiata al suo orologio. «Ehi, devo spogliarmi fra cinque minuti. La lampada non aspetta.» Agita le dita ai tipi dietro di me. «Basta così, ragazzi.»
Due paia di mani mi afferrano e mi sollevano dalla sedia.
«Non farai sul serio» commento, ancora confusa su ciò che sta accadendo. «Mi fai trascinare via dai tuoi addetti alla sicurezza?»
«Non per scelta mia» risponde lei, il ritratto dell’innocenza. «È il tuo comportamento ostile a rendere necessario l’intervento della sicurezza.»
«Ostile?» ripeto. «Sono ostile perché mi stai licenziando senza un motivo.»
«Oh, tesoro, non posso credere che tu la veda in questo modo» ribatte con tono sussiegoso. «Non è niente di personale. Sai che ti voglio bene e conto ancora sul tuo invito mensile per il brunch. È solo lavoro, questo.» Mi lancia un bacio volante. «Sei ancora la mia preferita.»
È completamente matta.
Vengo trascinata verso la porta, ma punto i tacchi delle mie Jimmy Choo di due stagioni fa. «Angela, sul serio. Non puoi licenziarmi.»
Mi osserva, piega la testa di lato, e si preme la mano sul cuore. «Ohh, ma guardati, stai combattendo per il tuo lavoro. Dio, sei sempre stata una rissosa.» Mi invia un altro bacio, mi saluta con la mano e aggiunge: «Ti telefono. Mi racconterai del tuo orribile capo più tardi. Ah… e non dimenticare di rispondere all’invito per la rimpatriata delle superiori. Mancano due mesi. Serve il numero preciso dei partecipanti».
E così, completamente sconfitta, i tacchi che vacillano per lo shock, il mio corpo si affloscia e vengo trascinata di peso fuori dagli uffici di Angeloop, il blog di lifestyle più stupido e ridicolo di Internet, un posto in cui inizialmente non volevo neanche lavorare.
I colleghi mi seguono con lo sguardo.
Gli uomini della sicurezza non battono ciglio mentre mi trascinano attraverso l’ampia porta di vetro. E prima che possa prendere di nuovo il respiro, mi ritrovo a fissare l’esageratamente grande scritta Angeloop fuori dall’edificio, con lo scatolone delle mie cose in mano.
Come cavolo è potuto succedere?
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