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Amore+1

Il prezzo originale era: €12,00.Il prezzo attuale è: €11,50.

Joel Evans non potrebbe volere di più dalla vita.
Batterista degli ScreamDreams, una delle band più amate degli Stati Uniti, assieme al suo migliore amico Charlie Fisher, è riuscito a fare della sua più grande passione il proprio mestiere.
Quando, però, la band approda a Los Angeles per il primissimo concerto nella città degli angeli, e Joel incontra Harper, la receptionist dell’hotel in cui alloggiano i ragazzi, lui si rende conto che forse non ha proprio tutto ciò che desidera. Forse c’è qualcosa che gli manca.
Ma se ciò che lui vuole appartenesse già a qualcun altro?
A volte basta poco per riconoscere la propria anima gemella, più difficile, invece, è ascoltare il proprio cuore.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

28 maggio 2020

ISBN

979-8645036904

Lingua

Formato

Copertina flessibile

COD: 10274 Categoria: Tag: , Product ID: 21328

Descrizione

1.

LOS ANGELES

Come down

I’ve been awake for days

Knocked out

By the sound of falling rain

Come down, yeah we’ll watch the sun just burn away the sky

(Los Angeles – Blink 182)

«Merda!» brontolò Grace Morgan, scostandosi i riccioli dalla fronte sudata. «Fa un caldo del diavolo!»

Stavano uscendo dal LAX, l’aeroporto di Los Angeles, dopo aver passato più di un’ora davanti ai rulli mobili, alla disperata ricerca dei loro bagagli.

Joel si era già cambiato due magliette da quando erano scesi dall’aereo e sentiva avvicinarsi il momento in cui sarebbe stato necessario un nuovo cambio d’abito. Dopotutto, quale miglior modo di approdare a Los Angeles, se non con una ventata di aria soffocante sparata dritta in faccia?

«Quoto la Bionda» sospirò Joel, mentre si caricava il borsone sulla spalla.

«Ditemi che la navetta che ci viene a prendere è fatta di ghiaccio e guidata da due pinguini!»

Charlie Fisher osservò la sua ragazza con un sorriso sbilenco, la custodia della sua Gibson spuntava oltre la spalla in tutta la sua gloria. «Perché due?»

«Uno guida l’igloo-mobile e l’altro mi massaggia le spalle!» replicò Grace senza fare una piega.

Dal giorno in cui li aveva conosciuti, quando ancora non erano una coppia, ma solo amici d’infanzia, quei due non erano cambiati di una virgola, nonostante fossero trascorsi quasi sette anni. Era proprio questo il bello di Charlie e Grace, sarebbero sempre stati così: meravigliosamente unici.

Joel diede un’occhiata intorno a sé, si erano spostati verso il parcheggio del terminal 7 e stavano aspettando l’arrivo di Dave, agente e manager degli ScreamDreams. Era atterrato qualche ora prima per mettere a punto alcuni dettagli relativi alla loro permanenza e sarebbe dovuto andare a recuperarli per portarli in hotel.

Di lì a una decina di giorni, i ragazzi avrebbero tenuto il loro primo concerto nella città degli angeli e la tensione era alle stelle.

Joel toccò le bacchette che aveva ficcato nella tasca posteriore dei jeans, una sorta di gesto antistress che lo faceva sentire vicino alla sua amata batteria. Invidiava Charlie perché poteva portarsi dietro la chitarra ovunque volesse, lui, invece, durante il viaggio in aereo, non aveva fatto altro che pensare all’altra metà della sua anima, la sua adorata Winnie.

Sì, aveva dato un nome alla batteria e non se ne vergognava.

«Credo sia lui» annunciò Charlie a un certo punto. Aveva la mano poggiata sulla fronte per proteggersi dal sole assassino che cercava di accecarli.

«Finalmente! Ho assoluto bisogno di tuffarmi in una vasca o una doccia. A proposito, avremo la vasca in hotel?» domandò Joel, perplesso.

Il suo più caro amico lo fissò con un sopracciglio alzato. «È così fondamentale saperlo?»

Joel sfoggiò un sorriso ammiccante e sfilò le bacchette dalla tasca, cominciando a picchiettarle sulle spalle di Charlie.

«Ovviamente, Fish. La vasca mi permetterebbe di fare dei giochini divertenti…»

Grace si voltò e lo guardò con sarcasmo. «E con chi? Con la tua paperella di gomma?»

Charlie scoppiò a ridere e Joel finse una fitta al cuore. «Questo è un colpo basso, Bionda!»

La conversazione fu interrotta dall’arrivo di un minivan grigio con i finestrini oscurati guidato da un individuo allampanato, con lunghi capelli castani stretti in un codino.

«Dave, ma che cavolo! Ci stavamo squagliando! Da dove dovevi arrivare, dal Messico?»

Il manager scoppiò a ridere mentre apriva le portiere e scendeva per aiutarli a caricare i bagagli.

«Anche tu mi sei mancata, Grace. Com’è andato il viaggio?»

«Ho bisogno di Winnie…»

Dave alzò gli occhi al cielo. «L’ho già fatta portare allo studio di registrazione. Dammi tregua, Joel.»

Una volta sistemate le valigie e la chitarra, i ragazzi salirono a bordo del mezzo, beandosi dell’aria condizionata a palla che usciva dai bocchettoni.

Il tragitto fu abbastanza rumoroso: Dave e Charlie non facevano che parlare del concerto, di questo o quel tipo di allestimento, degli appuntamenti per le registrazioni, del tecnico delle luci che sembrava non avere idea di cosa dovesse fare. Grace era taciturna e fissava il paesaggio brullo scorrere al di là del vetro, immersa nei suoi pensieri. Con molta probabilità stava immaginando di fotografare ogni cosa.

Joel era seduto con gli occhiali da sole calati sul viso e le bacchette in mano. Guardando nello specchietto retrovisore, il suo sguardo scivolò sulle mani di Charlie e Grace, intrecciate sul sedile, e un sorriso affiorò spontaneo sulle sue labbra.

Aveva conosciuto Charlie all’età di tredici anni, grazie a un’altra passione che li accomunava, quella per il nuoto. Erano diventati amici quasi subito e, a quindici anni, avevano formato il loro primo gruppo musicale, i Fisherman’s Horizon, che si era però sciolto subito dopo il diploma.

Grace era entrata nel suo mondo quando lui e Charlie avevano diciassette anni. All’epoca Charlie stava con un’altra ragazza, Nicole, ma ciò che lo legava a Grace, sua amica d’infanzia sin dall’asilo, era un sentimento troppo forte per poter essere ignorato. Joel ricordava ancora tutto lo strampalato percorso che quei due avevano fatto prima di capire cosa provassero l’uno per l’altra. Tutto il mondo se n’era accorto, tranne loro. Lui, in particolare, ci aveva sbattuto il muso più volte, perché all’epoca si era preso una bella sbandata per Grace.

Arrivarono al centro di Los Angeles dopo circa quaranta minuti e oltrepassarono lo Staples Center e il palazzo della Microsoft, dirigendosi verso il Luxe City Center Hotel.

«Andiamo al Luxe?!» Joel si spalmò contro il finestrino, riempiendosi gli occhi e assaporando già la stanza superlusso in cui avrebbe soggiornato.

Dave, però, non entrò all’interno del parcheggio dell’hotel, ma lo aggirò, infilandosi in una via laterale. I sogni di gloria di Joel sfiorirono in meno di un minuto quando il minivan si fermò davanti a una struttura meno moderna e, a prima vista, meno lussuosa.

«Eccoci arrivati!» esclamò giulivo il manager, spegnendo il motore.

«Hotel Turmeric… mai sentito nominare» commentò Grace, prendendo subito in mano la sua Reflex. «Sembra carino!»

«Sembra orrendo.»

Charlie alzò gli occhi al cielo e si slacciò la cintura di sicurezza. «Andiamo, Joel, non fare il guastafeste!»

«Io volevo andare al Luxe…»

«C’è troppo movimento al Luxe ed è il primo posto in cui i fan vi verrebbero a cercare. Per amore della vostra privacy ho preferito scegliere un hotel di pari categoria, ma meno esposto e conosciuto. Mi ringrazierete dopo.»

Dave scese dall’auto e si avvicinò a un valletto che li attendeva di fronte all’hotel, con una camicia verde bottiglia e un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Li aiutò con i bagagli, che vennero prontamente impilati su un carrello, e tentò anche di sfilare la chitarra dalla spalla di Charlie, ma, per quel gesto, si guadagnò un’occhiataccia da parte di Grace.

«La Gibson non si tocca» grugnì la ragazza e il valletto ritirò le mani come se fosse stato morso da un piranha.

Anche se l’esterno aveva deluso le sue aspettative, quando vide l’interno, Joel cominciò a ricredersi. La hall era uno spazio immenso, arredato con gusto in modo semplice ed elegante, con numerosi divani dallo stile moderno e dai colori sobri.

«Okay, forse non è orribile» esclamò Joel, «mi riservo di esprimere il giudizio definitivo dopo aver visto se in camera c’è la vasca…»

Dave ridacchiò mentre si avvicinava alla reception, seguito dai tre ragazzi e dal valletto con il carrello. Il bancone era di marmo bianco, sormontato da un ripiano di colore blu scuro dello stesso materiale. Oltre quello, sulla destra, si apriva una graziosa terrazza verandata, separata dalla hall da un’ampia vetrata e occupata da numerosi tavoli bassi circondati da divanetti e poltrone sui toni del beige e del tortora, e tavoli più alti con sedie di vimini.

D’accordo, era piuttosto carino come posto.

La signora che sedeva dietro al bancone, tuttavia, aveva un aspetto arcigno e un’aria scocciata, come se l’avvicinarsi di altri esseri umani alla reception fosse di per sé qualcosa di inaudito.

«Salve, sono David Moore, e loro sono gli ScreamDreams» annunciò Dave con un sorriso. Notando l’impassibilità della receptionist, lui si schiarì la voce. «Sa, la band musicale.»

Se si era aspettato un’accoglienza calorosa, Dave venne ampiamente deluso, perché alla donna sembrava non importare un cavolo di chi fossero. Forse nemmeno sapeva il significato del termine «band musicale», visto che sembrava uscita dal mesozoico.

«Dovremmo fare il check-in, comunque. Ho prenotato tre stanze al piano attico per oggi e altre due in arrivo venerdì.»

L’affabile signora si alzò senza proferire parola e allungò una mano nella loro direzione. «Documenti.»

I ragazzi si guardarono e cominciarono a rovistare nelle tasche, mentre Dave continuava a parlare con la tizia, la cui vitalità era pari a quella di un manico di scopa.

Joel appoggiò il passaporto sul bancone e sospirò. Non vedeva l’ora di prendere la chiave, levarsi di dosso gli abiti sudati e sporchi e buttarsi a letto.

Grace nel frattempo aveva estratto la sua macchina fotografica dalla custodia e aveva cominciato a scattare foto all’ambiente, come se nascondesse chissà quale meraviglia. Joel non riusciva a capire cosa ci trovasse di interessante in quel posto, così simile a tanti altri che avevano visitato. Grace, però, aveva la straordinaria capacità di catturare con uno scatto cose che risultavano invisibili a occhio nudo e Joel l’aveva sempre ammirata per questo. Non a caso era diventata la fotografa ufficiale del gruppo sin dal loro esordio.

Dopo circa dieci minuti di conversazione unilaterale, Dave si voltò verso i ragazzi con le tessere delle camere.

«Siamo all’ultimo piano, il sesto» spiegò riponendo il passaporto all’interno del portafogli.

Charlie inclinò la testa di lato. «Tutti quanti?»

«Sì. Così ci sarà più facile organizzare il concerto anche da qui. I ragazzi della security arriveranno a breve e si sistemeranno in modo da controllare gli accessi al piano, così che nessuno possa accedere senza permesso. Per lo stesso motivo, la Direzione ci ha assicurato che nessun’altra stanza di quel piano sarà occupata durante la nostra permanenza, in modo da essere più tranquilli.»

«Fa tanto Shining» commentò Grace, «sicuro di non avere un’ascia nella valigia?»

Dave sghignazzò. «Credi che sarei riuscito a superare i controlli al LAX?»

Grace si picchiettò l’indice sul mento. «Chi lo sa, magari hai un talento nascosto come serial killer. Magari non arriveremo vivi al concerto…»

«Magari hai bisogno di dormire, Fiorellino. Stai vaneggiando.» Charlie cinse Grace in vita e le scoccò un bacio sulla tempia, mentre lei gli faceva una linguaccia. Erano disgustosamente adorabili quei due.

«Ora concediamoci il resto della giornata per riposare un po’. Andate in camera, sistematevi, rilassatevi. Ci vediamo qui verso le otto per la cena, d’accordo?»

«Credo che non appena appoggerò la testa sul cuscino cadrò in coma» sbadigliò Charlie, passandosi la chitarra da una spalla all’altra.

Grace gli lanciò un’occhiataccia. «Ma davvero?»

Un sorriso sbarazzino curvò le labbra del suo amico. «A meno che la mia ragazza non abbia altri piani…»

«La tua ragazza ce li ha, ma potrebbe decidere di metterli in atto con Joel, a questo punto» ipotizzò.

«Joel è d’accordo» disse lui, sfoderando un sorriso smagliante.

Charlie fece una smorfia. «Non avevo dubbi. Non dovevi giocare nella vasca tu?»

Dave scosse la testa e si avviò all’ascensore. Assisteva a scene come quelle in continuazione, per lui non erano nulla di nuovo.

«Ragazzi, fate come vi pare, io vado in camera ad affilare la mia ascia… ah, no, intendevo a farmi una doccia!»

Con un ghigno, Dave sparì oltre le porte automatiche dell’ascensore, mimando dei colpi con un’ascia invisibile.

Grace incrociò le braccia al petto e annuì lentamente. «Ve l’avevo detto! È un serial killer in incognito!»

Joel si voltò verso Charlie e lo osservò mentre guardava Grace in quel modo speciale, unico, un modo che racchiudeva tutto quello che il suo amico provava per quella bizzarra e frizzante biondina.

Charlie aveva sempre guardato Grace così, come se lei fosse la risposta a ogni quesito dell’universo.

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