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Crudelic contro la casta malefica ovvero Io, il Sindaco, il Maestro e Crudelic

Cari lettori ed elettori, leggiadre lettrici ed elettrici, accendete tutte le luci, mettetevi comodi e versatevi un chinotto, state per incontrare gli strambi abitanti di Pagomì/Pagatì, piccolo paesino in provincia di Chievo. L’io narrante, Samantho Capuleto, impiegato, sindacalista, consigliere comunale e soprattutto amico del “molto comunista” incacchiato Crudelic, si ritrova a lottare suo malgrado contro la casta e la speculazione edilizia. Per fortuna a consolarlo a volte c’è Nene, l’ultimo neurone della bellissima, sfortunatissima, segretaria comunale Filomena Trina.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

16 novembre 2018

ISBN-13

978-8856796612

Lingua

Formato

Copertina Flessibile

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COD: 8441 Categoria: Tag: Product ID: 21208

Descrizione

AVVERTENZA

Cari lettori ed elettori, leggiadre lettrici ed elettrici,
il mio amico e compagno Galileo Oselin mi ha raccomandato di precisare, all’inizio di questo racconto, che ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti è del tutto casuale.

Come diceva quell’adorabile maestro di vita del compagno Ferrini, non capisco ma mi adeguo. Quindi, lo premetto: ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti è del tutto casuale.

Ma scrivo di cose che, facendo il sindacalista ed anche il consi­gliere comunale di Pagomì-Pagatì, piccolo paesino in provincia di Chievo, mi sono davvero successe. Magari per caso, come mi dice di scrivere Galileo, ma sono accadute. Eccome se sono acca­dute.

Del resto, come ho verificato parlando con alcuni miei colleghi politicanti, in tutto il Belpaese non è difficile imbattersi in situa­zioni o persone che possono essere in qualche modo somiglianti – del tutto casualmente, beninteso – a quelle contenute in questa umile narrazione. Che magari vi farà ridere, ma forse anche capi­re che la speculazione edilizia e la politica cementificatoria non sono uno scherzo.

Comunque sono contento se ci riderete sopra, magari a causa delle sparate del mio amico Crudelic. Meglio morire dal ridere che morire asfissiati dallo smog e dalle polveri sottili.

Questo libro, seppur senza volere, castigat ridendo mores, come ha commentato il compagno Oselin, precisandomi che i “mores” non sono le persone abbronzate ma i costumi: le abitudini della gente, insomma. E come leggerete, Crudelic castigar. Eccome se castigar! Non tanto le abitudini. Ma proprio la gente.

Tanto premesso, nell’esternare a tutti voi egregi lettori ed elettori, nonche tutte l gentilissime lettrici ed elettrici, i sensi della mia smirurata stima ed immensa gratitudine per l’attenzione, vi saluto, ossequiandovi rispettosamente e augurandovi fervida­mente una buona lettura.

Il vostro affezionato, nonché umile, narratore di provincia, Samantha Capuleto.

PERSONAGGI PRINCIPALI

Samantha Capuleco lo narrante. Il suo nome di battesimo è Samantha, ma desidera essere chiamato Sam. Vorrebbe solo una vita tranquilla. Ma la politica, il sindacato e l’amicizia con Cru­delic non glielo consentono.

Galileo Oselin Professore e segretario del Partito Poco Progres­sista. Cerca di evitare che il Sindaco, Samantha, Piero e Crudelic facciano troppi danni.

Licio Crudeli, detto Crudelic Meraviglioso, screanzato, scrite­riato. E soprattutto moltocomunista e molto acceso tifoso del Chievo.

Piero Porton Piccolo e tutto nervi. La mente del Partito Mol­tocomunista di Pagomì. Lavora anche come investigatore presso l’Agenzia Ociochetevedo.

Il Sindaco Fosco Cupo Sindaco di Pagomì. Fosco e cupo come il suo nome. Fa politica per perseguire i suoi interessi da sinistra; Ma gli elettori non l’hanno ancora capito.

Il Maestro Leader dell’opposizione. Trama nell’ombra. Fa po­litica per perseguire i suoi interessi da destra. Ma anche i suoi elettori non l’hanno ancora capito.

Prof. Cesare Mezzasalma Consigliere comunale dell’opposi­zione. Persona onesta e dotta. Vicino di casa di Sam, dal quale è molto apprezzato. Meno apprezzato da Crudelic, che lo conside­ra un “fassista”.

Dott.ssa Filomena Trina Segretaria comunale. Biondissima, bellissima, stronzissima. Secondo Crudelic, anche molto vacca.

Nene il solitario neurone di Filomena. Surreale e solidale (con Samantho).

Ugo Bigola Consigliere di opposizione. Non è una gran bella persona. Sembra che anche sua mamma non straveda per lui. Ha una intelligenza paragonabile a quella di una gallina ovaiola del Triveneto meridionale.

Cav. Carlino Gentilini Titolare del Mobilificio Gentilini S.r.l.,  amico del Sindaco e datore di lavoro di Sam e di Crudelic (per il quale è un paron capitalistico confindustrial dotor ingegner ca­calier fiol de na putana molto troia).

Nana Zokolova Amica di Piero Porton e Crudelic Trans molto b Ila e moltocomunista. Sedicente ex agente del KGB.

ALTRI PERSONAGGI

Dario Lampa Detto anche Lampa Dario. Un cittadino che ce l’ha con Samantho per motivi misteriosi

Beniamino Cantacessi Poeta avvinazzato e derelitto.

Marco Macedonie Consigliere di maggioranza non allineato.

Benigno Bisognin Presidente del consiglio comunale di Pago­mì.

Bruna Baristo

Marisa Barista

Pitonzo, Culella, Pisciacane Consiglieri di maggioranza

Mario Pallonazzo capo reparto, collega di lavoro di Sam. Pren­de di punta Crudelic e scopre ben presto che non è stata una buo­na idea.

Fabio Delatori, Gianni Pigliapoco, Paolo Pacifico Colleghi di lavoro di Sam e Crudelic.

Giusy Pissina Segretaria del cavalier Gentilini.

Cesare Carlomagno Pirillo Avvocato di Gentilini.

COLONNA SONORA

Nebbia in Valpadana (Cochi e Renato)

Cemento armato (Le Orme)

Il ragazzo della via Gluck (Adriano Celentano)

Spacco tutto (Radici nel cemento)

Facile (Lo Stato Sociale, Luca Carboni)

Pronto, buongiorno è la sveglia (Pooh)

Io che non sono l’Imperatore (Edoardo Bennato)

Eravamo quattro amici al bar (Gino Paoli)

Padre e figlio (Ruggero de I timidi)

Un albero di trenta piani (Celentano)

Povera patria (Franco Battiate)

Cosa mi manchi a fare (Calcutta)

Ciao ciao bambina (Domenico Modugno)

Ha perso la città (Niccolò Fabi)

Destra Sinistra ( Giorgio Gaber)

Nuntereggae più (Rino Gaetano)

Na Bruta Banda (Pitura Freska)

CAPITOLO 1

Filomena e la pornografia misteriosa

Tornato a casa dal lavoro, avevo letto una storia dell’ultimo To­polino, fresco fresco di edicola, per poi accendere la televisione ed ascoltare le notizie del tiggì. Non di politica, perché come si dice che i pasticceri non mangiano i dolci, così io, che nel mio piccolo faccio politica a livello locale, non seguo i politicanti nazionali. Perché spesso mi deludono e mi lasciano sconfortato, come un barboncino al quale un alano abbia appena fatto la pipì sul muso.

Si erano oramai fatte le 19.30 e tra poco avrei dovuto tradire il mio divano per lo scranno di legno, molto più scomodo, del consiglio comunale di Pagomì: ridente cittadina sita in provincia di Chievo, come sanno tutti, anche quelli che, come me, giocava­no a Risiko durante le lezioni di geografia e hanno pertanto più dimestichezza con Alberta, Jacuzia e Cita che con Egitto, Veneto Austria.
Tra le tante stranezze di Pagomì, delle quali vi racconterò, c’è anche quella di avere un doppio nome. Infatti, Pagomì, in dia­letto veneto vuol dire “pago io” e da tempo immemorabile molti hanno giocato su quel significato, soprattutto al bar. Nel senso che il poveraccio che nominava il paese, dicendo Pagomì, si senti­va prontamente rispondere dagli altri “grazie paga ti;’ spesso con l’immediata fuga di tutti i mattacchioni, che lasciavano il malca­pitato solo davanti al barista col cerino – anzi, col portafogli – in mano. È pertanto invalsa, almeno al bar, la prudente usanza di molti indigeni, che non volevano rassegnarsi a pagare tutto loro, di chiamare il loro paese “Pagatì”. Naturalmente innescando una catena di “no pagatì’: “pagatì’: “ma no pagatì”.

Insomma, ormai lo avete capito, cari lettori ed elettori, gentili lettrici ed elettrici: Pagatì è la seconda denominazione di Pago­mì: uno dei pochi paesi ad avere il vezzo aristocratico del doppio nome, come Carlo Alberto, Vittorio Emanuele o Alberto Ma­ria.

Dunque non stupitevi se qualche volta spunterà il nome Pagatì al posto di Pagomì. Si tratta della medesima cittadina in provin­cia di Chievo nella quale imperversano tragici personaggi come il mio amico Crudelic. Una cittadina veneta ed anche molto ita­liana, perché non c’è nulla di più italiano del cercare di far sem­pre pagare gli altri.

***

Non che l’idea di andare in consiglio comunale mi entusia­smasse. Non mi ero dimenticato della serata da tregenda della precedente adunata, quando un assessore si era messo a piangere, commosso, per una ventina di minuti nel presentare una delibe­ra relativa alla televisione della casa albergo per anziani che era eroicamente riuscito a far sostituire. E poi un consigliere del mio partito (il Partito Poco Progressista, che è in maggioranza) ed uno della opposizione (Casa Nostra) erano venuti alle mani su una mozione riguardante il colore da dare alla stanza fotocopie adiacente alla sala consiliare.

Mi dava anche fastidio il fatto che all’inizio dell’adunanza il Presidente del consiglio, facendo l’appello, scandisse sempre il mio nome e cognome, ai quali seguiva immancabilmente qual­che sommesso risolino. Non per il cognome (Capuleto), ma per il nome (Samantho), che i miei genitori vollero affibbiarmi (non facendomi mancare neppure la “h” tra la “t” e la “o” ) in un mo­mento della loro vita che doveva essere stato piuttosto problema­tico, se non addirittura parecchio preoccupante per la loro salute psico-fisica, probabilmente compromessa da qualcosa di simile alla psicosi schizofrenica ansiosa-depressiva, con tendenza alla crudeltà mentale ed all’esternazione di madornali boiate.

Per fortuna, a mia consolazione c’è da dire che la natura è stata molto più sobria dei miei genitori e, a parte il nome, per il resto sono un tipo piuttosto mainstream, anche nel fisico: non troppo alto, né troppo basso; capelli ed occhi castani; senza barba, baffi, occhiali o tatuaggi; lineamenti regolari; piuttosto carino, persi­no, ma senza esagerare.

Comunque, di solito, nella vita di tutti i giorni, amici, conoscen­ti ed interlocutori occasionali mi chiamano, su mia richiesta e pre­ghiera, semplicemente “Sam;’ che è più maschile e simpatico, come nome. Quasi sempre e quasi tutti. quasi tutti, perché, ad esempio, Filomena non ne vuol sapere di chiamarmi semplicemente Sam, trovando più “carino” – mannaggia a lei – quel barocco “Saman­tho”. quasi sempre, perché, ad esempio in occasioni ufficiali – o addirittura istituzionali, quali i consigli comunali – non si può pretendere di essere chiamati con un diminutivo. Ci vuole il nome completo e ufficiale. Per la verbalizzazione. Almeno, così mi ha spiegato il presidente del consiglio Benigno Bisognin.

Vabbè, capperini, pazienza! Oramai mi ero rassegnato. L’ap­pello, per fortuna, durava un attimo. Il consiglio vero e proprio, invece, poteva durare anche tre o quattro ore.

A volte era interessante. A volte meno. A volte era tranquillo. A volte no. Ma oramai ero un veterano di quell’aula. Avevo scelto io di ricandidarmi per la terza volta. E dovevo andarci, di buona o mala voglia, se non volevo sentire poi i rimbrotti del Sindaco e dell’amico Galileo Oselin, il segretario del mio partito.

Sono pur sempre un uomo delle Istituzioni, uno dei compo­nenti della cosiddetta Casta di Pagomì. Il che ha i suoi vantaggi. Ad esempio, lavoro come contabile presso il Mobilificio del ca­valier Carlino Gentilini, grazie al Sindaco che è un buon ami­co del predetto; e sto benissimo, facendo più il sindacalista che l’impiegato.

Forse non lo sapete, ma fare il sindacalista in una azienda me­dio-grande può essere una pacchia. Almeno nel mio caso, grazie anche alla politica, lo è. Tra permessi sindacali, aspettative e con­gedi da consigliere comunale, non posso davvero lamentarmi. Sono anche riuscito -sempre grazie alla raccomandazione del Sindaco, oltre che alla insistenza di Galileo Oselin -a far assu­mere Crudelic.

Tra un po’ avrò modo di parlarvi spesso di Crudelic e Oselin, oltre che di Piero e del Sindaco, tutti personaggi importanti del­la mia narrazione. Per intanto, vi anticipo che Crudelic non è una specie di supereroe, nonostante il nome, che in realtà è un soprannome. Non ha nulla di super e niente di eroico. Io, lui e Oselin avevamo fatto politica assieme nello stesso partito, ai tempi del Partito Poco Comunista. Prima ancora eravamo stati in classe assieme, alle elementari e alle medie.

Dopo la licenza media superiore, Galileo Oselin si era iscrit­to alla Facoltà di Filosofia ed era diventato un professore della materia. Io avevo fatto i cinque anni della Scuola per Ragionieri e poi avevo fatto l’impiegato contabile in varie aziende, fino ad approdare al Mobilificio Gentilini. Crudelic, invece, aveva oc­cupato prima il Liceo Artistico, dal quale fu cacciato; poi una Fabbrica Metalmeccanica, dalla quale fu licenziato; quindi due capannoni, una cooperativa agricola, un canile e tre case, dalle quali fu regolarmente sfrattato, senza però aver mai subito l’onta di pagare l’affitto.

Ma nonostante i diversi percorsi scolastici e di vita, non ci era­vamo mai persi di vista. Continuavamo ad essere amici e a fre­quentarci come durante gli otto anni passati a scuola, quando spiavamo assieme le compagne di classe mentre si spogliavano in palestra; insieme ci colpivamo vicendevolmente coi cancellini della lavagna durante le ore di matematica; e sempre assieme usa­vamo i telefoni pubblici (che allora c’erano ancora) per ravvivare le notti degli insegnanti che ci stavano sulle palle.

Sono queste le cose che uniscono, molto più della politica, che in seguito ci ha visti divisi quanto ad appartenenza partitica, ma sempre amici e compagni: compagni di vita, se non più di par­tito. Anzi, per essere precisi, io e Galileo Oselin eravamo anco­ra nello stesso partito: il PPP, Partito Poco Progressista (nuovo nome del Partito Poco Comunista), del quale Oselin era segreta­rio ed io un consigliere comunale; mentre Crudelic era militante e consigliere del PMC, il Partito Molto Comunista, nato dalla scissione del Partito Poco Progressista dopo che aveva appena cambiato nome.

Non è stato facillimo farlo assumere dal Mobilificio Gentilini. Si dice facillimo? Mi sembra di sì, anche se non ci giurerei, aven­do perso molte lezioni per fare le porchezzuole (forse non si dice neppure porchezzuole…) a casa di Cristina, una mia ex dei tempi di Ragioneria, quando i suoi genitori erano assenti.

In effetti, trovo che la nostra lingua abbia troppe parole. Così è difficile fare lo scrittore o anche semplicemente narrare una storia. A voler essere artisti, è meglio fare il musicista o il pittore. Il musi­cista ha a che fare con solo sette note, non con migliaia di parole.

Ed anche il pittore ha a che fare con un numero non infinito di colori. Che poi ci sono anche i pittori naif e i disegnatori in bianco e nero, mentre non esistono scrittori che usino solo due parole. Vabbè, tornando a noi, dicevo che non è stato molto facile far assumere Crudelic. Così come non è sempre facile sopportare uno come lui. Avrete senz’altro modo di accorgervene da soli. Ma il sottoscritto non è tipo da non aiutare un vecchio amico, anche se troppo effervescente, folle, vivace, scavezzacollo, scemo e rompipalle. Ed anche un po’ puzzone.

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