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Elevation

10,90

Scott Carey sta percorrendo senza fretta il tratto di strada che lo separa dal suo appuntamento. Si è lasciato alle spalle la casa di Castle Rock, troppo grande e solitaria da quando la moglie se n’è andata, se non fosse per Bill, il gattone pigro che gli tiene compagnia.

Non ha fretta, Scott, perché quello che deve raccontare al dottor Bob, amico di una vita, è davvero molto strano e ha paura che il vecchio medico lo prenda per matto. Infatti Scott sta perdendo peso, lo dice la bilancia, ma il suo aspetto non è cambiato di una virgola. Come se la forza di gravità stesse progressivamente dissolvendosi nel suo corpo.

Eppure, nonostante la preoccupazione, Scott si sente felice, come non era da molto tempo, tanto euforico da provare a rimettere le cose a posto, a Castle Rock.

Tanto, da provare a riaffermare il potere della parola sull’ottusità del pregiudizio. Tanto, da voler dimostrare che l’amicizia è sempre a portata di mano. In un racconto di rara intensità, che è anche un omaggio ai suoi maestri, King si prende la libertà, più che legittima, di dare una possibile risposta alle tristi derive del nostro tempo.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

19 febbraio 2019

ISBN

978-8855440196

Lingua

Formato
Copertina flessibile

€ 10,90

COD: 5865 Categoria: Tag: Product ID: 20751

Descrizione

SCOTT Carey bussò alla porta dell’appartamento degli Ellis, e Bob Ellis (agli Highland Acres lo chiamavano tutti «dottor Bob», anche se era in pensione da cinque anni) lo fece entrare. «Bene, Scott, eccoti qui. Le dieci spaccate. Allora, che cosa posso fare per te?»

Scott era un uomo grande e grosso, alto più di un metro e novanta senza scarpe, e con la pancia lievemente sporgente. «Non ne sono sicuro. Probabilmente non è niente, ma… ho un problema. Spero non sia nulla di serio, però potrebbe anche esserlo.»

«Qualcosa di cui non ti va di parlare con il tuo medico curante?» Ellis aveva settantaquattro anni, i capelli brizzolati che cominciavano a diradarsi e una lieve zoppia, che però non lo rallentava più di tanto sui campi da tennis. Ed era proprio lì che lui e Scott si erano conosciuti, ed erano diventati amici. Non amici per la pelle, forse, ma sicuramente amici.

«Ci sono andato, invece», disse Scott, «e ho fatto un check-up completo. Meglio tardi che mai. Sangue, urine, prostata, insomma, tutto. Non mi sono fatto mancare nulla. Il colesterolo è un po’ alto, ma comunque nei limiti. Era soprattutto il diabete a preoccuparmi. WebMD lo indicava come la causa più probabile.»

Finché Scott non si era reso conto di quella cosa dei vestiti. Una faccenda che non si trovava su nessun sito web, medico o no. E che sicuramente non aveva niente a che fare con il diabete.

Ellis lo guidò in salotto, dove una grande finestra a bovindo si affacciava sul quattordicesimo green del comprensorio privato di Castle Rock, dove viveva insieme alla moglie. Il dottor Bob giocava anche a golf, di tanto in tanto, ma continuava a preferire il tennis. Era sua moglie che adorava il golf, e Scott sospettava che fosse quello il motivo per il quale abitavano lì, quando non trascorrevano l’inverno in una struttura simile e ugualmente attrezzata della Florida.

Ellis disse: «Se cerchi Myra, è a una riunione del suo Gruppo di donne metodiste. O almeno credo, perché potrebbe trattarsi invece di uno dei tanti comitati cittadini di cui fa parte. Domani va a Portland, per una conferenza della Società micologica del New England. Non fa che saltare da un posto all’altro, come un pollo su una griglia bollente. Togliti il giaccone, siediti e dimmi cosa ti passa per la testa».

Benché fossero solo i primi di ottobre e non facesse ancora particolarmente freddo, Scott indossava una giacca a vento della North Face. Quando se la tolse, sistemandola accanto a sé sul divano, le tasche tintinnarono.

«Ti va un caffè? Un tè? Credo ci siano anche dei pasticcini, se vuoi…»

«Sto perdendo peso», lo interruppe bruscamente Scott. «Ecco cosa mi passa per la testa. È divertente, in un certo senso. Mi sono sempre tenuto alla larga dalla bilancia perché negli ultimi dieci anni non ero entusiasta delle notizie che mi dava. E ora, tutte le mattine, la prima cosa che faccio è salirci sopra.»

Ellis annuì. «Capisco.»

Non c’era alcun motivo per il quale Ellis dovesse evitare la bilancia, pensò Scott; era quello che sua nonna avrebbe definito un’acciuga. Probabilmente sarebbe campato altri vent’anni, se dal mazzo non fosse uscita una carta a sorpresa. E forse, chissà, sarebbe arrivato a cento.

«Capisco perfettamente chi si tiene alla larga dalla bilancia: è una sindrome nella quale mi sono imbattuto spesso, quando ancora esercitavo. E lo stesso vale per la tendenza compulsiva a pesarsi. Di solito capita soprattutto ai bulimici e agli anoressici. Ma non mi pare che tu appartenga a una delle due categorie.» Si protese in avanti, con le mani intrecciate tra le cosce magre. «Lo sai che sono in pensione, vero? Questo significa che posso dare consigli, ma non prescrivere ricette. E probabilmente il mio consiglio sarà di tornare dal tuo dottore, e raccontargli tutta la verità.»

Scott sorrise. «Ho il sospetto che il mio dottore mi spedirebbe immediatamente in ospedale con una sfilza di esami da fare, e il mese scorso ho preso una commessa di quelle grosse: devo progettare una serie di siti web interconnessi per una catena di grandi magazzini. Non entrerò nei dettagli, ma si tratta di un lavoro molto redditizio, e sono davvero fortunato a essere stato scelto. Per me è un grosso passo in avanti, e posso farlo senza muovermi da Castle Rock. Sono i vantaggi dell’era dei computer.»

«Ma non puoi lavorare, se ti ammali», disse Ellis. «Sei un tipo intelligente, Scott, e sai di sicuro che la perdita di peso può essere una conseguenza del diabete, ma anche del cancro. Tra le altre cose. Di quanti chili stiamo parlando?»

«Di quasi tredici chili.» Scott guardò fuori dalla finestra e osservò i cart bianchi spostarsi sull’erba verde, sotto un cielo azzurro. Sarebbe stata un’ottima foto per il sito degli Highland Acres. Era certo che ne avessero uno – ce l’aveva chiunque ormai, perfino i baracchini lungo la strada che vendevano mele e pannocchie – ma non era stato lui a crearlo. Ormai era passato a lavori ben più importanti. «Finora.»

Bob Ellis sorrise, mostrando una fila di denti ancora tutti suoi. «Sono un bel po’, in effetti, ma ho l’impressione che tu possa farne tranquillamente a meno. Ti muovi molto bene sui campi da tennis, per essere così grosso, e passi parecchio tempo sulle macchine, in palestra, però un peso eccessivo crea problemi non solo al cuore, ma a tutto l’organismo. E sono sicuro che tu lo sappia già. Lo avrai trovato su WebMD», concluse, alzando gli occhi al cielo e strappando un sorriso a Scott. «A quanto sei arrivato?»

«Prova a indovinare», rispose Scott.

Bob scoppiò a ridere. «Dove credi di essere, al tiro a segno? Non ci tengo a vincere una bambolina.»

«Per quanto tempo hai esercitato? Trentacinque anni?»

«Quarantadue.»

«E allora non fare il modesto: avrai pesato migliaia di pazienti per migliaia di volte.» Scott si alzò in piedi, in tutta la sua statura: un uomo grande e grosso in jeans, camicia di flanella e scarponi da lavoro Georgia Giants. Sembrava più un boscaiolo o un mandriano di cavalli che un web designer. «Prova a indovinare quanto peso. Del mio destino parleremo più tardi.»

Il dottor Bob scrutò con sguardo professionale il metro e novanta di Scott – anche un metro e novantacinque, con le scarpe ai piedi. Concentrò la propria attenzione soprattutto sul ventre che sporgeva sopra la cintura, e sui lunghi muscoli delle cosce, modellati dai pesi e dal bilanciere squat: tutti macchinari dai quali il dottor Bob si teneva alla larga, ormai. «Sbottonati la camicia e tienila aperta.»

Scott eseguì, mostrando una maglietta grigia con la scritta: UNIVERSITY OF MAINE ATHLETIC DEPARTMENT. Bob vide un torace ampio, muscoloso, ma con i primi segni di quei depositi adiposi che i ragazzini in vena di spiritosaggini chiamavano «tette da maschio».

«Allora, direi…» Ellis si concesse una pausa di riflessione, ormai coinvolto nella sfida. «Direi 106 chili. Forse 108. Vale a dire che, prima di cominciare a perdere peso, dovevi essere sopra i 120.

Devo ammettere che li portavi bene. Non avrei mai creduto che pesassi così tanto.»

Scott ripensò a quanto era stato felice quando, all’inizio del mese, aveva finalmente trovato il coraggio di salire sulla bilancia. In realtà, la sua si sarebbe potuta definire gioia allo stato puro. La rapidità e la regolarità con cui aveva perso peso da allora era preoccupante, certo, ma neanche poi troppo. Era stata la faccenda dei vestiti a trasformare la preoccupazione in terrore. Non c’era bisogno di consultare WebMD per capire che la storia dei vestiti era ben più che strana: era un’assurdità in piena regola.

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