Descrizione
Il vecchio tasso
I campi dorati ondeggiavano al vento e le cicale frinivano a più non posso. Il cielo era sgombro di nuvole e il sole cocente splendeva alto. Mia se ne stava seduta sotto al grande leccio ad aspettare Peo e Fukyo, i suoi migliori amici e compagni di classe. La scuola era finita finalmente, niente più strilli della maestra Carla e spiegazioni noiose, così adesso le giornate potevano essere vissute in libertà all’aria aperta.
Mia, Peo e Fukyo avevano un passatempo segreto che condividevano solo loro tre, tenendo all’oscuro gli altri ragazzini del paese e persino i loro genitori: costruire capannini e starvi dentro a ore, fingendo di vivere in un’altra epoca e raccontandosi storie. Talvolta un temporale distruggeva i legni legati insieme, un fatto che d’estate avveniva di rado, oppure, delle volte qualche cinghiale attratto dagli odori dei vari spuntini faceva irruzione nella notte lasciando tutto a soqquadro.
E ogni volta Mia, Peo e Fukyo si rimettevano all’opera con gioia, cantando e raccontandosi barzellette.
Quel giorno Peo e Fukyo erano in ritardo. Mia stava con il naso all’insù a fissare il cielo limpido e si lasciava cullare dal canto delle cicale, approfittando dell’assenza dei due amici per godersi la pace della natura. Poi un rumore improvviso tra i cespugli dietro di lei la fece trasalire e si alzò in piedi allarmata.
“Chi c’è?” chiese impaurita ma sforzandosi di avere un tono minaccioso.
Un attimo di silenzio e poi: “Il lupo cattivooo!”
E dalle frasche spuntarono Peo e Fukyo come tori impazziti.
“Scemi!- esclamò Mia con il cuore che le batteva all’impazzata- mi avete fatto prendere un colpo!”
Peo e Fukyo ridevano come matti: si divertivano troppo a tendere agguati a Mia proprio mentre se ne stava rilassata.
“Vabbe’ dai, non lo facciamo più!” disse Fukyo con aria da furbetto.
“Come non lo facciamo più?!” chiese incredulo Peo che non aveva afferrato l’ironia dell’amico.
“Come siete simpatici… però intanto stanotte abbiamo avuto visite. Venite a vedere!”
Mia fece strada tra gli alberi e arrivarono al capannino, in una radura.
“Ma che raz…”
Peo non terminò la frase e rimase a bocca aperta: era pieno di buche e residui di frutta rosicchiata.
“E se montassimo delle telecamere?- chiese Peo tutto animato- così potremmo filmare chi viene qui…
” Mia si mise a ridere. “Ma chi vuoi che ci venga… questa è tutta opera di un tasso…”
E come un’investigatrice professionista si mise a scrutare da vicino le buche e a maneggiare la terra portandosela al naso.
“Maschio di dodici chili.” disse seria e compiaciuta.
“Beh, diamoci una mossa, vediamo di spianare questo colabrodo e di dare una pulita intorno!” li spronò energico Fukyo.
“Sìììììì!” esultarono Peo e Mia in coro.
E così si fiondarono nel capannino a cercare gli attrezzi: Mia afferrò una pala, Peo un rastrello, Fukyo dei sacchetti per la sporcizia. S’infilarono i guanti e si misero al lavoro fischiettando allegri.
Mia non capiva proprio le sue compagne di scuola: se ne stavano davanti alla tv o chiuse dentro al bar a giocare al cellulare. E infatti non ci andava d’accordo, non ci parlava quasi mai, la prendevano anche in giro perché non frequentava danza e preferiva camminare nei boschi. Per lei non c’era niente di più bello che essere lì, nella natura: poter ascoltare le upupe e abbracciare gli alberi.
A volte Peo e Fukyo si scatenavano un po’ troppo e doveva pregarli di non urlare, perché non era giusto incrinare quel silenzio e spaventare a morte tutti gli uccellini. In fondo loro tre erano degli invasori nella casa degli animali, quindi dovevano portare rispetto, no?
Mentre Fukyo raccoglieva dei pezzi di frutta marcia disse: “Sapete cosa mi ha raccontato mio papà stamattina?”
“No!” risposero in coro Mia e Peo.
“Mi ha detto che quando c’è la luna piena succedono cose strane…”
“Cioè??” chiese in ansia Peo che già s’immaginava mostri e creature spaventose sbucare dalla terra.
Con aria seria Fukyo proseguì: “La luna è potente sapete… influisce su tutti gli animali e anche su di noi…”
Mia ascoltava estasiata: aveva sempre pensato che la luna avesse un grande potere. E la fissava ogni volta che diveniva piena, le piaceva restare in silenzio e farsi avvolgere dalla sua luce.
“E allora? Che succede? Cosa fa la luna?” chiese Peo sempre più in ansia.
Fukyo si fermò a fissarlo con un’aria tra il divertito e il professore, poi disse: “Ma, per esempio, può succedere che in casa si litighi di più, oppure che gli animali siano più taciturni, oppure ancora che il raccolto cresca più in fretta…”
“Sì è vero, questo me l’ha detto anche nonna Primula!” Lo interruppe Mia con entusiasmo.
Peo ascoltava a bocca aperta, poi dopo aver riflettuto disse: “Anche il mio gatto Meo sente la luna?”
“Sì Peo- rispose Mia sorridendo- ma non devi aver paura, è una cosa bella!”
A quella parole Peo parve sollevato e respirò a pieni polmoni dopo esser rimasto in apnea. Mia sapeva che a volte bastava niente per gettarlo in confusione o nel panico, e allora, appena iniziava a manifestare disagio, cercava subito di rassicurarlo. Peo aveva un fratello più grande che lo torturava e lo trattava come uno schiavetto, e per questa ragione lo temeva. Forse era per questo che aveva sviluppato la paura di tutto.
Mentre sistemava la terra tutta concentrata, Mia disse: “Sapete… io ci parlo con la luna…”
Si pentì poco dopo di averlo confidato ai suoi amici la sua paura era che la prendessero in giro; invece, sia Peo che Fukyo la guardarono con stupore e Fukyo sorrise, poi aggiunse: “È una bella cosa… a volte capita anche a me.”
“Davvero??” Gridò Mia che per l’entusiasmo aveva fatto cadere la pala sul piede di Peo.
“Ohi ohi il pollicione!” iniziò a saltellare Peo.
E tutti e tre scoppiarono a ridere.
“A me è venuta fame, che ne dite se ci facciamo uno spuntino e finiamo dopo?”
Ovviamente Mia e Peo erano d’accordo e non se lo fecero ripetere due volte, così si sistemarono all’interno del capannino e apparecchiarono tutte le cibarie su una stuoia.
Intorno a loro il bosco scoppiava di vita: insetti, farfalle, lucertole, pigliamosche, pettirossi, ricci addormentati, serpenti innocui storditi dal caldo e così via.
Non sapevano che non molto lontano dal capannino c’era uno strano signore, si era seduto all’ombra di un albero, tenendo gli occhi chiusi, e vi rimase a lungo, fino a notte fonda.
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