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Il profumo della rosa di mezzanotte

11,00

India, Darjeeling. È il centesimo compleanno di Anahita Chavan. Nonostante la sua famiglia si stia riunendo per festeggiarla, lei è avvolta da una nuvola di tristezza. Non c’è giorno che non pensi a suo figlio, che tutti credono morto da bambino. Ma il suo istinto sottile le dice che non è così: Anahita sa in qualche modo che è ancora vivo. Per questo consegna al nipote Ari un manoscritto dove ha annotato la storia della sua vita, nella speranza che il giovane possa scoprire quanto è davvero accaduto. Inghilterra, Dartmoor. La bella e famosa attrice americana Rebecca Bradley si trova ad Astbury Hall, l’antico castello scelto come set del suo nuovo film. Lord Astbury, schivo proprietario del maniero, si mostra fin troppo gentile nei suoi confronti e insiste sulla somiglianza tra Rebecca e sua nonna…Sarà il viaggio di Ari in Inghilterra e l’incontro con Rebecca a gettare nuova luce sul periodo inglese di Anahita durante la Prima guerra mondiale e sull’amore tormentato tra lei e Donald, erede di Astbury Hall. Un viaggio alla scoperta delle proprie radici che gli darà modo di comprendere molto di sé e di svelare i segreti rimasti sepolti per intere generazioni.Avvolgente, serrato, magico, Il profumo della rosa di mezzanotte raggiunge il massimo dell’incanto e dell’emozione.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

26 febbraio 2014

ISBN

978-8809963252

Lingua

Formato

Copertina flessibile

COD: 6377 Categoria: Tag: Product ID: 21999

Descrizione

Un anno dopo …

Ricordo. Nelle notti quiete, il più leggero accenno di brezza era una benedizione e un sollievo dal caldo torrido di Jaipur. Spesso salgo insieme alle altre donne e alle bambine della zenana sui tetti del Moon Palace, e mi sdraio lassù. Mentre sono distesa a fissare le stelle sento il suono dolce e puro di quel canto; significa che una delle persone che amo è appena stata presa da questa terra e sollevata verso l’alto…

Mi sveglio di soprassalto e mi ritrovo nella mia stanza a Darjeeling, non su un tetto di Jaipur. È stato solo un sogno, cerco di rassicurarmi, disorientata dal canto che continua a risuonarmi in testa, sebbene adesso sia sveglia.

Cerco di raccapezzarmi e mi rendo conto di cosa significhi: se sono sveglia, allora qualcuno che amo sta morendo proprio ora. Mentre i battiti del mio cuore accelerano, chiudo gli occhi e passo in rassegna la mia famiglia: la mia seconda vista mi dirà di chi si tratta. Ma per la prima volta fallisco. È strano, credo, perché gli dèi non si sono mai sbagliati prima d’ora.

Ma chi…?

Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, concentrandomi sull’ascolto.

E poi capisco. Ne sono certa.

Mio figlio… il mio adorato figlio, sta salendo verso l’alto.

I miei occhi si riempiono di lacrime e guardo il cielo fuori dalla finestra, in cerca di conforto. Ma è notte e oltre il vetro c’è solo oscurità.

Sento un leggero bussare alla porta e Keva entra con una espressione preoccupata.

«Signora, l’ho sentita piangere. Sta male?» mi domanda avvicinandosi al letto, e subito sente le mie pulsazioni.

Scuoto la testa senza proferire parola, mentre lei cerca un fazzoletto per asciugare le lacrime che mi scorrono sulle guance. «No,» la rassicuro «non mi sento male.»

«Allora cosa succede? Ha avuto un incubo?»

«No» alzo lo sguardo su di lei, so già che non potrà capire. «È appena morta la mia creatura.» Keva mi guarda sconcertata. «Come fa a sapere che la signora Muna è morta?»

«Non si tratta di mia figlia, Keva, ma di mio figlio. Quello che abbandonai in Inghilterra tanti anni fa. Aveva ottantadue anni» mormoro. «Perlomeno ha vissuto una lunga vita.» Di nuovo Keva mi guarda con un’espressione confusa e mi preme la mano sulla fronte, per controllare che non abbia la febbre. «Signora, suo figlio è morto tanti anni fa. Credo che abbia fatto solo un brutto sogno» dice, cercando di convincere se stessa quanto me.

«Forse» dico gentilmente, per non allarmarla. «Ma in ogni caso vorrei che annotassi l’ora e la data. È un momento che desidero ricordare con precisione. Perché, vedi, adesso non ho più nulla da aspettare» dico, sorridendo debolmente.

Keva esaudisce la mia richiesta, scrivendo data e ora su un pezzo di carta che mi porge.

«Bene, adesso puoi andare. Non preoccuparti per me.»

«Sì, signora» risponde lei, incerta.

«Ma è sicura di star bene?» «Sì. Buonanotte Keva.» Quando lascia la stanza raccolgo la penna posata sul comodino, scrivo una breve lettera di seguito alla sua annotazione e tiro fuori dal cassetto il vecchio e logoro certificato di morte di mio figlio. Domani chiederò a Keva di mettere tutto in una busta e spedirla al notaio che si occuperà del mio testamento.

Chiudo gli occhi cercando di dormire, ma è come se all’improvviso fossi completamente sola su questa terra. Capisco di essere sopravvissuta fino ad ora solo in attesa di questo momento. E adesso che mio figlio è morto, sono pronta a seguirlo.

Tre giorni dopo, Keva bussò alla porta della padrona al solito orario. Non si preoccupò quando non ricevette risposta, perché negli ultimi tempi la signora Chavan aveva preso l’abitudine di sonnecchiare fino a tardi. Decise di lasciarle un’altra mezz’ora e andò a sbrigare le faccende. Quando tornò a bussare, di nuovo silenzio. Aprì piano la porta e la vide, profondamente addormentata. Solo dopo essere entrata e aver tirato le tende, inondando la stanza con le sue solite chiacchiere, Keva si rese conto che la signora Chavan non le avrebbe mai più risposto.

Il telefono si mise a squillare proprio mentre Ari stava guidando in mezzo al caotico traffico di Mumbai. Rispose solo perché era una chiamata di suo padre, che non sentiva da settimane.

«Papà!» rispose in tono squillante. «Come stai?»

«Ciao, Ari, io sto bene ma…»

Ari avvertì subito la nota cupa nella voce di suo padre.

«Che succede?»

«Si tratta della tua bisnonna. È morta stamattina presto.»

«Oh, papà, mi dispiace tanto.»

«Anche a me. Era una donna meravigliosa, ci mancherà molto.»

«Sì. Perlomeno ha vissuto a lungo» disse Ari in tono consolatorio, sterzando bruscamente per evitare il taxi che aveva appena frenato di colpo davanti alla sua auto.

«Già. Il funerale sarà fra quattro giorni, per dare tempo a tutti i familiari di organizzarsi. Ci saranno tutti, anche tuo fratello e tua sorella. Spero sarai presente» aggiunse Vivek.

«Intendi questo venerdì?» si informò Ari, trattenendo il respiro.

«Sì, a mezzogiorno. Sarà cremata al ghaat di Darjeeling, una cerimonia riservata ai parenti stretti. Organizzeremo una commemorazione più tardi, per tutte le persone che desiderano ricordarla.»

«Papà,» disse Ari sospirando «per me venerdì è impossibile esserci. Ho un potenziale cliente che arriva dagli Stati Uniti per trattare l’acquisto di un software. Siamo in perdita, ma se questa cosa andasse in porto il bilancio della compagnia passerebbe all’attivo nel giro di una notte. Si tratta di diventare i numeri uno al mondo, non posso venire a Darjeeling venerdì.»

All’altro capo della linea suo padre rimase in silenzio. «Ari,» disse infine «persino io so che in certi momenti la famiglia deve venire prima di tutto, anche degli affari. Tua madre non ti perdonerebbe mai, tanto più sapendo che Anahita ti considerava speciale, come ti ha dimostrato il giorno del suo centesimo compleanno.»

«Mi dispiace papà,» disse Ari in tono deciso «non posso farci niente.»

«È la tua ultima parola?»

«Sì.»

Ari sentì la cornetta sbattere all’altro capo del telefono.

Il venerdì seguente, Ari tornò a casa euforico. L’incontro con gli americani era andato così bene che avevano firmato il contratto su due piedi. Dato che aveva programmato di festeggiare con Bambi, decise di fare un salto a casa per una doccia e cambiarsi d’abito. Prese la posta dalla buca e spinse il pulsante dell’ascensore per il sedicesimo piano. Una volta entrato nel suo appartamento aprì la busta distrattamente, mentre si dirigeva in camera, e lesse.

Kahn & Cauhan Studio Notarile

p.zza Chowrasta

Darjeeling

Bengala Occidentale

India

 

2 marzo 2001

Gentile Signore,

come da istruzioni della mia cliente, Anahita Chavan, le invio questa busta. Immagino sia già al corrente del fatto che la signora Chavan è morta pochi giorni fa.

Le porgo le mie più sentite condoglianze,

Devak Khan

Ari si mise a sedere sul letto: l’eccitazione per l’affare andato in porto gli aveva fatto passare di mente il funerale della sua bisnonna. Nell’aprire la busta del notaio sospirò, sapendo che la sua famiglia non lo avrebbe perdonato per non essersi preso nemmeno il disturbo di fare una telefonata.

«Be’, così sia» disse Ari fra sé in tono cupo, spiegando il pezzo di carta contenuto nella busta. Lesse:

Mio caro Ari, Quando leggerai questa lettera io non ci sarò più. Ti invio i dettagli della morte di mio figlio Moh: giorno e ora esatti del suo decesso, oltre al suo certificato di morte originale. Come potrai notare le date non combaciano; ciò potrebbe non significare nulla per te, mio caro ragazzo, ma in futuro, se deciderai di indagare sulla storia della sua scomparsa, potrebbero tornarti utili. In attesa di incontrarci in un altro luogo, ti mando tutto il mio affetto. Ricorda sempre che non siamo noi gli unici artefici del nostro destino. Usa le orecchie, per sentire, e gli occhi, per vedere, sono certa che sapranno guidarti.

Con amore,

La tua bisnonna, Anahita

Ari sospirò. Non era certo dell’umore adatto per arrovellarsi sugli enigmi di sua nonna, né aveva voglia di farsi passare il buonumore pensando a quanto la sua famiglia potesse avercela con lui. Era fermamente deciso a non farsi guastare la serata.

Aprì l’acqua, mise su un cd e si infilò sotto il getto della doccia, abbandonandosi alle frequenze basse della musica techno.

Indossò uno dei suoi completi di sartoria e spense lo stereo, ma prima di uscire, mentre attraversava la stanza, la lettera di Anahita catturò la sua attenzione. Istintivamente ripiegò il foglio e lo infilò nel cassetto della scrivania che già conteneva il manoscritto. Poi spense le luci e chiuse la porta alle sue spalle.

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