Descrizione
Capitolo 1
IL NAUFRAGIO
Non avrebbe dovuto farlo. Non si sarebbe mai dovuto lasciar andare a un’azione tanto sconsiderata. Ma, come spesso gli capitava, ragionava sulle cose solo a fatti compiuti.
E questa volta, il suo modo di agire avventato e irresponsabile, lo aveva messo davvero in grossi guai.
Con le braccia strette attorno alle gambe, rimase seduto in un angolo, tremando come una foglia mentre le onde sferzavano con inaudita violenza l’imbarcazione su cui viaggiava.
Da dove si trovava lui, nascosto nella stiva per celare la sua presenza a bordo, poteva solo immaginare ciò che stava accadendo sul ponte della nave.
Il fermento era palpabile: c’erano grida concitate che erano un misto di ordini e imprecazioni e pesanti passi che correvano avanti e indietro sopra la sua testa. Ripensò per un istante al caldo abbraccio della madre e al suo rassicurante sorriso; a quell’ora solitamente gli preparava una gustosa cena che lui divorava sempre con gran gusto.
Cosa avrebbe pensato non vedendolo rientrare a casa? Di sicuro ne sarebbe rimasta devastata.
Perché aveva dovuto agire così?
Lì per lì gli era parsa una splendida idea: se anche suo padre si fosse arrabbiato una volta scoperto che si era nascosto e lo aveva seguito a bordo della nave, non avrebbe potuto fare nulla e di certo spedirlo a casa sarebbe stato impossibile. A quel punto lui avrebbe potuto fargli capire che poteva essergli utile durante quei viaggi, che non era più un bambino come gli veniva sempre ripetuto ogni volta che provava a insistere.
Gli mancava così tanto durante le traversate che periodicamente compiva per vendere le preziose merci che producevano nel suo villaggio e gli faceva rabbia che i suoi genitori non lo ritenessero all’altezza e gli impedissero ogni volta di imbarcarsi col resto della ciurma.
Ormai aveva quindici anni, si sentiva in grado di affrontare qualsiasi cosa e voleva a tutti i costi avere l’occasione per dimostrarlo! Ma si era sbagliato: il mare era molto più spaventoso e pericoloso di ciò che gli raccontava il padre quando rientrava dai suoi viaggi. Non c’erano isole avvistate in lontananza, non c’era il tepore del sole che ti scaldava la pelle. Lui in quel momento sentiva solo un gran freddo, tanto da fargli battere con forza i denti.
Quanto gli mancavano adesso quel tepore e quelle dolci attenzioni che sua madre gli riservava ogni giorno. Non avrebbe mai più dato per scontato nulla di tutto ciò, se si fosse salvato da quella burrasca.
Ma ce l’avrebbero davvero fatta? Il dondolio dell’imbarcazione era tale che temeva si sarebbero capovolti da un momento all’altro. Una lacrima gli rigò la guancia.
No! Non ce la faceva più a restare sottocoperta ignorando il destino che attendeva la Speranza, la nave su cui viaggiavano, e tutti loro a bordo.
Anche se non avrebbe voluto, doveva salire sul ponte e vedere la situazione coi suoi occhi, per quanto ciò avrebbe significato farsi scoprire dal padre.
Mosse qualche passo malfermo in direzione del suo obiettivo, salendo le scale ed emergendo dal nascondiglio dove aveva trovato riparo finora; il movimento ondeggiante della nave gli fece perdere l’equilibrio qualche volta e rese l’impresa assai complicata.
Quando finalmente riuscì a superare la botola posizionata a prua, il vento gli sferzò il volto in maniera prepotente e schizzi di acqua fredda e salata gli finirono negli occhi. Gli ci volle qualche secondo per combattere la forza della natura e riuscire a osservarsi intorno.
Il cielo era grigio e scuro come non gli era mai capitato di vederlo; continue saette squarciavano il cielo, illuminando tutto attorno a lui quasi fosse giorno. I tuoni che seguivano rimbombavano nell’aria facendo tremare la superficie in legno sotto ai suoi piedi.
Il mare era agitato dal forte vento tanto che le onde erano alte quasi quanto la nave; avevano un aspetto decisamente terrificante, sembravano in grado di inghiottire qualsiasi cosa nelle loro oscure profondità.
Il trambusto era tale che pareva che nessuno si rendesse conto della sua presenza: i membri dell’equipaggio gli passavano continuamente davanti ignorandolo.
“James!! Ma che…” la voce del padre gli giunse alle spalle, cogliendolo di sorpresa. Voltandosi lo vide, bagnato fradicio e palesemente affaticato, mentre si reggeva a una fune per evitare di essere spazzato via dalle onde che si infrangevano sulla superficie dell’imbarcazione. La sua espressione era un misto di stupore, rabbia e preoccupazione.
James sapeva di averla fatta grossa stavolta e non aveva nulla da dire per giustificare le sue azioni. Abbassò lo sguardo, attendendo la reazione di rabbia dell’uomo, mentre cercava con tutte le sue forze di tenersi saldamente alla struttura della nave.
Ciò che temeva, però, non arrivò.
“Torna sotto figliolo, andrà tutto bene!” gli disse il padre, cercando di superare il frastuono tutto attorno.
La sua espressione non lasciava presagire nulla di buono, ma James non oppose comunque resistenza quando le forti braccia dell’uomo lo spinsero nuovamente sottocoperta fino a raggiungere gli alloggi adibiti alla ciurma.
Il solo pensiero di ritrovarsi ancora lì da solo, senza sapere cosa stava accadendo sopra di lui, quasi lo bloccava, ma al contempo si rendeva conto che non poteva rimanere sul ponte col resto della ciurma. Sarebbe stato totalmente inutile se non addirittura d’intralcio, siccome non conosceva nulla su come si governano le navi. Inoltre, avrebbe causato enormi preoccupazioni a suo padre, che avrebbe dovuto pensare a tenerlo al sicuro oltre a prendere le decisioni di competenza del capitano.
Seppur consapevole di ciò, gli si strinse il cuore quando la botola venne chiusa alle sue spalle e rimase da solo al buio e in balia delle onde. Si accovacciò in un angolo siccome rimanere in piedi sarebbe stato impossibile senza un valido appiglio; persino da seduto, con le gambe al petto, si sentiva dondolare al ritmo delle onde. La nave avrebbe retto a tutta quella furia? E dove li stava trascinando il mare?
Un lampo squarciò il cielo, illuminando per un istante anche la zona dell’imbarcazione dove si trovava lui. Ciò che i suoi occhi videro in quel frangente fu l’immensa desolazione che lo circondava; sapeva di non essere solo, sopra di lui un’intera ciurma si affannava per salvare tutti quanti, però lì sotto aveva la sensazione di esserlo. Ed era una sensazione terribile!
Il tuono che seguì gli rimbombò nelle orecchie, annullando per un momento il frastuono dato dal vociare dell’equipaggio; questo lo fece sentire ancora più solo e spaventato.
“Uomo in mare!” L’urlo di suo padre riuscì a superare qualsiasi altro rumore tutto attorno; lo strazio in quella voce fece tremare il giovane James. Ignorare quanto stava succedendo sopra, dopo aver avuto un assaggio della forza delle onde, faceva risuonare nella sua mente mille campanelli di allarme; odiava anche il fatto di sentirsi così impotente e inutile.
Doveva, però, essere onesto con sé stesso: se fosse stato in coperta sarebbe sicuramente rimasto paralizzato in ogni caso. Quando aveva visto quelle onde alte, così inquietanti e minacciose, aveva sentito le proprie gambe farsi pesanti come fossero di piombo; soltanto la voce del padre era riuscita a vincere quella resistenza.
E, a proposito di quella, continuava a sentirla impartire ordini alla ciurma per cercare di governare la nave. Ogni grido era un brivido che gli saliva lungo la schiena; conosceva abbastanza bene suo padre e riusciva a scorgere la paura che traspariva da ogni parola pronunciata.
La situazione doveva essere ancora più brutta di quanto fosse parsa a un occhio inesperto come il suo. Un angolo della sua mente si chiese se la Speranza avesse mai affrontato una simile tempesta. Era davvero possibile che, in tutti i suoi viaggi in giro per il mondo, suo padre non avesse mai incontrato un mare così agitato e arrabbiato?
Gli sembrava impossibile da credere! Quantomeno adesso che aveva avuto un assaggio della realtà delle cose a dispetto dei racconti con cui l’uomo lo intratteneva alla sera, mentre il caldo delle coperte gli conciliava il sonno.
“Ammainate la tormentina!” Fu l’ultimo urlo che sentì prima di portarsi le mani alle orecchie, quasi istintivamente. Premette più forte che poté per non dover udire altri ordini o altre grida; sentire il padre nascondere timori e paure con un tono di voce forte e spavaldo gli rendeva difficile credere che avessero una possibilità di salvezza.
Per quanto si fidasse dell’uomo, in quel momento preferiva non sentire quella voce che tanto amava e che lo aveva accompagnato fin da piccolo in ogni sua scoperta, avventura o guaio in cui si era ritrovato. Aveva imparato a conoscerla, ma sentirla così storpiata da questi sentimenti lo angosciava troppo.
Si rannicchiò, lasciandosi scivolare su un fianco per non dover contrastare il dondolio delle onde, che pareva farsi meno violento. O forse era solo una sua sensazione; poteva essere che la sua mente stesse cercando di fuggire in questo modo alla realtà dei fatti.
Insieme all’apparente calare di forza della tempesta, sentiva anche i suoi sensi intorpidirsi, quasi come se il suo corpo lo stesse abbandonando. Tutte quelle emozioni erano state troppe per lui, un carico così grande che la sua mente faticava a concepirlo e accettarlo.
Attorno a lui percepiva solo dei forti colpi, di cui non riusciva a comprendere l’origine o la causa.
Ma non gli importava più.
Nulla aveva più alcuna importanza, il suo destino ormai pareva segnato e non c’era nulla che lui potesse fare per cambiarlo.
Ancora qualche colpo sordo, che alle sue orecchie arrivava ovattato come un suono lontano.
Alla fine solo il nulla, nessun rumore, nemmeno più lo sciabordio delle onde. Era forse morto? La sua vita era finita così?
Beh, almeno non aveva sofferto. Magra consolazione. “Figliolo, stai bene?” Suo padre, irrompendo sottocoperta, lo ridestò dal suo torpore. Non sembrava esserci rabbia nella sua voce, solo una grande preoccupazione per l’incolumità dell’unico figlio. Doveva essere stata dura per lui lottare contro le forze della natura sapendo che non aveva solo la sua vita da salvare ma anche quella della persona cui teneva di più al mondo. Si poteva leggere sul suo volto l’enorme fatica che gli era costata quella disavventura.
James non riusciva a comprendere bene cosa fosse successo; era convinto di essere morto ma evidentemente così non era.
Suo padre era riuscito a salvarli tutti?
Sotto certi aspetti ciò non era una sorpresa, sapeva che era un uomo capace e non era un caso che fosse diventato capitano in poco tempo. Eppure quei tonfi sordi che aveva udito mentre sentiva la sua coscienza venire meno era sicuro che fossero il segnale che la Speranza stava perdendo la battaglia.
Che se li fosse soltanto immaginati?
Suo padre gli si fece più vicino per accertarsi che non avesse ferite e sospirò di sollievo quando si rese conto che il figlio pareva solo molto scosso per quanto accaduto.
Lo abbracciò con trasporto per qualche secondo prima che un membro della ciurma spuntasse dalla porta per richiamare sull’attenti il proprio capitano.
Era bagnato fradicio e parlava con voce stanca e rauca, come se facesse fatica a pronunciare nuove parole. “Signore, come vuole organizzare la perlustrazione?”
Perlustrazione?
James lo guardò stranito; che cosa voleva dire?
Osservò il padre, sperando di avere risposta alla domanda che gli frullava in testa, ma questi si limitò a fargli cenno di pazientare ancora un momento.
“Manda due coppie di uomini a dare un’occhiata. Ma che rimangano qui nei dintorni per ora; è troppo buio e potrebbe essere rischioso.” Rifletté un istante prima di impartire un altro ordine. “Tu e un secondo uomo, invece, andate a verificare la portata dei danni subiti dalla nave e poi tornate a farmi rapporto.”
L’uomo sulla soglia annuì, volse subito le spalle e fu inghiottito nell’oscurità che aleggiava fuori.
Cadde nuovamente il silenzio.
Oliver si passava nervosamente una mano tra i capelli, forse indeciso sul modo migliore per affrontare il discorso con il figlio; certo era che, se continuava così, avrebbe perso quei pochi peli che gli rimanevano in testa.
Solo dopo un tempo che a James parve infinito, l’uomo si decise a raccontare ciò che probabilmente avrebbe voluto non dover mai dire al ragazzo.
“La situazione purtroppo non è delle migliori. Siamo riusciti a resistere alla tempesta che ci ha colti alla sprovvista ma le forti correnti ci hanno trascinati lontano dalla nostra rotta.” Cercò di studiare le espressioni del figlio per valutare se proseguire, ma il volto di James era totalmente inespressivo, probabilmente stava faticando a rimettere assieme i pezzi di ciò che era successo sopra la sua testa.
“Siamo naufragati su un’isola che non esiste sulle mappe e temo che la nave abbia riportato danni tali che non ci permetteranno di salpare troppo presto.” A onor del vero, non aveva idea della gravità dei danni che aveva riportato la Speranza, ma le irte rocce che circondavano l’isola non erano state clementi con l’imbarcazione. Anche nella migliore delle ipotesi, perciò, sarebbe stata dura tornare a navigare in qualche giorno.
Ad ogni modo, finché il suo sottoposto non fosse tornato a riferire, non avrebbe potuto valutare appieno le potenziali alternative che avevano.
“Appena mi informeranno valuterò meglio la situazione. Sicuramente, però, non ci muoveremo per il momento.
Rimani sottocoperta, e cerca di riposare un po’, io sbrigo alcune faccende e poi ti raggiungo.
Domani sarà una lunga giornata e dovremo parlare di ciò che hai fatto.”
James abbassò lo sguardo, con espressione colpevole; sapeva che, presto o tardi, quel momento sarebbe giunto. Suo padre non poteva fargliela passare liscia dopo quello che aveva combinato e l’enorme rischio che aveva corso; adesso iniziava a comprendere perché nessuno dei suoi genitori voleva che si imbarcasse durante questi viaggi.
Certo, una parte della sua mente aveva sperato che, considerata la frittata ormai fatta e l’impossibilità di tornare indietro, l’uomo avrebbe tralasciato la ramanzina; era chiaro, però, che non sarebbe andata in quel modo.
Ma avrebbe accettato l’inevitabile e, a testa bassa, avrebbe sopportato la ramanzina.
Si limitò quindi ad annuire, seppur con scarsa convinzione.
“Allora io vado.Tu dormi un po’, cerco di tornare da te il prima possibile.”
Lo guidò, trascinandolo quasi come fosse un peso morto, verso un letto non molto distante e lo aiutò a distendersi lì.
Prima di uscire gli sfiorò delicatamente una guancia col dorso della mano e, per un istante, James si lasciò avvolgere da quella sensazione di calore generata dal delicato e dolce tocco del padre.
Non sarebbe voluto rimanere da solo, anche se per poco, ma doveva ammettere che tutte quelle emozioni e il grande spavento provato avevano avuto ripercussioni sia sul suo corpo che sulla sua mente.
Si sentiva molta stanchezza addosso e faticava a tenere gli occhi aperti; Morfeo pareva volerlo trascinare nell’oblio con tutta la sua forza.
Scorse con la coda dell’occhio la figura del padre che si allontanava e un istante dopo le sue palpebre si arresero al sonno, socchiudendosi lentamente ma inesorabilmente.
Il suo sonno fu popolato da innumerevoli incubi, che facevano tremare senza sosta il suo corpo. Ansimava come fosse inseguito da qualcosa o qualcuno e si rigirava nel letto con espressione contrita sul volto.
Nemmeno quando il padre prese posto accanto a lui, la situazione migliorò.
Ci volle qualche ora ancora perché il corpo del piccolo smettesse di agitarsi in maniera convulsa, probabilmente per merito del sonno più profondo che aveva raggiunto. Oliver si augurò che, almeno per il restante tempo prima del nuovo giorno, il figlio riuscisse a recuperare un minimo le energie riposando tranquillo.
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