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Il Trono di Spade 2. Il Regno dei Lupi, La Regina dei Draghi: Libro secondo delle cronache del Ghiaccio e del Fuoco

16,6024,70

Nel cielo dei Sette Regni, travolti da una guerra devastatrice, compare una cometa dal sinistro colore di sangue. È l’ennesimo segno di immani catastrofi che si stanno preparando? L’estate dell’abbondanza sembra ormai definitivamente passata, e ben quattro condottieri si contendono ferocemente il Trono di Spade. Intanto al di là del mare caldo l’orgogliosa principessa in esilio Daenerys Targaryen è pronta a rischiare tutto per la corona che le appartiene di diritto. Solo per lei, forse, la cometa di sangue non è un presagio di tragedia ma l’araldo della riscossa… Mentre lo scontro continua, qualcuno tesse un’inesorabile tela di morte. All’estremo Nord, oltre la Barriera di ghiaccio, forze oscure vanno facendosi sempre più minacciose…

In una terra di sinistra magia e violenza, ma anche di eroismo e passione, è ambientato il secondo volume della saga “Le cronache del ghiaccio e del Fuoco”, l’attesissimo seguito de Il Trono di Spade Il Grande Inverno.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

20 maggio 2022

ISBN-13

978-8804750802

Lingua

Formato

Copertina flessibile, Copertina rigida

COD: 3327 Categoria: Tag: Product ID: 21127

Descrizione

Arya

Arya Faccia-di-cavallo: era così che la chiamavano a Grande Inverno, e lei aveva pensato che non potesse esserci appellativo peggiore. Ma questo era stato prima che il ragazzo orfano di nome Lommy Maniverdi la soprannominasse “Bitorzolo”.

In effetti, a toccarla, la sua testa sembrava davvero bitorzoluta. Quando Yoren l’aveva trascinata nel vicolo, Arya aveva pensato che fosse per ucciderla, ma si sbagliava: il vecchio scontroso si era limitato a tenerla stretta, falciandole i capelli sporchi e arruffati con il suo pugnale. Arya non aveva dimenticato come la brezza aveva spinto manciate di luridi ciuffi castani a disperdersi sulle pietre che pavimentavano la strada, trascinandoli verso il tempio dove suo padre era appena stato decapitato. «Porto via dalla città uomini e ragazzi.» Nel pronunciare queste parole, Yoren aveva continuato a raderle la testa con la lama. «Ora stai ben fermo… “ragazzino”.» E quando l’acciaio ebbe finito di grattare, sul capo di Arya non rimanevano altro che piccoli ciuffi arruffati, davvero simili a bitorzoli stopposi.

In seguito, Yoren le aveva detto che da quel momento in avanti lei sarebbe stata Arry, l’orfano. «Superare il portale non dovrebbe essere difficile, ma quando saremo per via sarà un’altra cosa. Ti aspetta molta strada da percorrere in brutta compagnia: ne ho trenta, questa volta, di uomini e ragazzi tutti diretti alla Barriera, e non credere che siano come quel tuo fratello bastardo.» Yoren l’aveva scossa per le spalle. «Lord Stark mi ha permesso di raschiare il fondo delle galere, e non ce ne sono di piccoli lord, là sotto. Metà di questa feccia ti getterebbe in pasto alla regina senza pensarci un attimo, in cambio della grazia e forse di una manciata di monete d’argento. L’altra metà farebbe lo stesso, ma prima ti stuprerebbe. Per cui, tu stattene per conto tuo e fai la tua acqua nel bosco, da solo. Sarà quella la parte più difficile: pisciare, e quindi non bere più di quanto ti è indispensabile.»

Andarsene da Approdo del Re fu facile, proprio come Yoren aveva detto. Le guardie dei Lannister fermavano e controllavano tutti, ma Yoren chiamò una di loro per nome e i loro carri furono lasciati passare. Nessuno degnò Arya di uno sguardo. Cercavano una ragazza di alto lignaggio, la figlia del Primo Cavaliere del re, non un monello scarno dai capelli rasati pressoché a zero. Arya non si voltò a guardare indietro nemmeno una volta. Avrebbe voluto che il Fiume delle Rapide Nere si sollevasse spazzando via quell’intera città maledetta, dal Fondo delle Pulci alla Fortezza Rossa al Grande Tempio, tutto quanto. E soprattutto tutt quanti, specialmente il principe Joffrey e sua madre. Ma sapeva che questo non sarebbe accaduto, inoltre Sansa era ancora là, e l’acqua avrebbe portato via anche lei. Nel rendersene conto, Arya preferì rivolgere la propria mente a Grande Inverno.

Su una cosa però Yoren si sbagliava: il pisciare. Non era quella la parte più difficile, erano Lommy Maniverdi e Frittella la parte più difficile. Orfani. Yoren li aveva tolti dalle strade con la promessa di cibo per le loro pance e scarpe ai piedi. Il resto, era carne da prigione. «I guardiani della notte hanno bisogno di uomini validi» aveva detto a tutti loro all’inizio del lungo viaggio verso il Nord. «In mancanza di quelli, andate bene anche voialtri.»

Dal buio delle prigioni, Yoren aveva preso anche degli adulti, ladri, cacciatori di frodo, stupratori e altra feccia consimile. I peggiori di tutti dovevano essere i tre che aveva trovato nelle celle oscurate. Quelli dovevano aver fatto paura persino a lui: li teneva infatti incatenati mani e piedi nel carro di coda, ripetendo che sarebbero rimasti ai ceppi fino alla Barriera. A uno era stato mozzato il naso, così gli rimaneva solamente un buco nel mezzo della faccia. E negli occhi del ciccione calvo, con i denti a punta e le pustole purulente sulle guance, non c’era niente di umano.

La carovana che lasciò Approdo del Re era composta di cinque carri, tutti stracarichi di rifornimenti per la Barriera: pellicce e involti di abiti, sbarre di ferro battuto, una gabbia di corvi messaggeri, libri e carte e inchiostro, una balla di foglie amare, giare d’olio, una cassa di medicamenti e di spezie. Sei cavalli da tiro trascinavano ciascun carro. Per i ragazzi, Yoren aveva comprato due corsieri e una mezza dozzina di somari. Arya avrebbe preferito un vero cavallo, ma l’asinello che montava era sempre meglio che non farsi sbattere a destra e a sinistra su uno dei carri.

Gli uomini non le prestavano attenzione, ma con i ragazzi non era altrettanto fortunata. Aveva due anni meno del più giovane degli orfani – per non parlare del fatto che era più piccola di statura e più magra – così Lommy e Frittella immaginarono che il suo silenzio significasse che lei aveva paura, o che era sorda, o stupida.

«Guarda un po’ che razza di spada che ha Bitorzolo.»

Fu Lommy a parlare, un mattino, mentre attraversavano vigneti e campi di avena. Prima di essere sorpreso a rubare, era stato apprendista tintore, per questo le sue mani e le sue braccia erano verdi fino ai gomiti. La sua risata sembrava il ragliare dei somari che stavano cavalcando. «Me lo dici dov’è che se l’è fregata una spada, un topo di fogna come Bitorzolo?»

Arya si morse il labbro con fare ostile. In testa alla carovana, poteva vedere la sbiadita tenuta nera di Yoren, ma era comunque decisa a non andare da lui piagnucolando a chiedere aiuto.

«Magari è un piccolo scudiero» fece Frittella. Prima di morire, sua madre era stata una fornaia e lui se ne andava in giro per le strade tutto il giorno spingendo un carretto e gridando: “Frittelle calde! Frittelle calde!”. «Ma sì, il piccolo scudiero di un qualche signorino.»

«Ma guardalo… ma quale scudiero? Scommetto che non è nemmeno una spada vera. È una roba da giocarci, fatta di latta.»

Arya li odiava per quel loro deridere Ago. «Ehi, stupido, è d’acciaio forgiato.» Si voltò sulla sella, fulminandoli con un’occhiata. «E tu farai meglio a tenere la bocca chiusa.»

I due ragazzi fischiarono. «Ehi, Foruncolo, dov’è che l’hai presa una spada come quella lì?» Era Frittella a volerlo sapere.

«Lui si chiama Bitorzolo» lo corresse Lommy. «Probabilmente l’ha rubata.»

«No che non l’ho rubata!» tuonò Arya. Jon Snow le aveva dato la spada. Potevano pure chiamare lei Bitorzolo, ma mai avrebbe permesso loro di dare del ladro a Jon.

«Se l’ha rubata, allora possiamo portargliela via» suggerì Frittella. «Non è mica sua, no? A me mi farebbe un gran comodo una spada come quella lì.»

«Vediamo se sei capace» lo provocò Lommy. «Forza, prendigliela, se ne hai il coraggio.»

Frittella diede di sproni al suo somaro, accostandosi ad Arya: «Ehi, dammi quella spada, Bitorzolo». Aveva i capelli color paglia, la faccia grassa e scottata dal sole che andava spellandosi. «Tanto non la sai usare.»

“Certo che lo so” avrebbe voluto dire Arya. “Ho ucciso un ragazzo con questa spada, un ragazzo flaccido come te. L’ho infilzato nel ventre e lui è morto, e se non mi lasci stare, uccido anche te.” Ma non osò farlo. Yoren non sapeva dello stalliere, e lei aveva paura di ciò che l’uomo avrebbe potuto farle se lo avesse scoperto. Arya era pressoché certa che anche parecchi di quegli uomini che stavano andando alla Barriera fossero degli assassini – i tre ai ceppi di certo – ma non erano loro che la regina stava cercando, per cui non erano nella stessa situazione.

«Tu guardalo» gridò Lommy Maniverdi. «Scommetto che adesso si mette anche a piangere. Allora, Bitorzolo, che fai, piangi o no?»

Aveva pianto, era vero. La notte prima, pensando a suo padre. Al mattino, si era svegliata con gli occhi secchi e arrossati, e non avrebbe più pianto, nemmeno se le fosse costato la vita. «O forse se la sta facendo sotto» suggerì Frittella.

«Lasciatelo in pace.» La voce venne da dietro di loro. Era il ragazzo con i folti capelli scuri che cavalcava alle loro spalle. Lommy lo aveva soprannominato “il Toro”, sbeffeggiando l’elmo da guerra con le corna che non faceva altro che pulire ma che non indossava mai. Solo che Lommy non osava deridere apertamente il Toro, perché il ragazzo aveva più anni di lui, ed era bello grosso per la sua età, dal torace largo e le braccia muscolose.


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