Descrizione
Prologo
Samsi trovava su una spiaggia alla ricerca di una pietra liscia da lanciare nella Laguna delle Sirene. Non ne avrebbe trovata alcuna, come al solito. Lo sapeva bene. Aveva cercato la pietra più volte di quante ne potesse contare. In realtà, più volte di quante chiunque ne potesse contare. Comunque sia, cercava la pietra ogni volta che le sue avventure lo portavano li. Era la maledizione di vivere una vita controllata dalle parole scritte sulle pagine.
Alla fine, come sempre, afferrò un pezzo di roccia nascosto nella sabbia nera e lo lanciò nella laguna. Esso atterrò con un pesante tonfo che increspò la superficie dell’acqua nelle sue vicinanze. Sam rimase in piedi a osservarlo. Poi, in perfetto orario: “Perché te ne stai lì impalato?”. Si voltò per trovare Nibs che gli si avvicinava.
Come Sam, anche Nibs era un Bimbo Sperduto. I suoi vestiti creavano un effetto drammatico: una giacca da smoking a brandelli abbinata a un cappello a cilindro nero spiegazzato come una fisarmonica.
“Andiamo!” esclamò il ragazzino “Peter ci sta aspettando!” Sam lo osservò correre via. Nibs teneva una mano sull’orlo del cappello, mentre l’altra stringeva la maniglia di una valigetta graffiata. Inciampò sulla radice esposta di un albero, proprio come la volta prima e la volta ancora prima. In quel momento, un fascio di luce gialla fendette l’aria nella direzione di Sam. Gli girò intorno un paio di volte, lasciando una scia di polvere dorata a fluttuargli intorno. Un attimo dopo, Sam avvertì le piccole mani di Campanellino spingerlo da dietro.
“Sto andando! Rilassati.”
La fatina fece il giro per guardarlo, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso. Campanellino non era più grande del dito più piccolo della mano di Sam. I suoi capelli biondi erano raccolti in uno chignon disordinato che metteva in evidenza le sue orecchie appuntite. Indossava un piccolo abito verde aperto sulla schiena, dove spuntavano un paio di ali che si muovevano così velocemente da risultare solo una sfocatura per chi le guardava.
“Ho detto -” Campanellino colpì Sam sul naso prima che potesse finire e volò via. Lui scosse la testa e sorrise. Ci cascava sempre.
Sam era l’unico a sapere come si sarebbero svolte le loro avventure; l’unico a essere cosciente del fatto che erano intrappolati in un ciclo senza fine. Di solito questa consapevolezza lo rendeva cupo e solitario, ma c’erano volte in cui anche lui riusciva a ridere. Si incamminò lungo la riva, seguendo la scia di polvere di fata che stava iniziando a dissiparsi. Gli altri Bimbi Sperduti stavano salendo su una piccola barca a remi proprio davanti a lui. Tutti tranne uno. Uno dei ragazzi svolazzava a mezz’aria con le mani sui fianchi. Il ragazzo dai capelli rossi aveva il viso ricoperto di lentiggini e sfoggiava un ampio sorriso malizioso. I suoi curiosi abiti erano composti da foglie e ragnatele. Il suo nome era Peter Pan.
Peter indicò la valigetta.
“È questa?”
Nibs annuì mentre saliva sulla barca.
“Ottimo,” disse Peter animatamente “non farla bagnare.”
“Per chi mi hai preso, Peter? Lo so meglio di te.”
“Va bene,” disse Peter “te lo stavo solo ricordando.”
“Non ho bisogno che qualcuno me lo ricordi.”
Sam aspettò che Peter scendesse sulla barca, poi la spinse via dalla riva e saltò su. Si sistemò su un sedile vicino a due ragazzi conosciuti soltanto come “i Gemelli”.
“Attento,” disse Peter “le sirene ti trascineranno sul fondo se gliene darai l’opportunità.”
Sam guardò nervosamente l’acqua che scorreva al di sotto dell’imbarcazione. Perché Peter doveva sempre ricordargli quella cosa? I ragazzi rimasero seduti in silenzio mentre Zufolo indirizzava la barca fuori dalla Laguna delle Sirene, prima di svoltare a nord verso Roccia del Teschio. Lì, ancorata vicino alla spaventosa conformazione rocciosa degna del suo nome, si trovava la nave di Capitan Uncino.
“Eccola lì,’’ gridò Peter “la Jolly Roger.”
L’antico legno dell’imbarcazione sembrava emettere dei gemiti mentre la Jolly Roger galleggiava avanti e indietro. Il galeone era un colosso di legno scuro con quattro enormi vele, una ciurma di trenta uomini e una dozzina di cannoni. Una vela nera decorata con un teschio con le ossa incrociate svettava orgogliosamente in cima all’albero maestro. Peter indicò un uomo magro di guardia alla nave.
“Pensaci tu a quello, Campanellino.”
L’ordine era a malapena uscito dalla sua bocca quando Campanellino schizzò via, afferrò il cannocchiale del pirata e lo usò per colpirlo, facendogli perdere i sensi.
Zufolo tirò i remi in barca. Tenevano tutti gli occhi fissi sulla nave di Capitan Uncino, mentre la barca si avvicinava lentamente a una catena arrugginita che usciva da una fessura nello scafo della nave per scomparire nell’acqua. Peter fece da apri fila, arrampicandosi lungo la catena e scavalcando la ringhiera raggiungendo il ponte della nave.
Una volta che furono tutti a bordo, Peter fece cenno di muoversi verso una scala traballante che conduceva di sotto.
“Da questa parte” sussurrò.
Scesero gli scalini in punta di piedi. Il russare dei pirati addormentati echeggiava intorno a loro. Il solo sapere che le canaglie fossero così vicine era abbastanza per rendere nervosi alcuni dei Bimbi Sperduti. Alla fine, il piccolo gruppo seguì Peter all’interno di una stanza colma di orologi rotti. Sveglie, orologi a pendolo, orologi da polso e molti altri erano ammassati sugli scaffali e sui tavoli. Ce n’erano addirittura pile a terra. Centinaia di esemplari, forse di più. Erano stati tutti apparentemente distrutti da un martello di gomma poggiato al muro in una posa che lo faceva sembrare stanco dopo una lunga giornata di lavoro.
“Sarà grandioso” ridacchiò Peter.
Nibs era già in ginocchio, pronto ad aprire la valigetta che aveva portato con sé. Peter tirò fuori la spada dal suo fodero e fece finta di colpire un pirata immaginario.
“Sbrigati, prima che ci scoprano! Ho un’altra lezione da insegnare a Uncino.”
“Ci sono, ci sono.”
Nibs aprì i lucchetti ed estrasse con cura un antico orologio a cucù. Era un esemplare magnifico. Il quadrante era in avorio con i numeri intarsiati in oro. Le piccole porte che si aprivano su ogni
ora erano finemente intagliate dal miglior legno dell’Isola Che Non C’è.
Nibs caricò l’orologio con una chiave dorata e poi lo nascose in un angolo dietro molti altri orologi. I Bimbi Sperduti cominciarono a ridere.
Peter si mise un dito sulle labbra. “Shh! Ascoltate!”
Calò il silenzio nella stanza, fatta eccezione per il leggero ticchettio dell’orologio nascosto. Tic, tac, tic, tac. Perfetto,” disse Peter “andiamo.”
Si affrettarono a uscire dalla stanza e si incamminarono lungo il corridoio per arrestarsi appena udirono il suono burbero di voci di uomini proveniente dalla cima delle scale – proprio come Sam sapeva sarebbe accaduto.
Nibs tremò. “È -”
“Uncino” terminò Peter. “Andiamo. Qui dentro.”
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