Descrizione
7 giugno 1994
Il giorno in cui il destino ti busserà sulla spalla ti sembrerà uguale a tutti gli altri.
Il monito che suo nonno le ripeteva quando era piccola assomigliava tanto a un antico proverbio africano. Forse per questo, da quando era arrivata a Pakali, lei ci pensava ogni mattina.
Fin da bambina, Erica De Roti non sopportava l’idea di essere sorpresa dalla sorte o di trovarsi impreparata davanti alle giravolte dell’esistenza. Per cambiare questa sua attitudine aveva deciso di intraprendere un viaggio alla fine del mondo.
A trentacinque anni voleva provare a diventare fatalista.
Dopo aver trascorso un gelido Natale a Firenze, a gennaio si era improvvisamente ritrovata in un luogo dominato dal calore, una forza invisibile che consumava e prosciugava. Perciò il vero problema non erano i quaranta gradi di temperatura, costanti anche di notte. Nel piccolo villaggio nel distretto di Tambacounda tutto sembrava fatto di polvere, perfino le persone. Una patina sottile rivestiva ogni cosa e ogni essere umano, come un secondo strato o una seconda pelle. E non c’era verso di liberarsene, la soffiavi via da un oggetto e un attimo dopo ti accorgevi che era tornata a ricoprirlo. Era onnipresente. La respiravi, ti si attaccava addosso, i capelli e i vestiti ne erano intrisi. La sentivi sotto i denti mentre mangiavi e ti graffiava la gola quando provavi a dissetarti senza mai riuscirci.
In quella parte del Senegal in cui il fiume Gambia regalava paesaggi d’incontaminata bellezza, non ci si abituava mai alla polvere e si invocava la stagione delle piogge come una liberazione.
Erica De Roti ragionava spesso sul fatto che le difficoltà che stava incontrando erano inimmaginabili appena qualche mese prima. Era incredibile come le sue priorità fossero cambiate in così poco tempo. Una doccia, lenzuola pulite o perfino una brezza serale erano diventate quanto di più desiderabile esistesse.
Erica era una psicologa infantile. Accettando la proposta di trasferirsi per un anno in Africa come volontaria, aveva colto subito l’occasione di lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita.
Al centro pediatrico del villaggio, per ventiquattro ore al giorno viveva e lavorava a stretto contatto con colleghi provenienti da ogni parte del pianeta. Tutti andavano e venivano, dandosi il cambio ogni sei mesi, tanto che nessuno conosceva il passato
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.