Descrizione
1
La fiamma di Tar Valon
La Ruota del Tempo gira e le Epoche si susseguono, lasciando ricordi che divengono leggenda; la leggenda sbiadisce nel mito, ma anche il mito è ormai dimenticato, quando ritorna l’Epoca che lo vide nascere. In un’Epoca chiamata da alcuni la Terza Epoca, un’Epoca ancora a venire, un’Epoca da gran tempo trascorsa, il vento si alzò nelle Montagne di Dhoom. Il vento non era l’inizio. Non c’è inizio né fine al girare della Ruota del Tempo. Ma fu comunque un inizio.
Nato fra i picchi neri dai bordi affilati come lame, dove la morte vagava fra gli alti passi celata da cose ben più pericolose, il vento soffiava verso sud attraverso l’intricata foresta della Grande Macchia, una foresta contorta e contaminata dal tocco dell’Oscuro Signore. Il dolce, nauseabondo odore del decadimento si smorzò quando il vento oltrepassò quella linea invisibile che gli uomini chiamavano confine dello Shienar, dove i fiori primaverili pendevano in folti gruppi dagli alberi. Avrebbe già dovuto essere estate, ma la primavera aveva tardato ad arrivare, e la terra si era inselvatichita nel tentativo di tenere il passo con le stagioni. I germogli verde pallido spuntavano da ogni cespuglio e le gemme rosse coronavano ogni ramo d’albero. Il vento increspava i campi dei contadini come se fossero stagni verdeggianti, ricchi di messi che sembravano quasi avanzare a vista d’occhio.
L’odore della morte era tutt’altro che svanito quando il vento raggiunse le colline di Fal Dara, la città dai bastioni di pietra, e sferzò la torre della fortezza che si trovava al centro dell’abitato, una torre in cima alla quale due uomini sembravano danzare. Fal Dara, dalle mura alte e solide, fortezza e città allo stesso tempo, mai conquistata, mai tradita. Il vento gemette, simile a un lamento funebre, fra le cime dei tetti di legno, intorno agli alti comignoli in pietra e alle torri ancor più alte.
Nudo sino alla cintola, Rand al’Thor rabbrividì alla fredda carezza del vento e piegò le dita attorno alla lunga impugnatura della spada da esercitazione che stringeva in mano. Il sole caldo gli aveva reso il torace lucido di sudore, i capelli rosso scuro gli aderivano alla testa in una matassa di ricci sudati. Un debole odore nel turbine d’aria gli fece arricciare il naso, ma lui non lo collegò con l’immagine di una vecchia tomba appena scoperchiata che gli passò fulminea nella mente. Era a malapena consapevole sia dell’odore sia dell’immagine; si sforzava di tenere la mente sgombra, ma l’altro uomo con cui divideva la cima della torre continuava a intromettersi in quel vuoto. La cima della torre era larga dieci passi, circondata da mura merlate che arrivavano all’altezza del torace. Era abbastanza grande da non dare mai la sensazione d’affollamento, a meno che non ci fosse anche un Custode.
Nonostante la giovane età, Rand era più alto della maggior parte degli uomini, ma Lan era alto quanto lui e aveva una muscolatura più possente, anche se le sue spalle non erano altrettanto larghe. Una stretta striscia di cuoio intrecciato teneva i capelli del Custode scostati dal volto, un volto spigoloso che sembrava fatto con lastre di pietra, un volto privo di segni, come per smentire la spruzzata di grigio che aveva sulle tempie. Nonostante il caldo e lo sforzo, solo un sottile strato di sudore gli imperlava il petto e le braccia. Rand studiò i gelidi occhi azzurri di Lan, a caccia di qualche indizio sulle sue intenzioni. Il Custode sembrava non battere mai le palpebre, e la spada da esercitazione nelle sue mani si muoveva calma e sicura mentre lui passava da una posizione all’altra. Con una fascina di doghe tenute insieme da un nodo lento al posto della lama, la spada da addestramento schioccava con forza ogni volta che colpiva qualcosa, e lasciava un livido ogni volta che coglieva la carne. Rand lo sapeva fin troppo bene. Aveva tre sottili linee rosse allineate sul torace, e un’altra gli bruciava sulla spalla. Si era dovuto impegnare al massimo per non procurarsi un maggior numero di tali decorazioni. Lan non aveva nemmeno un segno. Come gli era stato insegnato, Rand formò nella mente l’immagine di una singola fiamma e si concentrò su essa, bruciandovi dentro tutte le sue emozioni e le passioni, cercando di formare il vuoto dentro di sé, escludendo anche il pensiero. E il vuoto giunse. Come ormai gli accadeva fin troppo spesso, non era un vuoto assoluto; rimaneva ancora la fiamma, o una sensazione di luce che increspava la sua immobilità interiore. Ma era sufficiente, almeno. La fredda pace del vuoto lo avvolse, e Rand fu un tutt’uno con la spada da esercitazione, con la pietra levigata sotto gli stivali, persino con Lan. Tutto era uno, e lui si muoveva senza pensare a un ritmo che coincideva con quello del Custode, passo dopo passo, mossa dopo mossa.
Il vento si alzò di nuovo, portando il suono delle campane dalla città. Qualcuno sta ancora celebrando la primavera che finalmente è arrivata, si disse Rand. Il pensiero si agitò estraneo attraverso il vuoto dando vita a onde di luce, disturbando la pace interiore e, quasi il Custode potesse leggere nella mente di Rand, la spada da addestramento vorticò nelle mani di Lan. Per un lungo minuto il rapido clack-clack-clack dello scontro dei fasci di legno riempì la cima della torre. Rand non fece alcuno sforzo per portare a segno un attacco; era l’unico modo in cui poteva evitare che i colpi del Custode lo raggiungessero. Per schivare i fendenti di Lan all’ultimo momento possibile, era costretto ad arretrare. L’espressione di Lan era imperturbabile; la spada da esercitazione sembrava viva nelle sue mani. Il fendente del Custode si trasformò all’improvviso in un affondo. Colto di sorpresa, Rand indietreggiò, preparandosi a ricevere il colpo che stavolta sapeva di non poter parare. Il vento ululò attraverso la torre… e lo intrappolò. Era come se l’aria fosse a un tratto diventata gelatina, imprigionandolo in un guscio. E spingendolo in avanti. Il tempo e i movimenti rallentarono; terrorizzato, Rand guardò la spada da addestramento di Lan che si trascinava verso il suo petto. Non ci fu nulla di lento o morbido nell’impatto. Le costole gli scricchiolarono come se fosse stato colpito da un martello. Emise un grugnito, ma il vento non gli permise di farsi da parte; al contrario, lo spinse ulteriormente in avanti. Le asticelle di legno della spada da esercitazione di Lan si piegarono e s’incurvarono – sempre più lentamente, sembrò a Rand – poi si frantumarono, con le punte acuminate che si dirigevano verso il suo cuore, i legni frastagliati che gli perforavano la pelle.
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