Descrizione
1
Napoli, agosto 1966
Rosanna Antonia Menici si appoggiò al lavandino e si sollevò sulla punta dei piedi per guardarsi allo specchio. Dovette spostarsi un po’ verso sinistra perché nel vetro c’era una crepa che distorceva il riflesso. E, nonostante ciò, riusciva a vedere soltanto una parte dell’occhio e della guancia destri. Perfino in punta di piedi era troppo bassa per arrivare al mento.
«Rosanna! Vuoi uscire da lì o no?»
Sospirando, la ragazzina girò la chiave nella toppa. La maniglia ruotò immediatamente e Carlotta si precipitò nel bagno senza riguardi.
«Perché ti chiudi dentro, stupida? Che cos’hai da nascondere?» Carlotta aprì i rubinetti della vasca e con gesti esperti raccolse i lunghi capelli scuri e ricci in cima alla testa.
Rosanna si strinse nelle spalle, imbarazzata, e desiderò che Dio l’avesse fatta bella come la sorella maggiore. La mamma le aveva detto che Dio faceva a tutti quanti un dono diverso e quello di Carlotta era la bellezza. Osservò umilmente la sorella togliersi l’accappatoio, rivelando un corpo perfetto e una pelle come velluto, i seni alti e pieni, le gambe lunghe e affusolate. Chiunque entrasse nel loro bar elogiava sempre la bellissima figlia dei proprietari: «Un giorno sarà un ottimo partito per qualche ricco signore» dicevano.
Il bagno stava iniziando a riempirsi di vapore. Carlotta chiuse i rubinetti e si infilò nella vasca.
Rosanna si sedette sul bordo. «Stasera viene Giulio?» le chiese.
«Sì. Viene.»
«Pensi che lo sposerai?»
Carlotta cominciò a insaponarsi. «No, Rosanna, non lo sposerò.»
«Ma credevo ti piacesse…»
«Mi piace, ma non… oh, sei troppo piccola per capire.»
«A papà piace.»
«Sì, lo so che a papà piace. È di famiglia ricca.» Carlotta inarcò un sopracciglio e inspirò con fare teatrale. «Ma mi annoia. Papà mi accompagnerebbe all’altare anche domani, se potesse, ma prima voglio divertirmi un po’.»
«Io credevo che sposarsi fosse divertente» insistette Rosanna. «Puoi metterti un bel vestito da sposa e ricevere un sacco di regali e avere una casa tua e…»
«E una nidiata di bambini frignanti e i fianchi larghi come una strada» concluse Carlotta continuando a insaponarsi con lentezza. I suoi occhi scuri la fissarono. «Che cosa stai guardando? Vattene, Rosanna, dammi dieci minuti di pace. Alla mamma serve una mano di sotto. E chiudi la porta quando esci!»
Senza replicare Rosanna uscì dal bagno e scese le ripide scale di legno. Aprì la porta in fondo alla rampa ed entrò nel bar. Le pareti erano state imbiancate di recente e un dipinto della Madonna era appeso accanto a un poster di Frank Sinatra in fondo alla stanza, proprio sopra il banco. I tavoli di legno scuro erano lucidi e su ciascuno era posata una bottiglia vuota con sopra una candela accesa.
«Eccoti qua! Dov’eri finita? Ti ho chiamato mille volte. Vieni ad aiutarmi ad appendere questo manifesto.» Antonia Menici era in piedi su una sedia e teneva un’estremità del grande foglio. La sedia oscillava pericolosamente sotto il suo notevole peso.
«Sì, mamma.» Rosanna prese un’altra sedia e la trascinò al centro del locale.
«Muoviti, bambina! Dio ti ha dato le gambe per correre, non per strisciare come una lumaca!»
Rosanna prese l’altra estremità del manifesto, poi salì sulla sedia.
«Appendilo al chiodo» la istruì Antonia.
Rosanna obbedì.
«Ora vieni ad aiutare mamma a scendere, così vedrò se l’abbiamo appeso dritto.»
Rosanna scese e si affrettò ad aiutare Antonia. La madre aveva le mani umide e Rosanna le vide qualche goccia di sudore sulla fronte.
«Bene, bene.» Antonia guardava il cartellone con aria compiaciuta.
Rosanna lesse ad alta voce le parole scritte sopra: «Buon trentesimo anniversario Maria e Massimo!».
Per la contentezza, Antonia fece una cosa piuttosto insolita: diede un abbraccio a sua figlia. «Oh, sarà una bellissima sorpresa! Sono convinti di cenare qui solo con me e tuo padre. Chissà che faccia faranno quando vedranno tutti i loro amici e parenti.» Il suo volto rubicondo si illuminò per la gioia. Lasciò Rosanna, si sedette e si asciugò la fronte con un fazzoletto. Poi si chinò in avanti e fece cenno alla figlia di avvicinarsi. «Rosanna, devo dirti un segreto. Ho scritto a Roberto. Verrà alla festa da Milano. Canterà per sua madre e suo padre, proprio qui nel bar Marco! Domani tutta Piedigrotta parlerà di noi!»
«Sì, mamma. È un cantautore, vero?» «Cantautore? Che parola dozzinale! Roberto Rossini non è un cantautore, studia canto alla Scala di Milano. Un giorno diventerà un grande cantante d’opera e si esibirà sul palco, proprio in quel teatro.»
Antonia intrecciò le dita in grembo e, agli occhi di Rosanna, sembrava proprio che stesse pregando, come quando ascoltava la messa in chiesa.
«Ora vai ad aiutare tuo padre e Luca in cucina. C’è ancora tantissimo da fare prima della festa, e io devo andare dalla signora Baresi a farmi i capelli.»
«Carlotta verrà ad aiutarmi?» chiese Rosanna.
«No, lei viene con me dalla signora Baresi. Dobbiamo essere perfette per stasera.»
«Io che cosa mi metterò, mamma?»
«Hai il vestito rosa della domenica, Rosanna.»
«Ma è troppo piccolo, sarò ridicola» disse lei facendo il broncio.
«Certo che no! La vanità è un peccato, tesoro. Dio verrà di notte a strapparti tutti i capelli se ti sente fare questi pensieri insolenti. Ti sveglierai al mattino completamente calva, come è successo alla signora Verni quando ha lasciato il marito per un uomo più giovane! Ora forza, vai dove ti ho detto.»
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