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L’ascesa dell’ombra. La ruota del tempo: 4

24,70

La Torre Bianca è scossa da eventi impensabili, i Reietti cercano Callandor per acquisirne il potere, e Rand per distruggerlo nella carne: il Tenebroso lo brama per distruggergli l’anima. Perrin deve affrontare la realtà di Emond’s Field, sempre alla ricerca di una via d’uscita dalla vita da lupo, Mat scopre un’incognita che potrebbe costargli la vita. Nynaeve, Elayne ed Egwene sono ancora a caccia dell’Ajah Nera e anche le loro strade prendono svolte impreviste, verso città oscure, verso il Mondo dei Sogni. Anche le Profezie del Rhuidean, l’antico luogo magico del Popolo del Drago, si compiono. Il Popolo del Mare ha trovato il suo Coramoor. Antichi artefatti da tempo dimenticati vengono usati per scrutare il futuro.

Le vite e i sentimenti dei ragazzi di Emond’s Field seguono il loro corso, intrecciandosi con gli eventi quotidiani, la magia, l’umana ostinazione. Mentre amici e nemici complottano e si mobilitano, il Drago studia i testi delle Profezie e combatte per controllare il proprio potere. Ma tutti sanno che vi sarà la guerra, contro i Reietti e i nemici del Drago Rinato… La prigione che rinchiude il Tenebroso sta lentamente perdendo potere, e nella battaglia finale Rand al’Thor sa già chi dovrà affrontare…

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

14 maggio 2020

ISBN

978-8834739556

Lingua

Formato

Copertina flessibile

COD: 7724 Categoria: Tag: Product ID: 20637

Descrizione

1

Semi dell’Ombra

La Ruota del Tempo gira e le Epoche si susseguono, lasciando ricordi che divengono leggenda; la leggenda sfuma nel mito, ma anche il mito è ormai dimenticato, quando ritorna l’Epoca che lo vide nascere. In un’Epoca chiamata da alcuni Epoca Terza, un’Epoca ancora a venire, un’Epoca da gran tempo trascorsa, il vento si alzò nella vasta pianura chiamata il Prato di Caralain. Il vento non era l’inizio. Non c’è inizio né fine, al girare della Ruota del Tempo. Ma fu comunque un inizio.

Il vento soffiava da nord e da ovest sotto al sole del primo mattino, su distese sterminate di erba ondulata e boschetti radi, sul veloce fiume Luan, oltre la zanna spezzata di Montedrago, montagna leggendaria che torreggiava sui placidi colli dell’ondulata pianura, così alta che le nubi avvolgevano meno della metà del picco fumante. Montedrago, dove era morto il Drago – e con lui, sostenevano alcuni, l’Epoca Leggendaria – e dove le Profezie proclamavano sarebbe rinato. Il vento soffiava da nord e da ovest, attraverso i villaggi di Jualdhe, Darein e Alindaer, dove ponti simili a merletti di pietra si protendevano dalle Mura Lucenti, le immense e bianche mura di quella che molti definivano la città più grandiosa del mondo. Tar Valon. Una città appena sfiorata, ogni sera, dall’ombra di Montedrago.

All’interno di quelle mura, edifici costruiti dagli Ogier ben oltre duemila anni prima sembravano crescere dal terreno piuttosto che esservi stati costruiti sopra, o facevano pensare al lavoro del vento e dell’acqua piuttosto che a quello delle mitiche mani dei costruttori. Alcuni edifici somigliavano a uccelli che stavano spiccando il volo, o a grosse conchiglie provenienti da mari lontani.

Torri vertiginose, svasate, scanalate o a spirale si elevavano connesse da ponti sospesi a centinaia di metri dal suolo, spesso privi di ringhiere. Solo coloro che erano stati a lungo a Tar Valon riuscivano a non guardarsi intorno a bocca aperta come campagnoli che non avevano mai lasciato le fattorie.

La più grande di tutte le torri, la Torre Bianca, dominava la città, luccicante sotto al sole come un osso lucidato. La Ruota del Tempo gira intorno a Tar Valon, così sostiene la gente in città, e Tar Valon gira intorno alla Torre. La prima cosa che vedevano i viaggiatori diretti a Tar Valon, prima che i cavalli giungessero in vista dei ponti, prima che i capitani dei vascelli fluviali avvistassero l’isola, era la Torre che rifletteva la luce del sole come un faro. Non c’era da meravigliarsi quindi che la grande piazza che si estendeva al di là delle mura della Torre sembrasse più piccola di quanto non fosse sotto la sua massiccia e imponente presenza, e le persone che l’affollavano rimpicciolite come insetti. Tuttavia la Torre Bianca avrebbe anche potuto essere la più piccola di Tar Valon: per il fatto di essere il fulcro del potere delle Aes Sedai avrebbe comunque dominato la città.

Malgrado la gran quantità di persone, la folla non riempiva neanche metà della piazza. Lungo i margini la gente si spintonava in una massa pullulante, tutta indaffarata nelle faccende quotidiane, ma vicino alla zona della Torre erano in pochi, nella striscia di lastricato spoglio, largo almeno cinquanta passi, che delimitava le alte mura bianche. Naturalmente le Aes Sedai erano più che rispettate a Tar Valon, e l’Amyrlin Seat governava la città come anche le Aes Sedai, ma pochi volevano trovarsi vicino al potere più di quanto dovevano. C’era una differenza fra l’essere fieri di avere un grande camino nel proprio salone e camminare fra le fiamme.

Pochissimi si avvicinavano all’ampia scalinata che portava verso la Torre, alle intricate porte intagliate abbastanza larghe da permettere il passaggio di una dozzina di persone affiancate. Queste porte erano spalancate, accoglienti. C’era sempre qualcuno che aveva bisogno di un aiuto o di una risposta che credeva potessero fornirgli solo le Aes Sedai; e venivano da lontano e da vicino, dall’Arafel e dal Ghealdan, dalla Saldaea e da Illian. Molti avrebbero trovato guida o assistenza all’interno della Torre, anche se spesso non era ciò che si erano aspettati o avevano sperato di ricevere.

Min tenne sollevato l’ampio cappuccio del mantello per nascondere il viso fra le ombre profonde. Malgrado il caldo della giornata l’indumento era abbastanza leggero da non attirare commenti, non su una donna così palesemente timida. Molte persone diventavano timide quando si recavano alla Torre. Non c’era nulla in lei che attraesse l’attenzione. I capelli neri erano più lunghi dell’ultima volta che si era trovata lì dentro, anche se ancora non le arrivavano nemmeno alle spalle, e l’abito, tutto blu se non per alcune piccole applicazioni di merletto bianco di Jaerecruz attorno al collo e ai polsi, sarebbe stato consono per la figlia di un contadino benestante e che indossava l’abito della festa per la visita alla Torre, proprio come le altre donne che stavano avvicinandosi alle scale. Min sperava almeno di somigliare alle altre. Aveva dovuto smettere di fissarle per vedere se camminavano o si comportavano diversamente. Posso farlo, si ripeteva.

Di certo non era giunta fin lì per tornare indietro. L’abito era un buon travestimento. Quelle che si ricordavano di lei nella Torre avevano in mente una giovane donna con i capelli molto corti, sempre con una giubba e brache da ragazzo, mai un abito femminile. Doveva essere un buon travestimento. Non aveva altra scelta. Lo stomaco si stava agitando sempre più man mano che si avvicinava alla Torre, e Min aumentò la presa sul fagotto che stringeva al petto. Là dentro c’erano i suoi soliti abiti e gli stivali buoni, più tutti i suoi averi, tranne il cavallo lasciato in una locanda non lontano dalla piazza. Con un po’ di fortuna, in poche ore sarebbe stata di nuovo in groppa al castrone, cavalcando verso il ponte di Ostrein e la strada verso sud.

Non era per nulla impaziente di rimontare a cavallo così presto, non dopo settimane trascorse in sella senza mai un giorno di pausa, ma desiderava ardentemente lasciare quel posto. Non aveva mai considerato la Torre Bianca un luogo ospitale, e in quel momento sembrava spaventoso quasi quanto la prigione del Tenebroso a Shayol Ghul. Rabbrividendo desiderò non aver pensato al Tenebroso. Mi chiedo se Moiraine creda che sia venuta fin qui solo perché me lo ha chiesto. Che la Luce mi aiuti, mi sto comportando come una ragazzina stupida. Fare stupidaggini per via di uno stupido uomo!, pensò.

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