Descrizione
Capitolo 1
Theodore Albert Samuels camminò a grandi falcate attraverso Stoneydale Hall, dando a malapena una seconda occhiata agli arredi opulenti, agli oggetti d’arte dal valore inestimabile e alla stupenda architettura. Apparteneva a lui, dopo tutto. Era tutto suo, la sua dote, la sua eredità…
A un tratto si fermò.
«Dannazione» borbottò sospirando, sperando che nessun operatore della troupe cinematografica si fosse accorto.
Osservandoli, sembrava che fossero ancora presi con l’illuminazione, con gli oggetti di scena e a dove gli attori sarebbero dovuti sostare per girare riprese migliori.
Per fortuna, pensò, non avrebbe avuto nessuna telecamera puntata su di lui ancora per un paio di giorni; abbastanza per immedesimarsi nel suo ruolo. Ed era molto importante che lo facesse, era il più grande e il più importante ruolo fino a quel momento.
Se l’avesse fatto bene, avrebbe potuto dare uno slancio alla sua carriera. Forse perfino avvicinandosi all’Oscar.
Prendendo profondi respiri, si allungò in tutto il suo metro e novantatré e adottò un modo di fare disinteressato e arrogante – calandosi in Mr. Darcy, forse? –. Quello che avrebbe fatto in Orgoglio e Pregiudizio o ne Il Diario di Bridget Jones.
Io sono William Arthur Stoneydale. E questa proprietà è mia.
In realtà a loro avevano dato la gestione dell’abitazione per le riprese; i veri proprietari erano andati nel Sud della Francia per l’estate, così Theo continuò a gironzolare per la casa, salendo e scendendo le scale, soffermandosi su tutto ciò che l’avrebbe aiutato a sentirsi davvero il Lord della villa.
Sospirando, si passò una mano attraverso la sua zazzera di riccioli neri e uscì nei giardini. Erano bellissimi; prati completamente curati, aiuole fiorite, roseti, arcate e arbusti perfettamente posizionati.
Nonostante la perfezione degli interni, si sentì rassicurato, probabilmente perché era sempre stato un tipo da esterno, fin da bambino. Solo le severe, seppur amorevoli, parole di persuasione dei suoi genitori lo inducevano a rientrare in casa per fare i compiti, per i suoi esami ed eventualmente per garantirsi un posto all’Accademia d’arte drammatica, meglio conosciuta come RADA.
Quest’ultima era stata la sua scelta; suo padre e sua madre volevano solo che lui lavorasse sodo e facesse del suo meglio, qualsiasi lavoro avesse scelto. Le sue opzioni di carriera, infatti, non furono scelte da loro, solo supportate.
Lasciandosi crollare su di una panchina, Theo si ricordò del pieno sostegno e della fiducia dei suoi genitori. Quello, e che si laureò alla RADA come il migliore.
Dopo di ciò, passò da un successo a un altro.
«Forza, Theo…» borbottò tra sé. «Puoi farcela. È soltanto un altro ruolo. Un ruolo che puoi interpretare. Puoi esserlo.»
La sua chiacchierata con se stesso fu interrotta dal suono di passi che calpestavano la ghiaia. Poi, da dietro una fila di siepi sapientemente tagliate in varie forme tramite arte topiaria, apparve un giovane uomo, forse di qualche anno più giovane di Theo.
«Oh…» disse l’uomo, rallentando quando lo vide. «Mi scusi. Non pensavo ci fosse qualcuno qui. Non state girando, vero?» Si guardò intorno per cercare le telecamere. «Mi era stato detto che non avreste iniziato prima di qualche giorno, datemi il tempo di finire…».
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