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Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI

Il prezzo originale era: €20,00.Il prezzo attuale è: €19,00.

Quello tra Joseph Ratzinger e Georg Gänswein è stato un lungo e significativo rapporto di profondo rispetto e stima reciproca, sin da quando, nel 2003, il futuro Papa nominò segretario personale il giovane sacerdote tedesco. E ancor più dopo l’elezione del cardinale Ratzinger come Benedetto XVI, don Georg ha vissuto costantemente al suo fianco quale suo più stretto collaboratore, ma anche confidente e consigliere, accompagnandolo durante il pontificato e nel tempo successivo alla storica rinuncia del 2013.
Oggi, dopo la scomparsa del Papa emerito, per l’attuale prefetto della Casa pontificia è giunto il momento di raccontare la propria verità riguardo le bieche calunnie e le oscure manovre che hanno cercato invano di gettare ombre sul magistero e sulle azioni del Pontefice tedesco, e di far conoscere così, finalmente, il vero volto di uno dei più grandi protagonisti degli ultimi decenni, troppo spesso ingiustamente denigrato dai critici come Panzerkardinal o “Rottweiler di Dio”.
Un racconto autentico e schietto in cui, coadiuvato dalla esperta penna del vaticanista Saverio Gaeta, monsignor Gänswein propone l’autorevole ricostruzione di un particolarissimo periodo per la Chiesa cattolica, affrontando anche gli interrogativi su enigmatiche vicende, quali i dossier di Vatileaks e i misteri del caso Orlandi, lo scandalo della pedofilia e i rapporti fra il Papa emerito e il successore Francesco. Ne scaturisce l’intensa testimonianza della grandezza di un uomo, cardinale, Papa che ha fatto la storia del nostro tempo e che emerge qui come un faro di competenza teologica, chiarezza dottrinale e saggezza profetica.

Informazioni aggiuntive

Editore

Data di pubblicazione

9 gennaio 2023

ISBN-13

978-8856690392

Lingua

Italiano

Formato
Copertina flessibile

€ 20,00

COD: 8452 Categoria: Tag: Product ID: 20704

Descrizione

1

Il “predestinato” fuori dagli schemi

 

Una perenne provvisorietà

Tanti anni di frequentazione delle gerarchie vaticane mi hanno fatto maturare un preciso convincimento: ciascun membro del Collegio cardinalizio custodisce – nascosta in un angolino della mente e del cuore – la consapevolezza che un giorno Cristo potrebbe chiedergli di assumere il ruolo di suo Vicario sulla Terra.

Ma, nel contempo, mi sono anche reso conto che – a meno di seri problemi psichiatrici – nessuno di loro ha realmente l’ambizione di sedersi sulla Cattedra di Pietro, ben conscio dell’impegno materiale, e soprattutto della responsabilità spirituale, che tale ufficio comporta ed esige. Di conseguenza c’è la rimozione di qualunque pensiero in merito, agendo anzi in modo da allontanare il più possibile da sé tale ipotesi.

Come un singolare flash, sono queste le considerazioni che mi tornano alla mente se ripenso a quel 14 febbraio 2003, quando il cardinale Joseph Ratzinger, all’epoca prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, diede un annuncio che mi riguardava personalmente e che di fatto modificò in maniera radicale il corso della mia vita a quel tempo, ma ancor più in seguito.

Eravamo nella pausa dei lavori del cosiddetto “congresso particolare”, che si svolgeva ogni venerdì mattina, durante il quale ciascun collaboratore della Dottrina della fede presentava ai superiori della Congregazione un aggiornamento sulle tematiche delle quali si stava occupando.

Due giorni prima era stata resa nota la nomina di monsignor Josef Clemens, da una ventina d’anni segretario particolare del cardinale Ratzinger, come sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica (il successivo 25 novembre, Giovanni Paolo II lo avrebbe designato segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, con la contestuale elevazione a vescovo).

Mentre stavamo prendendo un caffè e chiacchieravamo in piccoli gruppi, Ratzinger chiese un momento di silenzio, si schiarì la voce e si congratulò a nome dei presenti con monsignor Clemens per la sua promozione, ringraziandolo con calore per tutto il lavoro che aveva svolto per la Congregazione e per lui personalmente.

Subito dopo, con un bonario sorriso, mi fece segno di avvicinarmi e proseguì indicandomi: «Voi tutti conoscete don Giorgio (così venivo chiamato in Congregazione): l’ho fatto venire qui al mio fianco perché così potete vedere davanti a voi due provvisori». Si levò un brusio, poiché l’inflessione tedesca del cardinale aveva dato a qualcuno la sensazione che avesse pronunciato la parola “professori”, suscitando l’interrogativo di cosa intendesse dire.

Ratzinger si accorse dell’involontario equivoco e subito chiarì: «No, intendevo proprio “provvisori”, perché lui diventa il mio segretario personale, ma ovviamente lo sarà soltanto per poco tempo. Sapete infatti che sono prefetto qui da ormai 21 anni e ho sollecitato già diverse volte Giovanni Paolo II affinché mi lasci andare in pensione, secondo le regole, dato che da mesi ho superato i 75 anni d’età. Devo unicamente attendere la lettera di accettazione della mia richiesta da parte di Papa Wojtyła».

Beata ingenuità, fu il bisbiglio che immediatamente serpeggiò. Anche se il cardinale era pienamente convinto di quanto aveva affermato, nessuno nutriva il minimo dubbio riguardo al fatto che quella lettera non sarebbe mai giunta a destinazione, anzi che non sarebbe nemmeno mai stata scritta o inviata.

In seguito, quando il cardinale si lasciò andare in privato a un’osservazione sul ritardo della risposta, provai a fare una battuta per sdrammatizzare e gli dissi che avrebbe potuto sollecitarla in uno dei consueti incontri del venerdì pomeriggio con Giovanni Paolo II, magari facendogli spiritosamente notare come il servizio postale dal Palazzo apostolico al Sant’Uffizio non funzionasse a dovere. Ma lui si limitò a farmi uno di quei suoi sorrisi a fior di labbra, per poi tacere. Capii che non desiderava approfondire, e smisi di permettermi simili commenti.

Di fatto, si trattava dell’ennesima prova che Ratzinger viveva un po’ “fuori dal mondo (ecclesiastico)”, come scherzosamente dicevamo tra noi, e che si muoveva su un livello decisamente più etereo rispetto agli altri confratelli porporati, senza apparentemente rendersi conto che da molti di loro veniva considerato il primo dei “papabili”, nella sempre più realistica eventualità di un prossimo Conclave. O forse era soltanto un modo per esorcizzare il timore che si potessero concretizzare davvero quelle velate allusioni che si ascoltavano in Vaticano… Ma era una prospettiva totalmente estranea ai suoi ragionamenti e desideri.

In effetti, lui pensava di essere riuscito a sistemare le cose in modo da spalancare al più presto la porta a un successore. Oltre al trasferimento di Clemens e ad alcuni avvicendamenti tra gli officiali della Congregazione (in particolare, con l’arrivo di monsignor Charles Scicluna come promotore di giustizia), il 10 dicembre 2002 era stata resa nota la nomina di monsignor Tarcisio Bertone, dal 1995 segretario della Congregazione e principale collaboratore del prefetto, come nuovo arcivescovo di Genova.

L’ingresso ufficiale di Bertone in diocesi avvenne il 2 febbraio 2003, cosicché, il 16 febbraio seguente, il cardinale Ratzinger poté lasciarsi andare a uno schietto commento nella lettera a Esther Betz, con cui era in confidenza sin dai tempi del Concilio, quando la donna era corrispondente da Roma per un giornale tedesco: «Non c’è da stupirsi che le voci si stiano intensificando e che anche il termine del mio incarico sia imminente. Grazie a Dio, abbiamo trovato persone nuove e buone. A ogni modo, sarei felice di sapere che anche per me si stanno preparando tempi più tranquilli».

Nelle sue memorie, monsignor Bruno Fink – che gli fu segretario quando era arcivescovo a Monaco e nei primi due anni in Congregazione, fino al Natale del 1983 – ha raccontato che, appena giunti a Roma nel febbraio del 1982, il cardinale Ratzinger gli aveva detto che intendeva restare in carica come prefetto al massimo per due mandati quinquennali, in modo da poter rientrare nella casa che aveva fatto costruire a Pentling, nei pressi di Ratisbona, in tempo per poter realizzare le opere teologiche che aveva in mente.

Il 25 novembre 1991, a dieci anni esatti dalla nomina, Ratzinger aveva provato a chiedere a Giovanni Paolo II di sollevarlo dal gravoso incarico, spiegandogli spiegandogli che la morte della sorella Maria, avvenuta il 2 novembre precedente, lo aveva privato della sua preziosa compagnia domestica, mentre l’emorragia cerebrale che aveva subìto in settembre gli aveva causato seri problemi di vista all’occhio sinistro e uno stato di costante prostrazione fisica. Ma il Pontefice non intese ragioni e lo confermò nell’incarico per altri cinque anni.

Così – tra fine 1996, quando scadeva l’ulteriore mandato, e inizio 1997, al compimento dei 70 anni – il cardinale attuò una mossa che, un po’ ingenuamente, confidava più destinata al successo, facendo discretamente arrivare alle orecchie di Papa Wojtyła il suggerimento di nominarlo archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. In quei mesi era infatti previsto il rinnovo delle cariche riguardanti l’Archivio segreto e la Biblioteca apostolica vaticana, con la sostituzione del cardinale Luigi Poggi, ormai quasi ottantenne.

Il salesiano Raffaele Farina, nominato il 25 maggio 1997 prefetto della Biblioteca (e che sarebbe stato elevato alla porpora nel 2007 proprio da Benedetto XVI), dopo qualche settimana ebbe l’occasione di un colloquio con Ratzinger e si sentì appunto chiedere ragguagli su quali fossero i compiti del cardinale bibliotecario: ostentando indifferenza, sembrava quasi pregustare il dolce “pensionamento” in compagnia di libri e documenti carichi di storia. Ma, anche in questo caso, Giovanni Paolo II tagliò corto e non prese in considerazione l’idea.

Mostrando quasi un po’ di nostalgia, Benedetto XVI lo disse personalmente, il 25 giugno 2007, al cardinale Jean-Louis Tauran, durante una visita alla Biblioteca: «Confesso che, al compimento del mio settantesimo anno di età, avrei tanto desiderato che l’amato Giovanni Paolo II mi concedesse di potermi dedicare allo studio e alla ricerca di interessanti documenti e reperti da voi custoditi con cura, veri capolavori che ci aiutano a ripercorrere la storia dell’umanità e del cristianesimo. Nei suoi disegni provvidenziali il Signore ha stabilito altri programmi per la mia persona».

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