Descrizione
Capitolo 1
Il Conte Virgilio Rubaudo stava in piedi davanti alla porta-finestra del salotto, fissando il digradare dei vigneti giù per la collina. La bruma faceva fatica a sollevarsi e le foglie luccicavano di goccioline ai primi raggi di un sole malato. Erano i primi di Novembre e nella casa regnava un gelo profondo. Il Conte, malgrado fossero da poco passate le sei, era completamente vestito e pronto per uscire: la pesante giacca di velluto marrone a coste, i pantaloni di fustagno e gli stivali di cuoio un po’ logori, indicavano chiaramente che la sua uscita non sarebbe stata per breve tempo e nemmeno di genere mondano. Qualcuno entrò nella stanza silenziosamente e il Conte si girò, guardando interrogativamente l’uomo massiccio e biondo che era entrato.
– Allora, Igor?
L’uomo chinò il capo.
– Stanno arrivando.
Il Conte Virgilio nascose un sorrisino acido sotto ai baffi folti e rossicci. Gli piaceva far pesare la sua autorità, veder tremare servitù e famiglia. Lo faceva sentire potente, grande. Il suo contado non era molto importante, anche se si estendeva dai colli trevigiani giù fino al mare; era fatto di vigneti, campi di orzo, un paio di mulini, una decina di pescherecci. I Rubaudo discendevano dai Longobardi ed erano in quella zona da quando la memoria poteva risalire, senza impicciarsi troppo di politica e lasciando che guerre e Governi passassero loro accanto senza lasciarsi coinvolgere, a meno che qualcuno non osasse mettere le mani su ciò che era di proprietà. Non erano mai stati amanti della vita di società, né quando il contado faceva parte della Repubblica Veneta, sicuramente non durante il periodo di occupazione degli austriaci e nemmeno adesso che da qualche anno era stato costituito il Regno D’Italia. Lui stesso non era mai stato presentato al Re, anzi, non era mai stato nemmeno a Roma, nuova capitale della nuova Italia; i Rubaudo erano contadini con un titolo che, in effetti, non contava molto. La ricchezza dei Rubaudo era però nelle enormi foreste della Croazia, nei vasti territori che appartenevano alla famiglia da generazioni. Virgilio, un paio di volte all’anno, si imbarcava a Venezia e andava a visitare le foreste, a decidere quali alberi tagliare. Poi le chiatte portavano il legname a Venezia e lì lo vendeva, non ce n’era mai abbastanza per costruire navi, battelli, case.
Virgilio aveva un fratello minore, Gustavo, che si era dato al gioco e al bere, non lo sentiva da anni; ogni tanto riappariva, restava una decina di giorni, si faceva dare quanto più denaro poteva, gli svuotava l’armadio, metteva incinte due o tre ragazze del circondario e poi tornava a sparire, beato e contento, lasciando lui a tenere le redini della famiglia.
Virgilio invece si era sposato giovane, non che la moglie fosse all’altezza di un Conte, ma a lui andava bene, anche se sapeva che non avrebbe mai potuto presentarla a Corte. Caterina Bonfanti era stata la cameriera personale e dama di compagnia di sua madre e lui se ne era invaghito. Appena la madre era morta, l’aveva sposata e lei gli aveva dato tre figli. Ora, dopo più di dieci anni, aveva perso un po’ della sua prorompente bellezza contadina ed era diventata una affilata e severa donna che si avviava alla mezza età, una parodia di Contessa, o di come, secondo lei, doveva essere una vera Contessa. E, Virgilio lo sapeva perfettamente, non era amore quello che la teneva legata a lui e probabilmente non vedeva l’ora che lui morisse, per poter finalmente spendere quei soldi che lui invece teneva in gran conto e ben nascosti. Per questo, in una specie di gioco sadico, Virgilio pretendeva che quando stava per partire per la Croazia, l’intera famiglia fosse alla sua partenza, senza badare all’ora.
Si girò verso Igor, suo segretario-valletto-cocchiere, un giovanottone di circa trent’anni che aveva portato con sé da uno dei suoi viaggi. Igor parlava poco e questo gli piaceva. Gli era sempre al fianco, sempre pronto ad ogni suo desiderio e questo gli piaceva ancora di più. Sospettava che andasse a letto con sua moglie Caterina quando lui non c’era e questo gli piaceva meno, ma fingeva di ignorare la cosa, evitava di approfondire la questione, era più semplice per tutti e poi una donna sazia a casa non pretende troppo e così a lui restava la libertà di frequentare le sue amichette a Venezia e a Capodistria. Ora si battè il frustino sugli stivali e disse, secco.
– Non sono ancora pronti?
Igor si dondolò leggermente, il viso abulico e chiuso.
– La signora Contessa era pronta, ma i bambini non ancora.
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