Descrizione
Capitolo 1
<<Mi chiedo perché mai tu non voglia qualcosa contro il dolore! Puoi ancora chiedere, non è passato il tempo>> mi rimprovera Svàva, sulla fronte una ruga d’espressione accentuata dalla sua evidente agitazione, nella speranza di un mio cambio d’idea repentino.
Solo che io non voglio. Per nessun motivo. Ho scelto e non cambio pensiero.
Prendo un bel respiro, stringo i denti quanto serve per poterle rispondere e apro bocca. <<Perché solo attraverso il dolore ho sempre raggiunto i miei obiettivi>>.
<<Non sai cosa dici>> continua lei.
<<So sempre cosa dico. Sempre>>. Le rispondo convinta, con un tono di voce inasprito dal dolore, ma che non ammette repliche. Di nessuno.
Lei si allontana, scuote la testa, sbuffa, poi ritorna al mio capezzale, mi scosta una ciocca di capelli madidi di sudore dal viso e mi sorride. <<E chi mai ti avrebbe messo in testa queste sciocchezze?>> mi chiede con tenerezza, intuendo già la risposta.
<<Esther>>. Solo lei, la mia unica vera amica. Colei che mi sta di fronte in questo istante, il momento più intenso della mia vita, il momento più magico, misterioso e terrificante, il momento della separazione, ma dell’inaspettata gioia. Colei che mi ha sempre accompagnato in questi ventitré anni e che non mi ha mai abbandonato. Colei che ora vedo perfettamente, e che mi sta rimandando il sorriso più fiero che si sia mai visto sulla terra.
Sì, perché ora vedo. Finalmente vedo tutto alla perfezione. Vedo Esther, osservo Aidha, noto perfino le mie nonne. La cosa più eccezionale, è vedere nonna Rose stringere la mano a nonna Giovanna, che a sua volta stringe la mano di Asiya, che si lascia afferrare la mano da Esther, che si unisce ad Aidha. Stanno pregando. Pregano per noi. E splendono. Sì, loro sono davvero i miei angeli protettori. Ho come l’impressione che una tenda invisibile si sia tolta di mezzo, lasciandomi vedere quello che prima non avevo la capacità di mettere a fuoco davvero.
Esther ha sempre avuto ragione. Bisogna avere la forza e il coraggio di vedere con il cuore, non con gli occhi. Gli occhi sono solo il mezzo che usiamo per mettere a fuoco la realtà che ci circonda, le infinite quantità di piccole scariche energiche che fuoriescono dai fotoni che ci permettono di dare forma, colore e vita alle immagini sequenziali intorno a noi, ma per vedere realmente, bisogna trasferire quei dati visivi a un altro distretto. Il cuore.
Solo attraverso le incessabili pulsazioni di quel muscolo involontario, su cui, appunto, non abbiamo nessun potere, possiamo decifrare i messaggi che le immagini nascondono dietro di loro. Solo attraverso i suoi battiti scanditi ritmicamente da suoni sordi nel nostro petto, possiamo far circolare il sangue, simbolo della vita e dell’amore. Rosso come la passione, fluido come acque lente di un fiume, potente come la forza vitale, caldo come la mano di chi ti ama, ma oscuro come la parte più nascosta, misteriosa e arcaica del nostro essere, dell’origine della vita e dell’inizio dell’amore stesso.
<<Ancora lei?>> domanda divertita Svàva. E’ diventata una donna saggia, la donna che ammirerò sempre e che mi dispiace di non aver compreso prima. La adoro perché è riuscita a trattenere i lati adolescenziali che più le ammiravo. Come dar valore alle parole di una fatina del bosco incantato. Anche se ora sappiamo chi è.
<<Ancora lei>> confermo, con un sorrisetto fanciullesco.
Svàva mi bacia la fronte ed io mi rilasso lievemente.
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