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Regina rossa

12,00

Antonia Scott è speciale. Molto speciale. Non è una poliziotta né una criminologa. Non ha mai impugnato un’arma né portato un distintivo. Eppure ha risolto dozzine di casi. Ma è da tempo che non esce dalla sua soffitta a Lavapiés. Dotata di un’intelligenza straordinaria, è stanca di vivere: ciò che ha perso contava molto più di ciò che l’aspetta là fuori. Jon Gutiérrez, quarantatré anni, omosessuale, ispettore di polizia a Bilbao, è nei guai: su Internet circola un video in cui, nell’intento di aiutare una giovane prostituta, introduce nell’auto del suo protettore una dose di eroina sufficiente a mandarlo dritto in prigione. A farli conoscere è Mentor, la misteriosa figura a capo dell’unità spagnola di Regina Rossa: un programma segreto volto alla cattura di criminali di alto profilo in Europa. Così, loro malgrado, Antonia e Jon si trovano a collaborare a un caso spinoso: il cadavere di Álvaro Trueba, il figlio della presidentessa della banca più grande d’Europa, è stato ritrovato in una villa immacolata con un calice pieno di sangue in mano. La stessa notte, anche Carla Ortiz, figlia di uno dei più ricchi imprenditori del mondo, è scomparsa. Entrambe le famiglie hanno ricevuto una telefonata da un uomo che dice di chiamarsi Ezequiel, ma non vogliono rivelare i dettagli della conversazione avuta con lui: evidentemente, ci sono dei segreti così grandi da non poter essere sacrificati nemmeno in nome di un figlio. Chi è Ezequiel? Si tratta di uno psicopatico o dietro c’è qualcosa di più? Per Antonia e Jon scatta così una disperata corsa contro il tempo, tra false piste, pestate di piedi e trappole mortali, attraverso i meandri più oscuri di Madrid.

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

1 luglio 2021

ISBN

9788893257961

Lingua

Formato

Copertina flessibile

COD: 8893257963 Categoria: Tag: Product ID: 22085

Descrizione

1

Un incarico

A Jon Gutiérrez non piacciono le scale.

Non è una questione di estetica. Sono vecchie (l’edificio è del 1901, ci ha fatto caso entrando), scricchiolano e sono affossate al centro dopo centodiciannove anni d’utilizzo, ma sono solide, tenute bene e verniciate.

C’è poca luce, e le lampadine da trenta watt che penzolano dal soffitto servono solo a rendere le ombre più dense. Da sotto le porte, man mano che sale, filtrano voci straniere, odori esotici, musiche strane di strani strumenti. In fondo siamo a Lavapiés, è domenica pomeriggio e si avvicina l’ora di cena.

Nulla di tutto questo infastidisce Jon rispetto alle scale, perché Jon è abituato ad avere a che fare con cose del secolo scorso (vive con sua madre), con luoghi bui (è gay) e con cittadini stranieri dalle entrate sospette e dalla sospetta condizione (è ispettore di polizia).

Quello che sta sulle palle a Jon Gutiérrez rispetto alle scale è doverle salire.

Maledetti palazzi antichi, pensa Jon. Senza neanche un po’ di spazio per installare un ascensore. Questo a Bilbao non succede.

Non che Jon sia grasso. Perlomeno, non tanto grasso da attirare l’attenzione del commissario. I’ispettore Gutiérrez ha un torace a forma di barile e due braccia in pendant. All’interno, anche se non si vede, ci sono muscoli da sollevatore harrijasotzaile. Duecentonovantatré chili è il suo record personale, nientedimeno, e senza neanche allenarsi troppo, per puro hobby. Per passare la mattinata del sabato. Per non farsi spaccare le palle dagli amici, visto che è frocio. Bilbao è Bilbao e gli sbirri sono sbirri, e molti hanno una mentalità più antica di queste maledette scale centenarie che Jon affronta con tanta difficoltà.

No, Jon non è così grasso da farsi sgridare dal suo capo, e il commissario ha ben altri motivi per cazziarlo, tra l’altro. Per cazziarlo e cacciarlo dal Corpo. Di fatto, Jon è sospeso dal servizio e dallo stipendio, ufficialmente.

Non è così grasso, ma il barile del suo torace è montato su due gambe che, in confronto, sembrano stuzzicadenti. Per cui nessuno sano di mente lo definirebbe un tipo agile.

All’altezza del terzo piano, Jon scopre una meraviglia inventata ai tempi che furono: un panchetto. È un’umile tavola a forma di quarto di cerchio inchiodata a un angolo sul pianerottolo. A Jon sembra il paradiso, e ci si accascia sopra. Per recuperare il fiato, per prepararsi a un incontro di cui non ha nessuna voglia e per riflettere su come diavolo la sua vita sia potuta andare a puttane tanto velocemente.

In che razza di casino mi sono messo, pensa.

2
Un flashback

« … un casino della madonna, ispettore Gutiérrez•, conclude la frase il commissario. Ha la faccia color astice, e respira come una pentola a pressione.

Siamo a Bilbao, nel commissariato di polizia di calle Gordoniz, il giorno prima che Jon si trovi di fronte a sei piani di scale nel quartiere di Lavapiés, a Madrid. Per ora ciò a cui si trova di fronte sono altrettanti reati di falsità materiale, inquinamento di prove, intralcio alla giustizia e scorrettezza professionale. E a una pena da quattro a sei anni di carcere.

«Se il pubblico ministero si incazza può chiedere fino a dieci anni. E il giudice, felice come una pasqua, te li appioppa. Perché a nessuno piacciono i poliziotti corrotti», dice il commissario, sbattendo la mano sul tavolo di acciaio. Si trovano nella sala degli interrogatori, un posto in cui a nessuno va di entrare come ospite d’onore. All’ispettore Gutiérrez tocca il pacchetto premium: il riscaldamento alzato fino a quel gradevole livello tra il caldo asfissiante e la morte per soffocamento, le luci forti, la caraffa d’acqua vuota, ma bene in vista.

«Non sono corrotto», dice Jon, resistendo alla tentazione di allentare la cravatta. «Non mi sono mai messo in tasca neanche un centesimo».

«Come se contasse qualcosa. A che cosa stavi pensando?».
Jon stava pensando a Desiree Gomez, alias la Desi, alias la Brillantini. Desi ha diciannove anni portati male, e già da tre sta per strada. Battendola, dormendoci, iniettandosela nelle vene. Bambolina da salotto, mini tanga pitonato. Nulla che Jon non abbia già visto prima. Ma alcune di queste ragazze ti si infilano nel cuore che neanche sai come, e all’improvviso è tutto una canzone di Joaquìn Sabina. Nulla di serio. Un sorriso, un caffè offerto alle sei e mai del mattino. E all’improvviso ti scoccia che il pappone la gonfi di botte. E parli con il pappone, per vedere se la smette. E il pappone non la smette, perché ha più buchi nel cervello che tra i denti. E lei viene a piangere da te, e tu cominci a surriscaldarti. E prima di rendertene conto gli hai piazzato nella macchina quasi quattro etti di roba. Quanto basta per fargli beccare dai sei ai nove anni.

«Non stavo pensando a niente», risponde Jon.

Il commissario si passa la mano sulla faccia, se la strofina come se volesse cancellare l’espressione di incredulità. Non funziona.

«Voglio dire, se almeno te la scopassi, Gutiérrez. Ma a te non piacciono le donne, no? O adesso vai da una sponda all’altra?».

Jon fa cenno di no con la testa.
«Il piano non era male», ironizza il commissario. «Togliere quell’infame dalla strada era una gran bella idea. Trecentosettantacinque grammi di eroina, dritto al penitenziario. Senza attenuanti, né tante storie. Senza la seccatura delle carte da riempire».

Il piano era stupendo. Il problema è che gli era sembrato talmente buono da farsi venire la brillante idea di raccontarlo alla Desi. Perché sapesse che quell’occhio nero e quei lividi e quella costola incrinata sarebbero stati gli ultimi. E alla Desi però, strafatta di ero, le è dispiaciuto per il suo pappone, poverino. E gliel’ha raccontato. E il pappone ha posizionato la Desi dietro un angolo, nascosta a filmare con il cellulare. E il video l’hanno venduto al canale La Sexta per trecento euro – aggiudicato! -, il giorno dopo l’arresto del pappone per narcotraffico. Ed è venuto fuori un bel casino. Prima pagina su tutti i quotidiani, il video su tutti i telegiornali.

«Non sapevo che mi stessero filmando, commissario», dice Jon, imbarazzato. Si stropiccia i capelli, ondulati e tendenti al rossiccio. Si tira la barba, folta e tendente al grigio.

E ricorda.

La mano ferma di Desi faceva cagare e l’inquadratura era tremenda, ma ha filmato quanto bastava. E il suo faccino da bambola rendeva molto bene sullo schermo. Interpretava da Oscar il ruolo di fidanzata di un innocente incolpato ingiustamente dalla polizia. Né nei programmi del pomeriggio né nei talk show della sera facevano vedere il pappone con il suo aspetto attuale – canotta e denti marroni. No, mettevano una foto cli dieci anni fa, con la prima comunione ancora da digerire. Un angioletto deviato, la colpa è della società, e tutte quelle menate

 

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