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Spiga e il Valore dell’Amicizia: Una favola per bambini sull’amicizia, amore

9,70

Informazioni aggiuntive

Autore

Editore

Data di pubblicazione

2023

ISBN-13

979-8385549337

Lingua

Formato

Copertina flessibile

COD: 10995 Categoria: Tag: Product ID: 21185

Descrizione

Breve descrizione

Questo libro è utile per i Bambini a:

– Credere nell’amicizia e nell’amore
– Credere in se stessi e nelle proprie capacità
– Credere in se stessi e nelle proprie capacità
– A rispettare il prossimo
– Superare le proprie paure e insicurezze
– Superare la timidezza e l’ansia
– Essere curiosi e seguire le proprie passioni

Questo libro è utile per i Genitori a:

– Crescere un bambino sicuro di se e felice
– Insegnare a superare difficoltà
– Incoraggiare i piccoli ad amare se stessi e il prossimo
– Motivare l’impegno, il coraggio e la consapevolezza
– Sostenere e consolidare autostima e accettazione di se stessi

La notte era scesa sullo zoo di Animalandia, quando il cobra Cadabra aveva deciso di fuggire per vivere in libertà. Assieme ad altri serpenti velenosi formano una squadra, i Ribelli Serpenti. Per ottenere il rispetto di tutta la fauna del bosco, Cadabra decide che bisogna cacciare via tutti i serpentelli non velenosi, fra cui Spiga.

Spiga è un serpente di colore arancione e rosso, un solitario, non crede nell’amicizia, ma la sorte gli riserverà moltissime sorprese.

Riuscirà Spiga a fermare Cadabra e a riportare la pace?

CAPITOLO 1

Duello

 

Il cobra tirò fuori la lingua, annusando l’aria. Era rannicchiato a terra il più in basso possibile, non voleva farsi vedere. Tirò fuori la lingua e annusò di nuovo l’aria. Ancora nessun segno di lui. Per il momento era al sicuro. Sferzò la sua lingua biforcuta tra i lunghi fili d’erba mentre strisciava via.

Dopo un po’, però, il cobra iniziò a percepire qualcosa che non andava bene. Rallentò il suo strisciare, e con più attenzione assaggiava l’aria prima di percorrere ogni centimetro. Riconosceva quell’odore; si trattava di una creatura che gli era fin troppo familiare. Il cobra si fermò. Quello era il punto preciso in cui voleva arrivare. L’erba lunga gli oscurava la vista, ma non aveva bisogno degli occhi. La sua lingua gli permetteva di percepire tutto ciò che aveva bisogno di sapere.

Era giunto il suo momento. Il cobra si alzò e mise in mostra il maestoso cappuccio contro il suo predatore: la mangusta. Sebbene il suo cappuccio fosse uno spettacolo affascinante, anche se macchiato da un color salmone, la mangusta non aveva paura. Mentre il cobra sibilava, la mangusta ringhiava, entrambi fermi in uno stallo con solamente pochi metri di erba tra di loro.

Finalmente il cobra fece la sua mossa: si lanciò contro la mangusta, mirando al collo.

Sarebbe stato il colpo perfetto, ma, poco prima di raggiungere la mangusta, un campo di forza invisibile lo spinse indietro. Un profondo bonk riecheggiò intorno alla zona dove aveva sbattuto la testa.

La mangusta colse l’occasione e tirò fuori artigli e denti, mirando al collo del cobra. Tuttavia, il campo di forza spinse indietro anche lei. Questa volta, il rumore dei graffi riecheggiò mentre la mangusta cercava di farsi strada attraverso il campo di forza per raggiungere il cobra.

“Ecco a voi,” esclamò la guida turistica, in piedi davanti ai recinti giganti, “il cobra e la mangusta… due nemici mortali. Adesso, chi può dirmi chi di questi due vincerebbe una battaglia nel mondo reale?”

Uno dei bambini fra le prime file del gruppo alzò le mani.

“Sì, giovanotto?”

“La mangusta!” rispose.

“Proprio così”, disse la guida turistica. “Se questo grosso pezzo di vetro non gli fosse d’intralcio, Canasta avrebbe molto probabilmente ucciso il nostro vecchio Cadabra nel giro di dieci secondi. Ora, ovviamente, anche Cadabra può lottare, e potrebbe adirittura vincere, ma io scommetterei sulla mangusta. Adesso ragazzi…” proseguì la guida turistica, girandosi, “potete avvicinarvi a loro se volete, ma assicuratevi di non stare troppo a lungo nello stesso posto. Lasciate che tutti gli altri diano un’occhiata”.

Il gruppo di bambini eccitati corse verso i recinti di vetro e tutti si spinsero contro la gabbia del cobra.

“Guardatelo!” esclamò una delle ragazze, “sembra così sciocco!”

“Sì, non ha nemmeno le mani, né le gambe!”

Cadabra, nel frattempo, riusciva a sentire ogni parola che dicevano. Alzò gli occhi al cielo.

“Ehi serpente, sai che se fossi in natura saresti morto, vero? Non hai nemmeno gli artigli. Possiedi solo quello stupido cappuccio!”

“Infatti,” uno dei suoi amici annuì, “che razza di cobra ha un cappuccio rosa, comunque?”

Cadabra sospirò. “Mi entra da un orecchio, mi esce dall’altro”, mormorò tra sé e sé.

“Va bene ragazzi, direi che è ora di muoversi. Chi vuole andare a vedere le tigri?” chiese la guida turistica.

Il gruppo di bambini esultò e iniziò a correre davanti alla guida, che li accompagnò alla loro tappa successiva. In pochi secondi erano già fuori vista, eppure Canasta stava ancora graffiando il vetro.

“Ok, Canasta,” disse Cadabra, “ora se ne sono andati, puoi smettere di recitare.”

“Oh, ma mi stavo divertendo!” esclamò la mangusta, anche se si allontanò dal vetro. “Non ti piace ricevere nuovi ospiti ogni giorno? ppure tutti amano guardarmi mentre ti sbrano.”

Cadabra si voltò e strisciò via dal vetro, disgustato. “Nei tuoi ssogni” mormorò.

“Che succede, Cadabra?” chiese Canasta, sorridendo. “Non ti piace solo perché tutti sanno che sono un combattente migliore di te?” scherzò.

“Non proprio”, rispose Cadabra, arrotolandosi su sé stesso e mettendosi accanto a un piccolo stagno nel suo recinto.

“Beh, dai, puoi dirmelo!” disse Canasta. “Dopotutto, sono il tuo migliore amico nello zoo!”

Cadabra alzò gli occhi al cielo. “Sei l’unico con cui abbia mai parlato. L’unico con cui posso parlare.”

“Esattamente! Allora, cosa c’è che non va?”

“Credo che ssia ssciocco il fatto che ssiamo confinati a questi sstessi vecchi possti, a quessta sstessa vecchia routine quotidiana”, rispose Cadabra. “Sseriamente, Canassta, non penssi mai che ci ssia qualcosa di più per noi là fuori, nella natura?”

“Non credo”, rispose Canasta onestamente. “Questa è Animalandia, Cadabra, non l’Asia. Ci sono cose molto più pericolose là fuori che non siamo in grado di affrontare.”

Cadabra non stava prestando molta attenzione a Canasta. Stava ancora cercando di avvolgersi per bene a spirale per poter fare un bel pisolino pomeridiano.

“Sse lo dici tu,” sibilò il cobra, “non vedo cosa possa esserci di tanto pericolosso nella natura sselvaggia.”

 

CAPITOLO 2

 Vita nella Riserva

 

Il topo marrone stava correndo attraverso le paludi il più velocemente possibile con le sue quattro zampe. Era inseguito da un grasso serpente nero di nome Ronny. Il topo aveva inizialmente scambiato Ronny per una lumaca gigante, il che aveva permesso a Ronny di avvicinarsi a lui. Ora, però, era fin troppo evidente che il topo si fosse sbagliato.

Fortunatamente per il topo, Ronny non era il più veloce dei serpenti. A causa delle sue dimensioni, gli era più facile spingersi lungo il terreno inarcando e poi appiattendo la schiena, piuttosto che strisciando lungo il terreno come un serpente normale. Di conseguenza, con ogni scatto a sinistra e a destra, girandosi e saltando, il topo guadagnava sempre più terreno rispetto al serpente nero dietro di lui.

Ronny stava iniziando ad ansimare, ed era quasi pronto ad arrendersi. Tuttavia, il topo aveva appena commesso un terribile errore: aveva girato a destra verso l’argine del fiume, e adesso si trovava in trappola tra l’acqua e il serpente.

Gli occhi di Ronny si spalancarono e iniziò a spingersi avanti con rinnovato senso di incoraggiamento e motivazione: quel topo sarebbe stato sicuramente suo!

Ma proprio mentre Ronny si era avvicinato e aveva intrappolato il topo sul bordo dell’acqua, un alligatore gigante uscì dal fiume e cercò di morderli entrambi.

Ronny si tirò indietro e il topo vide l’opportunità di scappare. Corse via dal serpente e cercò un posto per nascondersi.

Ronny si diede all’inseguimento, così come l’alligatore dietro di loro.

Alla fine, il topo trovò presto un piccolo buco nel terreno. Ci saltò dentro e si accucciò contro la parete più lontana, tremando dalla paura. Il buco era profondo solo un metro e mezzo. Pregò che questo bastasse a proteggerlo dall’alligatore.

Ronny cercò di seguirlo nella buca, ma era così largo che rimase incastrato. La sua testa era entrata all’interno del buco e lui e il topo potevano guardarsi, ma la maggior parte del corpo del serpente era ancora esposto alla luce del giorno e all’alligatore.

Ronny cercò di liberarsi dimenandosi, ma non servì a nulla.

“Aiuto!” Ronny esclamò. “Ssono bloccato!”

Il topo marrone sbatté le palpebre, non sapendo bene cosa pensare, finché finalmente non tornò in sé. Poi reagì buttandosi all’indietro e, scoppiando a ridere, indicò il serpente nero incastrato sopra di lui.

“No, sul sserio, amico! Non ti mangio mica! Aiutami!”

Il topo non riusciva a controllarsi. Stava battendo i pugni per terra, fuori di sé dalle risate.

Alla fine, Ronny sentì qualcosa che gli strattonava la coda.

“Oh no!” esclamò. “Ecco è la fine…”

Il topo si alzò e cominciò a usare una foglia che aveva trovato come se fosse un fazzoletto, salutando Ronny mentre il serpente veniva tirato fuori alla mortale luce del giorno.

Alla fine, Ronny si trovò fuori dal buco e completamente esposto alla luce del giorno. Chiuse gli occhi, non volendo vedere cosa sarebbe successo.

“Apri gli occhi!” esclamò una voce da vicino.

Ronny lo fece. Con suo grande stupore, scoprì che non era stato l’alligatore a tirarlo fuori dal buco, ma una serpe del grano di colore arancione e rosso.

“Forza, andiamocene da qui!”

Ronny si voltò e vide che l’alligatore era ancora nel fiume, proprio accanto a lui e alla serpe di grano. Ronny sussultò e cominciò a strisciare via, proprio quando l’alligatore chiuse le fauci nel punto in cui poco prima c’era stato Ronny.

L’alligatore ringhiò quando vide i due serpenti scappare, sapendo che si era appena perso un buon pasto. Tristemente si nascose di nuovo nell’acqua. Ci avrebbe riprovato un altro giorno.

Ansimando per la stanchezza e lo spavento, Ronny e la serpe del grano strisciarono al sicuro all’ombra di un albero.

“Mi hai ssalvato!” esclamò Ronny. “Grazie.”

La serpe del grano scosse la testa. “Ma figurati”, disse. “Non preoccuparti. Il mio nome è Spiga, comunque.”

“Io mi chiamo Ronny”, rispose il serpente nero. “Sseriamente però, ci deve essere un modo in cui posso ripagarti.”

La serpe del grano continuò a scuotere la testa. “Non c’è”, rispose. “Non mi metto in ssituazioni del genere. Comunque, cosa sstavi facendo, bloccato in un buco?”

“Stavo inseguendo un topo”, rispose Ronny. “È sceso in un buco, pensavo di poterlo seguire.”

“Un’idea un po’ sstupida, secondo me”, rispose Spiga. “Sstai più attento la prossima volta, va bene?”

Spiga cominciò a strisciare via, il che sorprese un po’ Ronny. Questo serpente gli aveva appena salvato la vita! Non poteva lasciarlo andare così facilmente.

“Sseriamente, Spiga, dovrei ripagarti”, continuò Ronny, strisciandogli accanto. “Cosa ne pensi se diventiamo amici, eh? Ti guarderò le sspalle, nel caso ti ssucceda qualcosa di brutto.”

“Non sserve”, rispose Spiga. “I sserpenti sono creature ssolitarie. Non ho mai avuto un amico e mai l’avrò, e mi ssta bene così. È il modo in cui la natura ci ha progettato.”

“Che importa della natura, posso stare con te. Ti aiuto a catturare un topo, sse vuoi!”

“Beh, l’ultima volta non ti è andata molto bene, vero?” Spiga replicò, cercando di strisciare via un po’ più velocemente.

Ronny affrettò il passo nel tentativo di stargli dietro.

“Forsse no”, ammise Ronny. “Ehi, forsse potressti insegnarmi a catturare meglio i topi! E io potrei insegnarti cosse come… non so… Ehi, perché vai cossì veloce?”

Spiga si arrese e smise di strisciare. Ronny si fermò accanto a lui e cominciò ad ansimare, cercando di riprendere fiato.

“Cosa potresti inssegnarmi?” chiese Spiga.

“Beh” Ronny cercò di pensare a qualcosa. “Lo sso!” esclamò, alzando la coda. Alzò la testa e si avvolse intorno alla coda, poi si abbassò sotto l’arco che aveva fatto e si tirò su fino a stringersi. “Posso legarmi con un nodo! Questa cossa è utilissima!”

Spiga non sembrava impressionato.

“Riessci anche a sslegarti?” chiese.

“Vediamo un po’…” Ronny rispose, cercando di tirare indietro la testa. “Asspetta un attimo”, disse, cominciando a tirare più forte.

Spiga scosse la testa con incredulità, ma vide la sua opportunità per andarsene. Un serpente legato come un nodo non poteva essere veloce.

“Asspetta, Spiga, dove stai andando? Penssi di potermi aiutare a usscire? Spiga!”

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